Approdata trentenne alla carriera, esplose in una Carmen spoletina e, da lì nel volgere di poche stagioni, fu nei maggiori teatri del mondo: Met, Covent Garden e Scala. I primi ruoli furono quelli tradizionali di mezzo, Azucena, Eboli e Carmen, e pure quelli contralteggianti come Ulrica e Dalila. Vero ed autentico mezzo, però, non lo era. Lo conferma anche la sua celebrata Dalila, debutto scaligero nel 1970, che complice l’avvenenza (era una donna bellissima e spontaneamente elegante) le mise ai piedi il pubblico milanese.
Quindi negli anni Settanta cominciò, seguendo l’esempio dell’altro mezzo “negro” Grace Bumbry, a frequentare il repertorio sopranile. Sopra tutti i ruoli in chiave di soprano la luciferina Lady Macbeth, debuttata in Scala con la guida di Giorgio Strehler, che ne fece un’attrice sobria, misurata ed efficace al tempo stesso. Ma, vero ed autentico soprano neppure lo fu. E se la Lady Macbeth, nonostante qualche asperità in zona acuta, rapidamente accentuatasi, è di quelle che lasciano il segno, gli approdi ad altri ruoli come Amelia del Ballo e, più ancora, Norma furono contrastati. Tanto è che intorno agli anni Ottanta, pur qualificandosi soprano, del soprano cantava i ruoli assolutamente centrali come Ifigenia ed Alcesti e progressivamente ritornò a ruoli di mezzo come Carmen ed anche Azucena. Solo che la voce, quanto a doti naturali, non era illimitata. “Tirata in lungo e in largo”, perché i ruoli di soprano verdiano pretendono non solo estensione, ma pure ampleur, non era più quella di lustri precedenti e talune prestazioni, come la Carmen della stagione 1984-85 in Scala, vennero riprovate dal pubblico. In aggiunta il fascino fisico non era più quello della Dalila, che aveva compensato la voce non proprio di autentico mezzosoprano-coltralto.
La verità è che quella della Verrett era una voce cosiddetta ambigua e le sue parti sarebbero stati tutti i Falcon del grand-opéra e le parti di cosiddetto soprano limitato del melodramma italiano dell’Ottocento (e mi domando se non ci sarebbe stata anche qualche parte Colbran), ma questi titoli non si rappresentavano più o troppo poco per garantire continuità di scritture e, talvolta, le scritture anche per una Diva sono più imposte che volute. Anche se talvolta la Diva ce ne mette del proprio. Ma quando nella corda di mezzosoprano cantano una Cossotto, una Bumbry, una Arkhipova, una Horne e una Berganza, tanto per rimanere alla top ten, la battaglia è continua, dura e costante. E per noi, che eravamo il pubblico di quell’ultima fortunata stagione del buon canto, tale spietata concorrenza costituiva certezza d’autentica qualità vocale ed artistica. Certo è che nelle parti vocalmente a lei più congeniali la Verrett ha lasciato un ricordo indelebile, e preciso, più a chi l’abbia vista che non a chi oggi ne ascolti le registrazioni, perché taluni difetti vocali, come i suoni aperti in basso e gli acuti prevalentemente emessi sulla “e”, e quindi spinti, erano superati dall’interprete.
Elisabetta Tudor, coperta di abbondante biacca, era sì la spietata regina, ma anche femme fatale che instillava nel pubblico il dubbio di una rivalità più amorosa che politica. Ed in questo senso il personaggio meglio realizzato, nell’equilibrio fra canto ed interpretazione, fu Eboli: precisissima nella coloratura del velo, sprezzante perché offesa come donna alla scena del giardino, sufficientemente ampia nel Don fatale. Sempre elegante, sempre dama di rango.
Vorrei precisare che nel ruolo di Lady Macbeth, che accusava durezze e tensioni negli acuti anche al debutto, a differenza di altre storiche protagoniste, che ne avevano fatto un essere asessuato e satanico, Shirley Verrett rimaneva femminilissima anche vocalmente, a conferma del pensiero che le streghe sono femmine.
E femmina, maliarda e strega fu la sua Carmen, sia quella del debutto, sia quella sotto la guida di Solti dieci anni dopo. Nel solco della tradizione, senza le paranoie culturaloidi di cantare la Carmen opéra comique, fu misurata ed estroversa al tempo stesso, anche perché a perfetto agio nella scrittura vocale, che esibiva il meglio della voce.
Grande, come grande fu la concertista, anche se non di quelle iperspecialistiche, assai versatile come lo sono tutti i cantanti americani in concerto. Era, però, capace di presenza vocale ed interpretativa, ma soprattutto dell’endurance dei grandi animali da palcoscenico, che in una serata passano dai fischi al trionfo, come accadde in un concerto scaligero dove la cavatina di Rosina venne fischiata, in lacrime la Diva, issata, poi, sugli scudi dopo un fervente “Pace mio Dio”.
Arrivederci Mrs. Verrett, grazie per la sua grande Arte, che non sappiamo quando ed in chi rincontreremo.
Gli ascolti
Shirley Verrett
Pergolesi
Confusa, smarrita (1980)
Mozart
Exsultate, jubilate
Alleluia (1965)
Rossini – Il barbiere di Siviglia
Atto I
Una voce poco fa (1976)
Rossini – L’Assedio di Corinto
Atto III
Non temer: d’un basso affetto (1975)
Celeste Provvidenza (con Beverly Sills & Harry Theyard – 1975)
Bellini – Norma
Atto I
Casta Diva…Ah! bello a me ritorna (1976)
Sgombra è la sacra selva…Va’ crudele, al dio spietato (con John Alexander – 1976)
Oh, rimembranza! (con Montserrat Caballè – 1976)
Donizetti – Anna Bolena
Atto II
Sul suo capo aggravi un Dio (con Grace Bumbry – 1983)
Donizetti – Maria Stuarda
Atto II
E’ sempre la stessa…Deh l’accogli (con Leyla Gencer, Franco Tagliavini, Giulio Fioravanti, Agostino Ferrin & Mafalda Masini – 1967)
Atto III
Quella vita a me funesta (con Giulio Fioravanti & Franco Tagliavini – 1967)
Meyerbeer – L’Africaine
Atto II
Sur mes genoux (1972)
Saint-Säens – Samson et Dalila
Atto I
Printemps qui commence (1970)
Atto II
Mon coeur s’ouvre à ta voix (con Richard Cassily – 1970)
Bizet – Carmen
Atto I
Près des remparts de Séville (1962)
Atto II
Je vais danser en votre honneur (con George Shirley – 1962)
Puccini – Tosca
Atto II
Vissi d’arte (1978)
Verdi – Macbeth
Atto I
Ambizioso spirto…Vieni, t’affretta…Or tutti sorgete (1975)
Verdi – Don Carlo
Atto I
Nel giardin del bello (1971)
Atto III
O don fatale (1971)
Verdi – Aida
Atto IV
L’aborrita rivale…Già i sacerdoti adunansi…Ohimè, morir mi sento (con Pedro Lavirgen – 1969)
Grazie del ricordo di una persona e cantante che lascierà il 'suo' segno, malgrado le discussioni sulla voce, la tecnica, ecc., ecc.
Ho assistito a diverse sue recite sia da mezzo soprano che da soprano e anche se la preferivo mezzo, la serietà e la professionalità con la quale affrontava qualsiasi cosa, incluso un repertorio di musica sinfonica, era da prendere come esempio di come si può fare 'tutto' in maniera seria.
Da soprano mi ricordo un'Aida meravigliosa e sorprendente con il tenore McCracken, (dove durante la recita arrivò una tormenta di neve "all'americana" che praticamente proibì tutti di poter ritornare a casa con i mezzi pubblici e lei caricò sulla sua limousine, colleghi, inclusi i due comprimari sacerdotaessa e messaggero, e li accompagnò a casa!) , la Lady scaligera, varie Tosca, Norma e persino la Messa da Requiem verdiana, (dove esiste una bellissima storia di una sua sostituzione. Mentre lei doveva cantare la parte del mezzo soprano, si ammalò il collega soprano cinque minuti prima del concerto e riuscirono trovare in teatro solo una sostituta mezzo soprano. Lei si offrì di cambiare tessitura e poi, come se niente fosse, cantò la parte del soprano!).
Da mezzo soprano, ho ascoltato tantissimi suoi personaggi.
Soprattutto mi ricordo un incontro a Milano non tanto tempo fa nel grande atrio della Scala. Fu chiamata dalla Gencer in Accademia per fare delle Master Class e non mi ricordo per quale motivo si trovasse proprio IN teatro, ma fu circondata da tutti i presenti e, commossa, trovò un momento per salutare tutti personalmente.
Una grande Signora.
Non c'è dubbio.
Addio Shirley Verrett.
grandissima shirley verrett! nonostante i difetti che donzelli ha messo in evidenza e scattare ha ricordato, è giusto e importante tenere presente che questa cantante ha praticamente sempre cantato un repertorio che non le confaceva in maniera stretta (donzelli ricorda la sua giusta collocazione come falcon): chissà cosa sarebbe stata in questi ruoli! un appunto: non trovo la verrett valida interprete rossiniana, perché il confronto con la Horne nell'assedio rimane impietoso, ma è un'impressione personale!