A quasi vent’anni di distanza dalla recite alla Fenice di Venezia, cui seguì un’unica ripresa in Giappone nel 2001, Edita Gruberova ripropone la Traviata, in forma di concerto, a Monaco di Baviera e in trasferta al Musikverein di Vienna. Ed è in questa sfavillante cornice, per usare il gergo della cronaca mondana, forse il più adatto a restituire il clima e il significato della serata, che abbiamo udito il sessantaquattrenne soprano di Bratislava nel ruolo dell’infelice cortigiana. Serata di cui si stentano a comprendere le ragioni, anche se qualche supposizione appare lecita e persino doverosa.
Il 2013, anno verdiano, si avvicina e la Gruberova, da sempre oculata amministratrice di se stessa, può essere stata indotta alla riscoperta del titolo da un attento esame del parco soprani attualmente a disposizione di un teatro, che voglia allestire l’opera in questione. Quando cantanti in ascesa o magari in piena carriera, che hanno l’età per essere figlie o nipoti della signora Gruberova, cancellano o infermano con poco o nessun preavviso, è possibile preventivare, ovviamente a parità di cachet, l’utilizzo di una cantante certo usurata, ma tecnicamente scafata e quindi in grado di portare a termine una serata senza eccessivi patemi. Il problema è che il gioco, se può riuscire con certi ruoli (penso a Zerbinetta, che peraltro la Gruberova ha ufficialmente ritirato dal repertorio, oppure a Lucia, o ancora all’Elvira dei Puritani, parti che possono anche essere “suonate”, ossia risolte con il puro suono, e non presentano insormontabili esigenze interpretative), in altri casi risulta molto più complicato e, spesso, decisamente impraticabile.
Violetta, parte creata da Fanny Salvini Donatelli, soprano di coloratura che però cantava fra l’altro anche il Poliuto (a conferma del fatto che il soprano di coloratura dell’epoca era qualcosa di profondamente diverso da quello cui siamo abituati da almeno sessant’anni a questa parte), non solo presenta una scrittura marcatamente centrale, in alcuni punti decisamente bassa (scene di conversazione al primo atto, cui peraltro succedono le repentine incursioni all’acuto della grande aria – la bemolle di “solinga ne’ tumulti” e do ribattuti della cabaletta), ma richiede un fraseggio e un accento di alta scuola, specie per la cantante che non disponga di clamorosa dote vocale (non tutte possono essere Rosa Ponselle o Maria Caniglia!).
Ora, grande fraseggiatrice e grande attrice vocale, almeno nel repertorio italiano, la Gruberova non è mai stata, neppure nei suoi giorni migliori, e non è ragionevole né giusto pretendere che possa divenirlo ora. Purtroppo la signora appare anche priva della prudenza, o della furbizia, di colleghe di pari età e analoga natura vocale, e sceglie quindi di cantare Violetta adottando un fraseggio nelle intenzioni elettrico e nevrotico, nei fatti bamboleggiante e lezioso, perché sempre identico a se stesso, tanto nella scena della festa al primo atto, quanto nel confronto con Germont padre, nell’angoscia della festa di Flora come nell’attesa dell’ora suprema. Ovviamente un simile fraseggio non basta a mascherare, anzi impietosamente sottolinea, i limiti di una voce sempre perfettamente proiettata, udibile anche nei pianissimi generosamente profusi al terzo atto, ma stonacchiante in zona centro-acuta, fissa (aria del terzo atto, sciaguratamente proposta in versione integrale), malferma nei tentativi di suoni tenuti dal mf in su (“Gran Dio! Morir sì giovine”), in debito di ossigeno e quindi incapace di legare nei cantabili (sia al primo che al terzo atto, ma soprattutto nell’”Amami Alfredo”, che il pur generoso e amorevole pubblico viennese fa passare senza un solo applauso). C’è poi da notare che la Gruberova, anche in questo distante, da sempre, dal gusto italiano, sceglie di non adottare neppure una timida variazione al testo nel corso dell’intera serata, diversamente dai soprani di coloratura “a 78 giri”, che anche e soprattutto nelle cadenze e interpolazioni dimostravano tutta la grandezza dell’arte loro e giustificavano il proprio impiego nel ruolo.
Si salvano comunque dal disastro generale il brindisi al primo atto (in cui la voce è ancora sufficientemente fresca e riposata da consentire alla cantante di affrontare in souplesse la blanda scrittura vocalizzata), il largo del finale secondo (dato che la signora ricorda ancora come si faccia a “tirare” un concertato, pur con la sua voce non certo straordinariamente potente) e l’incipit del terzo atto, almeno fino all’arrivo del Dottore. Per il resto, scenda l’oblio e si chieda la signora quanto senso abbia seguitare con questa parte e preventivare, in una simile fase della carriera, nuovi ed onerosi debutti (Straniera a Monaco nel 2012).
I solisti di contorno sembravano scelti per fare da contorno, appunto, alla primadonna e sottolinearne, per contrasto, i meriti residui: un Alfredo (Pavol Breslik) di voce microbica (a meno di non emettere, come al terzo atto, suoni ben distanti dal canto, non solo lirico) e stonacchiante in zona di passaggio (specie nell’aria) e un Germont padre (Paolo Gavanelli) che ricorda i tragici “bassi” di matrice baroccara e canta con voce sì larga, ma emessa tutta sulla “u” e sovente fissa, oltre che simile, nel timbro, a suoni naturali che poco o nulla hanno di umano. Tralasciamo volentieri i comprimari, fra cui spiccano (si fa per dire) la veterana Marie McLaughlin, che passa da Violetta a Flora (era tempo), e il consunto Kurt Rydl, che nei panni del Dottore riesce a pasticciare uno dei suoi cinque interventi solistici.
Le note di merito, infine: per Adam Kim (Barone Douphol, bella voce cui auguriamo di maturare senza bruciarsi in un paio di stagioni, come avviene a tanti giovani promettenti) e soprattutto per il direttore Marco Armiliato. Quelle coinvolte nel progetto (Münchener Opernorchester und –Chor) non sono compagini stabili, ma formazioni create per l’occasione, eppure il risultato è di classe, vuoi per l’alta qualità dei musicisti coinvolti, vuoi per la capacità della bacchetta di costruire un “tutto” armonioso e coerente. Ne risulta una Traviata da manuale: brillante, a tratti sontuosa, magniloquente e sentimentale ma non priva di finezza e con pochi cedimenti a un gusto deteriore (solo l’invettiva del coro dopo la scena della borsa avrebbe potuto essere meno fragorosa e più incisiva). Con quello che sentiamo quasi ogni giorno in teatri, che millantano tradizioni verdiane di prima sfera, e da bacchette per le quali si sprecano i più ingombranti termini di paragone, questa Traviata è stata, almeno dal punto di vista orchestrale e corale, un’autentica boccata d’aria fresca.
Il 2013, anno verdiano, si avvicina e la Gruberova, da sempre oculata amministratrice di se stessa, può essere stata indotta alla riscoperta del titolo da un attento esame del parco soprani attualmente a disposizione di un teatro, che voglia allestire l’opera in questione. Quando cantanti in ascesa o magari in piena carriera, che hanno l’età per essere figlie o nipoti della signora Gruberova, cancellano o infermano con poco o nessun preavviso, è possibile preventivare, ovviamente a parità di cachet, l’utilizzo di una cantante certo usurata, ma tecnicamente scafata e quindi in grado di portare a termine una serata senza eccessivi patemi. Il problema è che il gioco, se può riuscire con certi ruoli (penso a Zerbinetta, che peraltro la Gruberova ha ufficialmente ritirato dal repertorio, oppure a Lucia, o ancora all’Elvira dei Puritani, parti che possono anche essere “suonate”, ossia risolte con il puro suono, e non presentano insormontabili esigenze interpretative), in altri casi risulta molto più complicato e, spesso, decisamente impraticabile.
Violetta, parte creata da Fanny Salvini Donatelli, soprano di coloratura che però cantava fra l’altro anche il Poliuto (a conferma del fatto che il soprano di coloratura dell’epoca era qualcosa di profondamente diverso da quello cui siamo abituati da almeno sessant’anni a questa parte), non solo presenta una scrittura marcatamente centrale, in alcuni punti decisamente bassa (scene di conversazione al primo atto, cui peraltro succedono le repentine incursioni all’acuto della grande aria – la bemolle di “solinga ne’ tumulti” e do ribattuti della cabaletta), ma richiede un fraseggio e un accento di alta scuola, specie per la cantante che non disponga di clamorosa dote vocale (non tutte possono essere Rosa Ponselle o Maria Caniglia!).
Ora, grande fraseggiatrice e grande attrice vocale, almeno nel repertorio italiano, la Gruberova non è mai stata, neppure nei suoi giorni migliori, e non è ragionevole né giusto pretendere che possa divenirlo ora. Purtroppo la signora appare anche priva della prudenza, o della furbizia, di colleghe di pari età e analoga natura vocale, e sceglie quindi di cantare Violetta adottando un fraseggio nelle intenzioni elettrico e nevrotico, nei fatti bamboleggiante e lezioso, perché sempre identico a se stesso, tanto nella scena della festa al primo atto, quanto nel confronto con Germont padre, nell’angoscia della festa di Flora come nell’attesa dell’ora suprema. Ovviamente un simile fraseggio non basta a mascherare, anzi impietosamente sottolinea, i limiti di una voce sempre perfettamente proiettata, udibile anche nei pianissimi generosamente profusi al terzo atto, ma stonacchiante in zona centro-acuta, fissa (aria del terzo atto, sciaguratamente proposta in versione integrale), malferma nei tentativi di suoni tenuti dal mf in su (“Gran Dio! Morir sì giovine”), in debito di ossigeno e quindi incapace di legare nei cantabili (sia al primo che al terzo atto, ma soprattutto nell’”Amami Alfredo”, che il pur generoso e amorevole pubblico viennese fa passare senza un solo applauso). C’è poi da notare che la Gruberova, anche in questo distante, da sempre, dal gusto italiano, sceglie di non adottare neppure una timida variazione al testo nel corso dell’intera serata, diversamente dai soprani di coloratura “a 78 giri”, che anche e soprattutto nelle cadenze e interpolazioni dimostravano tutta la grandezza dell’arte loro e giustificavano il proprio impiego nel ruolo.
Si salvano comunque dal disastro generale il brindisi al primo atto (in cui la voce è ancora sufficientemente fresca e riposata da consentire alla cantante di affrontare in souplesse la blanda scrittura vocalizzata), il largo del finale secondo (dato che la signora ricorda ancora come si faccia a “tirare” un concertato, pur con la sua voce non certo straordinariamente potente) e l’incipit del terzo atto, almeno fino all’arrivo del Dottore. Per il resto, scenda l’oblio e si chieda la signora quanto senso abbia seguitare con questa parte e preventivare, in una simile fase della carriera, nuovi ed onerosi debutti (Straniera a Monaco nel 2012).
I solisti di contorno sembravano scelti per fare da contorno, appunto, alla primadonna e sottolinearne, per contrasto, i meriti residui: un Alfredo (Pavol Breslik) di voce microbica (a meno di non emettere, come al terzo atto, suoni ben distanti dal canto, non solo lirico) e stonacchiante in zona di passaggio (specie nell’aria) e un Germont padre (Paolo Gavanelli) che ricorda i tragici “bassi” di matrice baroccara e canta con voce sì larga, ma emessa tutta sulla “u” e sovente fissa, oltre che simile, nel timbro, a suoni naturali che poco o nulla hanno di umano. Tralasciamo volentieri i comprimari, fra cui spiccano (si fa per dire) la veterana Marie McLaughlin, che passa da Violetta a Flora (era tempo), e il consunto Kurt Rydl, che nei panni del Dottore riesce a pasticciare uno dei suoi cinque interventi solistici.
Le note di merito, infine: per Adam Kim (Barone Douphol, bella voce cui auguriamo di maturare senza bruciarsi in un paio di stagioni, come avviene a tanti giovani promettenti) e soprattutto per il direttore Marco Armiliato. Quelle coinvolte nel progetto (Münchener Opernorchester und –Chor) non sono compagini stabili, ma formazioni create per l’occasione, eppure il risultato è di classe, vuoi per l’alta qualità dei musicisti coinvolti, vuoi per la capacità della bacchetta di costruire un “tutto” armonioso e coerente. Ne risulta una Traviata da manuale: brillante, a tratti sontuosa, magniloquente e sentimentale ma non priva di finezza e con pochi cedimenti a un gusto deteriore (solo l’invettiva del coro dopo la scena della borsa avrebbe potuto essere meno fragorosa e più incisiva). Con quello che sentiamo quasi ogni giorno in teatri, che millantano tradizioni verdiane di prima sfera, e da bacchette per le quali si sprecano i più ingombranti termini di paragone, questa Traviata è stata, almeno dal punto di vista orchestrale e corale, un’autentica boccata d’aria fresca.
Gli ascolti
Verdi – La traviata
Atto I
Ah, fors’è lui…Sempre libera – Marcella Sembrich (1908)
Atto II
Dite alla giovine – Frieda Hempel & Pasquale Amato (1914), Nellie Melba & John Brownlee (1926)
Per la cronaca: la Gruberová avrebbe dovuto interpretare Violetta Valery alla Staatsoper d'Amburgo in novembre per tre recite in tutto (4, 8, 12 novembre 2010), in un vecchio allestimento di Folke Albenius. Dico: "avrebbe dovuto" perché il suo nome figurava nel cartellone) non so se l'abbia fatto davvero.
Questa "Traviata" faceva parte delle cosiddette "Belcanto-Wochen" (Settimane del Belcanto) dai primi di settembre fino a metà novembre coi seguenti titoli: Lucia di Lammermoor, L'elisir d'amore, La traviata, Il barbiere di Siviglia, Il turco in Italia, La Fille du régiment, Rigoletto.
Al contempo le 3 recite della Gruberová facevano parte di tredici recite sparse nel corso della stagione, due in settembre, ottobre, dicembre e febbraio, tre in novembre, una in aprile e maggio. Per le 13 recite il teatro scritturò 4 direttori d'orchestra (Simone Young, Karen Kamensek, Axel Kober e Luciano di Martino) 5 (!) soprani (Ermonela Jaho, Liana Aleksanyan, Edita Gruberová, Ha Young Lee ed Aleksandra Kurzak) per Violetta, 6 (!!) baritoni (Franco Vassallo, Dalibor Jenis, George Petean, Andrzej Dobber, Artur Rucinski, Roberto de Candia) per Germont padre e ben 7 – sette (!!!) tenori per Germont figlio: Saimir Pirgu, Dovlet Nurgeldiyev, Ramón Vargas, Teodor Ilincai, Pavel Cernoch, Ismael Jordi e Stefan Pop. Soli Ha Young Lee e Dovlet Nurgeldiyev fanno parte dei complessi stabili della Staatsoper d'Amburgo, accanto alla Young, Opernintendantin e Generalmusikdirektorin.
La Gruberová sarebbe dovuta essere affiancata da Vargas e Jenis, colla Young in fossa.
Il tutto fa parte d'una stagione di 32 titoli operistici nella sala principale del teatro, tra cui cinque nuovi allestimenti ("Bliss" dell'australiano Brett Dean, prima esecuzione in Germania, "Götterdämmerung" in conclusione del Ring amburgese, il ciclo intero in primavera, "Faust" di Gounod (il repertorio francese fu dichiarato una delle sue priorità dalla Young quando divenne Generalmusikdirektorin, "La Cenerentola" e il "Palestrina" di Pfitzner (la prima produzione della Young in carica fu "Mathis der Maler" di Hindemith).
Dovvi i nomi e le ciffre e lascio i commenti a voi.
Grazie delle precisazioni angelodifuoco. Peraltro, leggendo i nomi delle altre quattro Violette, è facile intuire perché la signora Gruberova abbia ripreso il ruolo: se quelle sono le alternative…
Ma alla voce non si puo' ancora fare il lifting. A 64 anni è molto meglio il ritiro dalle scene che ovvie figuracce. Ma la Gruberova non ha nemmeno il buon gusto di scegliere repertori "piu' " adatti.
Sí, la Gruberova ha fatto le tre recite ad Hamburg, con enorme successo tra l'altro. Io ero nella salla del Musikverein il 21 e posso dire che per quanto la prova della Gruberova l'autore della recensione pubblicata qui sopra avrá presenziato un altro concerto con un altro soprano… La Gruberova infatti é stata superba ed avuto un successo trionfale di altri tempi che ormai per qualsiasi altro o altra cantante sarebbe impensabile.
Per fortuna di questo e altri concerti esiste l'audio. Altro non dico se non che il commento di zitto è la risposta più eloquente a chi, retoricamente o meno, si chiede perché la Gruberova non si ritiri.
Sí, grazie a Dio, esistono le registrazioni di queste meraviglie vocali ed interpretative. Ma ne esistono anche tantissime recensioni che hanno un'opinione diametralmente opposta a quella di questo sito. Quale ha maggior credibilitá? Lo decideranno gli ascoltatori ed i lettori – ma in nessun modo i redattori! Il pubblico in ebbrezza, tutti i critici austriaci che hanno sentito diversamente la Gruberova sono sordi o fessi, certo… Tamburini é l'unico a dire il verdetto che la Gruberova deve ritirarsi, é ovvio. Come gli potrá dolere che con la sua opinione é in assoluta minoranza, e gli altri al massimo ne fanno una grande risata.
dai zitto, la signora gruberova e' una grande cantante ma oramai obsoleta. stonatissima da anni….sempre più stonata
Suvvia, zitto, onora la locuzione nomen omen…
@Donzelli: oltre ad essere stonata, la Gruberova ha un gusto che, a dir poco, è assai discutibile.
GbM
caro zitto, "meraviglie vocali e interpretative" le sento da Claudia Muzio o Magda Olivero o ancora Antonietta Stella, in Violetta, prima che dalla Gruberova. Che resta una signora cantante, beninteso nel suo repertorio. Non mi duole essere in minoranza (anche se non credo di esserlo, nel caso specifico), mi duole che si voglia, in nome dell'affetto e della memoria di una grande cantante, far passare per colmo di perfezione una prova che è tutt'altro che perfetta, anzi per molti aspetti meno che decente. Comunque, ribadisco, i nastri lì stanno e lì rimangono, per chi li voglia ascoltare.
Interpretativamente la Gruberova non è mai stata il massimo. Le REGINE di Donizetti sono alquanto brutte.
Ottima cantante,ha dato cose belle quali ad esempio la Regina della Notte e non solo . Ma ora… a 64 anni….Alla Scala l'ultimo concerto era decisamente scadente per motivi di età. Ogni frutto ha la sua stagione. E questo vale anche per il canto. Si puo' accettare una sua Violetta nel rispetto del passato e gli applausi ad omaggio della carriera.
Ma niente di piu'.
Spinto dalla recensione di Antonio, mi sono riascoltato una Traviata della Gruberova risalente al 1991… L'ascolto conferma, secondo me, le impressioni di Tamburini. E rinnova tutti i miei dubbi sulla cantante. Grandissima cantante, senza dubbio, ma nel suo repertorio d'elezione (come tutte del resto: NON esistono soprani "assoluti", come taluno sostiene, o "buoni per tutte le stagioni"). Che è Strauss, Mozart (in particolare quello tedesco), Haydn e il grande repertorio sacro e concertistico. Grandissima Zerbinetta e celebre Regina della Notte (spettacolare, certo, ma troppo sfarfallante e puntuta, rispetto alla superba Deutekom..), grande interprete delle più spericolate arie da concerto (anche se la Dessay resta imbattuta e sicuro sul podio delle esecuzioni di "Popoli di Tessaglia": imbattibile ieri oggi e domani). Molto più discutibile nel repertorio italiano: meglio in Bellini (più astratto) rispetto a Donizetti. Pessima, semplicemente inaccettabile la sua Rosina…ancora l'obbrobrio della versione per soprano (orrore che fa a pugni con l'estetica rossiniana), ancora lo schifo di quelle variazioni liberty e picchettate (che ci ha inflitto pure la Sills, altra pessima Rosina). E poi Traviata: da evitare, oggi come allora. Può reggere in qualche sfogo di coloratura, ma Verdi non è Bellini o Donizetti..ha bisogno di un corpo differente e soprattutto di una vera interpretazione, non bastano le note (e qui la Gruberova manco le ha tutte). Se la cava nel primo atto e nella cabaletta (come tutte), ma naufraga nel resto: ridicolo l'"amami Alfredo". In generale, comunque, è una cantante che sto tendendo a ridimensionare…più la ascolto e meno mi piace. Che poi venga applaudita, beh, è pure giusto: onore a una grande carriera…vale però, sempre, il rischio di estendere così a lungo la decadenza da far perdere i ricordi degli anni migliori… Domingo ci è quasi riuscito, ora tocca alla Gruberova?
Ps: devo dire che le mie Violette preferite restano la Callas e, soprattutto, la Scotto. La Sutherland poteva risparmiars(c)ela: nessun personaggio emerge dalla pur splendida (non sempre in questo caso) linea di canto.
Devo informarti di avere udito assoluto su cui base devo inoltre informarti del fatto (per te) triste: non é stonata! Anche a lei, come a quasi tutti i cantanti (comprese, eccome, anche le vostre predilette: la Olivero o la Sutherland) talvolta capitano delle noti non perfettamente intonate, nessuno vuole negarle, ma dire la Gruberova generalmente stonata é un'accusa ingiusta. E se la chiamo cosí sono stato molto gentile e permissivo nei tuoi confronti.
Quelle meraviglie dell'Olivero o della Muzio sono meraviglie PER TE, ed io riconosco il tuo diritto di ritenerle meraviglie, anche se per me non lo sono, nemmeno da lontano. Sono opinioni, nient'altro, e la tua non vale piú di opinioni altrui. E per quanto riguarda la Gruberova ribadisco che con la tua opinione sei in larga minoranza. Se capisci il tedesco, leggi la stampa austriaca dopo La Traviata del 21, se non, non posso aiutarti.
Le parole di Duprez dimostrano l'approccio totalmente sbagliato dei redattori di questo sito. Lui parla come se le sue dichiarazioni fossero il Nuovo Testamento. Non lo sono!!!!!! É un'opinione da ponderare al massimo, niente di piú. Forse molti la condividono ma sono molto in piú coloro che non sono e non saranno mai d'accordo. Insiste che la Dessay rimane imbattibile nell'aria "Popoli di Tessaglia" – PER LUI potrá essere imbattibile, ma PER ME: NO! Per me rimane imbattibile la Gruberova!! Ecco sono due opinioni e basta. Nessuno vale di piú dell'altra. E la grandezza della Gruberova non ha bisogno del vostro riconoscimento! Tra l'altro: prima di dichiarare scadenta il suo ultimo recital alla Scala occorrerebbe forse rileggere la recensione e le constatazioni del vostro proprio sito. Almeno.
zitto, allora ti invito a riascoltare l'aria del terzo atto nel concerto del 21 (visto che di sicuro disponi di tutti i live della signora). Fissa e stonata nella prima e nella seconda strofa. Tralascio volutamente gli acuti e sovracuti, perché non da oggi la Gruberova li prende "storti" per poi girarli – mica sempre! – in un secondo momento. Beh, poi ovviamente saprai da te che l'orecchio assoluto è un'altra cosa, e serve a fare altro, ad esempio a determinare eventuali raggiusti di tonalità… per sentire se una nota è intonata o no basta l'udito e soprattutto la volontà di utilizzarlo.
Quanto al plauso della stampa tedesca, non posso fare a meno di metterlo in relazione con l'entusiasmo del pubblico viennese, che ha sommerso di applausi pure Paolo Gavanelli (da noi l'avrebbero riprovato, con fondata ragione, persino a Rovigo o a Brescia), sicché…
Quanto alle opinioni di Duprez sul recital scaligero Gruberova, che contrastano con la recensione di donna Giulia, dimostrano solo che, a dispetto dei nostri detrattori, non siamo un branco, di lupi o di pecore, bensì un gruppo di persone pensanti e udenti, che valutano in autonomia ciò che sentono e vedono. Capisco che questo possa disturbare chi va a teatro con altro animo e differenti scopi, ma così è.
Caro Zitto: nessuna velleità da Nuovo o Antico Testamento. Sono OVVIAMENTE opinioni…suvvia, non mi pare il caso di dover sottolinearlo ogni volta che si esprime una convinzione (diventerebbe veramente noioso ad ogni frase aggiungere "per me", "secondo me", "a mio gusto"…), confido sufficientemente nell'intelligenza del lettore affinché capisca che si possano "dare per scritte". Ti prego, non impantaniamoci pure qui nella melma del "politicamente corretto"…
Tornando al tema: a te è piaciuta? Nessun problema. Io non ho sentito quest'ultima Traviata, ma dalla recensione di Tamburini ho colto lo stimolo per riascoltare un'altra esecuzione del medesimo titolo da parte della stessa cantante, ma 20 anni fa (quando i problemi di oggi, NATURALISSIMI, ancora non c'erano): ebbene ho riconosciuto – nell'ascolto – le stesse impressioni riportate da Antonio.
Circa le mie impressioni sul recital scaligero: non so dove tu le abbia lette…comunque era un recital, con una certa scelta di brani, non un'opera completa (appartenente, oltretutto, ad un repertorio da sempre alieno alla Gruberova).
E poi non comprendo, Zitto, questo voler far polemica a tutti i costi: io non sono stato né insultante né "attaccabrighe": anzi ho scritto che GIUSTAMENTE la Gruberova si applaude, anche per omaggio alla sua grande carriera.
Infine "Popoli di Tessaglia": per me (lo ribadisco, così da non turbare nessuno), la Dessay è di gran lunga superiore alla Gruberova…le due salite al SOL5 sono più facili e naturali, la nota sopracuta è più "bella" e piena, il recitativo più espressivo (aiutata da una pronuncia decisamente migliore), il centro è più corposo e i bassi non sono afoni, l'andante non è "lacrimevole" e non c'è l'ombra di nessun suono fisso (laddove nella versione della Gruberova se ne ode qualcuno). Ovviamente si tratta di gusti personali (lo ribadisco ancora…): nessun delitto (spero).
caro zitto,
vediamo di chiarirci
a) nella recensione al concerto della gruberova tenuto in Scala due anni or sono mi pare che il corriere mise in rilievo i pregi ed i difetti della cantante
b) se qualcuno vuoi amico da tempo, vuoi "penna" di questo blog la pensa differentemente in meglio o in peggio rispetto assoluto e profondo della sua opinione. Qui non esiste a differenze di altri siti operistici virtuali ortodossia ed eterodossia. Diversità di opinioni, dibattito ed anche una certa coinè di punti di partenza ovvero rispetto della tecnica di canto e della quadratura musicale.
c) quanto alla signora Gruberova non da oggi, ma più oggi che ieri per ovvi motivi anagrafici certi difetti sono evidenti come appunto l'intonazione. non sentire questi difetti sarebbe come per i fans della Callas non sentire gli acuti striduli.
d) se poi dobbiamo scendere nel dettaglio il fraseggio analitico e lo stile italiano (quello che hannopraticato anche moltissime cantanti dell'imperial regio governo come Selma Kurz, Marcella Sembrich) è da sempre estraneo alla diva di Bratislava, incline a mossette e fremiti da soubrette e non da prima donna. Ovvero Zerbinetta non può diventare Norma o Semiramide.
e) credo che questo sia il vero motivo per cui al di là della stima per la tecnica di base esemplare ed unica Edita Gruberova in Italia abbia avuto carriera limitata e stima circostanziata. Il suo impero perchè di autentici impero si tratta sta rigorosamente oltralpe.
Cito zitto:
"Devo informarti di avere udito assoluto su cui base devo inoltre informarti del fatto (per te) triste: non é stonata!
Le parole di Duprez dimostrano l'approccio totalmente sbagliato dei redattori di questo sito. Lui parla come se le sue dichiarazioni fossero il Nuovo Testamento. Non lo sono!!!!!!"
Toh, prima dice di avere l'orecchio assoluto, e poi accusa gli altri di parlare con tono cattedratico…
Buona giornata
Ma chi ha una registrazione della serata? Io vorrei ascoltarla…