Tocca alla Spagna, nella veste di uno dei suoi più rappresentativi e gloriosi teatri: il Gran Teatre del Liceu di Barcellona.
Colpiscono le scelte eterogenee del repertorio, gli accostamenti di stili e di epoche, la possibilità di conoscere nuovi compositori, la ricchezza dei recital e dei concerti e le numerose iniziative culturali volte a coinvolgere e accontentare tutte le fasce di età del pubblico.
Colpisce anche la massiccia presenza di autentici veterani dell’opera, alcuni impiegati in ruoli principali, altri in parti di fianco o semplici camei.
Colpisce la voglia di stupire a tutti i costi attraverso il “Regietheater”, oscillando pericolosamente tra scandalo e vera vita teatrale, contrasto questo che desta più di un sospetto pubblicitario, ma che è comunque amministrato con abilità grazie ad un intelligente gioco di coproduzioni, che noi italiani dovremmo studiare e imparare.
Certo, molti sono titoli risaputi, già apparsi nel recente passato del Liceu: eppure il numero di recite complessive e l’ampio ventaglio dei cast schierati (nomi non sempre all’altezza, sia chiaro) permettono al Teatro di rimanere aperto per buona parte dell’anno e di “vivere” assieme al suo pubblico come dovrebbe sempre essere.
Il Liceu ha scelto di allestire per l’avvio della propria stagione l’ “Ifigenia in Tauride” di Gluck, ma nella seconda versione viennese in tedesco del 1781 in un allestimento curato dalla compianta Pina Bausch e Jürgen Dreier già visto a Wuppertal ed al Sadler’s Wells Theatre di Londra e risalente al 1974. Si tratta di uno spettacolo che fonde Opera e Danza e che vede nei solisti la presenza di cantanti cantanti come i soprani tuttofare Elisabete Matos e Danielle Halbwachs, i tenore in ascesa Nikolai Andrei Schukoff e Norbert Ernst. Dirige il Maestro Jan Michael Horstmann, direttore generale del Mittelsächsisches Theater di Friburgo e molto attivo nei teatri di aria tedesca.
Ma la vera inaugurazione operistica spetta all’attesissima “Carmen”, non tanto per i cast schierati, quanto per la regia affidata al “trasgressivo” Calixto Bieito; e scandalo sarà senza alcun dubbio! Banale, risaputo, di maniera, tradizionalissimo scandalo annunciato. Una coproduzione, che se saremo “fortunati”, potremo ammirare anche noi scandalizzati (o meglio, annoiati) anche in Italia presso il Teatro Regio di Torino ed il Teatro Massimo di Palermo, coproduzione in occasione della quale Bieito ha rielaborato un precedente e premiato spettacolo montato nel 1999 per il Festival de Peralada e per il Teatro Auditorio San Lorenzo del Escorial. In molte interviste il regista si è rimproverato per non aver avuto il coraggio, nel ‘99, di andare fino in fondo con le proprie idee, poiché allora non padroneggiava con la stessa disinvoltura di oggi il linguaggio dell’opera: povero Calixto! Speriamo di tutto cuore che a Barcellona riesca a dare sfogo al suo estro: già a Peralada Bieito insisteva sull’uso smodato di violenza, alcool, sesso e sangue, temi cardini della sua “poetica”, entro i limiti di una scena vuota ambientata in Marocco in cui campeggiavano cabine telefoniche, basi militari e la sagoma del toro ideata da Osborne… il solito minestrone, insomma, che vorrebbe essere scandaloso e che nella nostra contemporaneità non è altro che tradizione già ammuffita. Con queste premesse ovvio che i cantanti passino assolutamente in secondo piano: per Carmen, alla discreta vocalità di Beatrice Uria-Monzon, si alterneranno Jossie Perez, la nostra Anna Caterina Antonacci, reduce da lusinghieri successi nello stesso titolo, e Maria José Montiel; gli amabili resti di Roberto Alagna e Neil Schicoff, affiancati dalle voci più “giovani” di Brandon Jovanovich, Fabio Armiliato e German Villars, presteranno il loro canto a Don Josè; se inspiegabile risulta l’ascesa e la scelta di un soprano come Marina Poplavskaya, che sarà presente su prestigiose ribalte, ancora meno interessanti risultano le presenze di Barbara Haveman, della prezzemolina Maria Bayo, altra cantante che pellegrina da un repertorio all’altro senza darsi pace, di Ainhoa Arteta e Ainhoa Garmendia per l’incarnazione di Micaela; Escamillo avrà le voci ed i corpi di Erwin Schrott, sperando che non scambi il Toreador con il Fonzie di “Happy Days”, di Jean-François Lapointe, dello sgraziato Kyle Ketelsen, e di Angel Odena. La bacchetta sarà quella di Marc Piollet, Generalmusikdirektor del Teatro di Wiesbaden, il quale in anni recenti è riuscito a portare la sua orchestra a livelli di eccellenza in un repertorio che va da Mozart fino al ‘900 passando per il romanticismo tedesco.
Si prosegue in ottobre con “Pierino e il lupo” di Prokofiev e con due recital: uno di Violeta Urmana, impegnata in brani di Duparc, Mahler, Strauss e accompagnata al piano da Jan Philipp Schulze, e l’altro di Jonas Kaufmann in un programma che associa Richard Strauss e Franz Schubert, mentre al piano Helmut Deutsch presterà il suo sostegno musicale.
A novembre altra opera e altro scandalo!
Per la “Lulu” di Berg, il Liceu ci informa che “La tematica dell’opera e la drammaturgia di Olivier Py (il regista) potrebbero offendere la sensibilità di alcuni spettatori”.
Ringraziamo il Teatro. In Italia si sarebbero già mossi Moige, Codacons, schiere di prelati e varie associazioni in difesa dei diritti. In effetti la produzione già vista al Grand Théâtre de Geneve ha destato scalpore e ovvio scandalo per i suoi contenuti espliciti e le sue provocazioni, arrivando addirittura a far parlare pubblico e critica di pornografia.
Py non è nuovo a questi “mélange” tra mondo dell’hard e l’opera, si sa, il confine tra melodramma e porno in questi anni è andato assottigliandosi: basterebbe dare un’occhiata ai suoi “Contes d’Hoffmann”, alla “Damnation de Faust” o al suo “Tannhäuser” ricchi com’erano di nudi e coiti più o meno consumati al proscenio.
Il cast è vocalmente perfetto per una tal regia, schiera un sopranino, ormai assoluto, come Patricia Petibon, che dopo i trascorsi baroccari e mozartiani è decisa a contaminare con la sua stramba vocalità anche Lulu; intorno a lei il buon Michael Volle, i consunti veterani Franz Grundheber e Julia Juon, ed il tenore Poul Groves.
Dirige Michael Boder, in passato assistente di Riccardo Muti e Zubin Mehta, e molto legato alla musica del ‘900, e abile narratore del repertorio tedesco di Strauss, Schoenberg e Berg e dei compositori contemporanei.
Nello stesso mese parte l’encomiabile e divertente iniziativa che il Liceu ha adottato per far avvicinare i bambini, i giovani e le famiglie al mondo del melodramma, attraverso una serie di adattamenti e riletture di opere di chiara fama come “Il barbiere di Siviglia”, “Cenerentola”, “Flauto magico”, “Così FUN tutte”, “El retablo de Maese Pedro”, affidate a compagnie teatrali di nuova generazione come la “Tricicle”, la “Compañía Etcétera” o quella di Joan Font.
Per il ciclo “Òpera al Foyer”, spazio alle nuove composizioni con l’opera in un atto “Into the Little Hill” del compositore britannico, allievo di Messiaen, George Benjamin, andata in scena la prima volta nel 2006 all’Opéra Bastille. Dirige Franck Ollu mentre agiranno sulla scena Susan Bickley e Claire Booth.
Il “Falstaff” previsto per dicembre vedrà sul podio Fabio Luisi, già direttore a Dresda e a Monaco del medesimo titolo, mentre Peter Stein si occuperà dell’ironico ed elegante allestimento coprodotto con la Welsh National Opera e l’Opéra National di Liegi, che ha già collezionato recensioni lusinghiere. Il cast riunito sarebbe stato soddisfacente, forse, cinque o dieci anni fa; ma oggi di fronte alle non esaltanti e recentissime prove dei singoli, come accogliere, se non con apprensione, Ambrogio Maestri, Fiorenza Cedolins, Ludovic Tézier, Mariola Cantarero ed Elisabetta Fiorillo? Una curiosità: il dottor Cajus sarà interpretato dall’inossidabile Raúl Giménez, già presente nelle recite parigine dirette da Gatti.
Sarà, però il mese di gennaio a offrirci una succosa leccornia, che a noi del blog desta moltissimo interesse: il 2011 si aprirà, dunque, con il sublime Donizetti di “Anna Bolena”, una nuova produzione a cura di Rafel Duran, regista teatrale figlio dell’Istituto del Teatro di Barcellona, attivissimo nel teatro sperimentale contemporaneo. Rinunciataria la vigile bacchetta di Stefan Anton Reck, concertatore di fiducia della primadonna Edita Gruberova da lui diretta, negli ultimi anni, in “Norma”, “Lucia di Lammermoor” e “Lucrezia Borgia”, prende il suo posto il meno interessante Andriy Yurkevych, che in Italia (non) si è fatto notare nella “Maria Stuarda” napoletana e nel “Falstaff” romano. La ghiottoneria inoltre darà la possibilità al pubblico di assistere allo scontro diretto tra le due ultime autentiche grandi Regine del “Belcanto”! I due cast schierano, infatti, nel ruolo del titolo, Edita Gruberova e Mariella Devia! In principio era previsto il debutto nel ruolo di un’altra italiana, ma poco sovrana belcantista, Fiorenza Cedolins il cui Donizetti non è sicuramente il fiore all’occhiello dei suoi ultimi approcci viste le recenti prove in “Maria Stuarda” e, addirittura, “Poliuto”. Chi in questo appassionante regal duello uscirà vincitrice? Speriamo di farvelo sapere! Il resto del cast è meno interessante: alla professionalità tenorile di Josep Bros, sarà affiancata la vocalità più acerba di José Manuel Zapata che ha personalità, supportata, però, da voce non esattamente estesa e controllata; al gelo siderale della “superstar”, solo sulla carta, Elina Garança, si alternerà l’incostanza mezzosopranile di Sonia Ganassi; Carlo Colombara e Simón Orfila interpreteranno Enrico VIII sperando che nel frattempo abbiano risolto le diffuse durezze delle ultime performance; Sonia Prina si prenderà per l’occasione una vacanza dal “Barocco” per interpretare il paggio e musico Smeton: chissà, magari le faranno suonare uno strumento originale del 15f6 per non farle venire troppa nostalgia.
All’ultimo Verdi verrà affiancato, in Febbraio, l’ultimo Wagner: “Parsifal”, in un nuovissimo allestimento in coproduzione con l’Opernhaus di Zurigo, curato da Claus Guth, regista che ha il difetto di ambientare quasi tutte le sue produzioni all’interno di una abitazione su più livelli, accessoriata di un’ampia scalea e di sdoppiare uno o più personaggi rendendo l’azione leggermente faticosa; possiede invece il pregio di saper muovere i cantanti in maniera logica e coerente nonostante una certa freddezza formale. Le nuove speranze del canto tenorile wagneriano Klaus Florian Vogt e Simon O’Neill (prossimo Siegmund in Scala) daranno volto al protagonista; Hans-Peter König ed Eric Halfvarson (il “nuovo” ed il “vecchio”) si occuperanno della solennità del vecchio Gurnemanz; i lamenti di Amfortas saranno affidati al veterano Alan Held e a Boaz Daniel che ha recentemente deluso sia come Wolfram a Torino sia nell’ “Ernani” a Chicago; a Daniel, assieme a John Wegner, spetterà l’onere di mutare Amfortas in Klingsor nel cast alternativo, secondo una prassi che si sperava desueta e superata; scellerata invece la scelta delle voci per Kundry: Anja Kampe timbro chiaro, tecnica allo sbaraglio, fraseggio incerto se non isterico e la tagliente e corrosiva Susan Bullock, temperamentosa quanto si vuole, ma già messa alla frusta nell’Elektra fiorentina. Dirige Michael Boder che torna sul podio del Liceu a distanza di pochi mesi dalla “Lulu”.
Dopo un concerto della nuova “starlettina” scovata dalla DG, Measha Brueggergosman, patrocinata da Peter Eötvös, ecco giungere in aprile l’accoppiata verista “Cavalleria rusticana-Pagliacci”. Sicuramente non una rarità, ma che farà parlare di sé più per la regia di Richard Jones che per il lato musicale (direzione di Daniele Callegari) e canoro. Si tratta di un allestimento in coproduzione con l’ENO, più volte ripreso negli ultimi anni, in cui “Cavalleria rusticana” è riletta alla luce di una Italia squallida e claustrofobica anni ’30, mentre “Pagliacci” si gioverà della tradizione fumettistica e comico-televisiva inglese anni ’70, arricchita da citazione tratte dagli spettacoli di Tommy Cooper e di Bernard Manning. Prevedibile il cast: Santuzza sarà interpretata dalla traballante Ildiko Komlosi, dall’affidabile Luciana D’Intino, presente anche in Scala, e dall’abrasiva Paoletta Marrocu; Turiddu da Marcello Giordani, dal declinante José Cura e da José Ferrero; Marco di Felice, già scialbo Foscari a Milano, sarà Alfio coadiuvato nelle recite successive da George Gagnidze, fresco trionfatore al Met grazie alla sua interpretazione di Scarpia in “Tosca”, e da Vittorio Vitelli, cantante già conosciuto a Barcellona, che lo scorso anno ha inaugurato la stagione con una sciagurata produzione di “Trovatore”; Mamma Lucia in questo contesto diventa un omaggio ad una artista stagionata e temperamentosa (ma decisamente stagionata) come Josephine Bartsow.
In “Pagliacci” tornano Giordani e Cura nel ruolo di Canio, mentre in terzo cast è previsto Piero Giuliacci, tonante di voce, ma ruvido nello stile; Angeles Blancas dopo Abigaille, Carlotta Nardi, Elettra, Rachel, Amelia Grimaldi e prima di Aida, ci riprova con Nedda, ruolo forse più nelle corde di un soprano dalla vocalità soave come quella di Inva Mula prevista in secondo cast, mentre terza scelta è rappresentata da Olga Mykytenko, pucciniana di fede, ma che non disdegna il Verdi di “Traviata” e “Masnadieri” o il Donizetti di “Lucia di Lammermoor”; tornano anche Gagnidze e Vitelli per affrontare Prologo e Tonio, preceduti, però, da Carlos Alvarez.
Torna anche Villazón, non si sa in che condizioni visto il suo recente Nemorino ed il sospetto di prevedibile forfait dietro l’angolo… ancora bisogna vedere se arriva in Scala! Ad accompagnarlo Michael Hofstetter, direttore di strenua ed indefessa fede “baroccara”, colpevole dell’orrido verdicidio pseudo filologico compiuto sul “Trovatore” a Ludwigsburg con la complicità di Simone Kermes.
Altri scandali a maggio con l’inoffensivo – in apparenza – Singspiel di Weber “Der Freischütz”, che nelle mani di un regista come Peter Konwitschny si trasformerà in un giocattolo cervellotico e demistificato nel suo allestimento già varato all’ Hamburgische Staatsoper. Buona la scelta dei due protagonisti, Peter Seiffert, Petra Maria Schnitzer, e dell’Eremita in cui potrà emergere il carisma e la scura vocalità l’amato Matti Salminen; qualche perplessità la desta il resto della compagnia (Ofèlia Sala, Albert Dohmen, Rolf Haunstein), e tutto il secondo cast (Lance Ryan, Soile Isokoski, Elena de la Merced). Marc Albrecht, esperto conoscitore dell’opera tedesca e non solo, dirigerà il tutto.
La stagione prosegue con un recital del controtenore Andreas Scholl, il quale si produrrà in brani che spazieranno da Purcell a Dowland, da Händel a Campion, fino ad Haydn, accompagnato al piano da Tamar Halperin, e con un concerto di Diana Damrau in un repertorio di coloratura diretta da Josep Pons con l’Orchestra del Gran Teatre del Liceu in formazione da camera.
In giugno sarà la volta di Paul Dukas con la sua “Ariane et Barbe-bleue”, allestimento di Claus Guth (la solita casa) in coproduzione con l’Opernhaus di Zurigo diretto dall’emergente Stéphane Denève, che potremo ascoltare alla Scala nel prossimo “Faust”. Interessante la scelta dei protagonisti: Ariane sarà affidata alle voci opulente, ma graffianti di Eva Maria Westbroek e Jeanne Michèle Charbonnet; Barbe Bleue potrà contare sull’esperienza (anche troppa) di José van Dam.
Con la messa in scena dell’opera in due atti di Charles Agustí “Lord Byron”, in collaborazione con lo Staatstheater di Darmstadt, prosegue il viaggio nei territori dell’opera contemporanea che il Liceu sta affrontando per dare la possibilità al proprio pubblico di scoprire lo stile dei compositori del nuovo millennio, permettendo alla composizione, grazie alle coproduzioni, di poter entrare nei circuiti di altre importanti ribalte al fine di avere maggior fruibilità: qualità permettendo.
Con “Tamerlano” di Haendel e “Daphne” di Strauss in luglio la stagione del Liceu arriva al suo compimento.
Entrambi i titoli saranno rappresentati in forma di concerto e potranno contare su interpreti “specializzati”, cosa non sempre foriera di virtù come vedremo.
William Lacey, direttore che predilige il “Barocco”, ma che non disdegna Mozart, Offenbach e Puccini, proporrà i controtenori Bejun Mehta e Max Emanuel Cencic, già passati al setaccio in questo Blog, nei ruoli di Tamerlano e Andronico; la voce delicata di Sarah Fox darà vita ad Asteria, personaggio che l’ha già vista impegnata su molte ribalte; Anne Sofie von Otter, in piena svolta vocale che l’ha condotta negli ultimi anni ad approfondire e accostare arditamente Haendel, Lully e Wagner, sarà Irene; in più un “giovane” baritenore di belle speranze scelto per Bajazet, che sta bruciando velocemente le tappe affrontando compositori e stili diversi in cui emergono i nomi di Gluck, Haendel, Wagner ed il Verdi maturo: Placido Domingo.
Speriamo non si bruci!
Per valorizzare una musica sfuggente e fragile, come quella concepita da Strauss per “Daphne”, ci vorrebbe una voce meno insipida di quella di Ricarda Merbeth; due tenori ben più robusti e differenziati nel timbro di Burckhard Fritz e Rainer Trost; una voce più fonda e vellutata di quella multiuso di Janina Baechle; un accento più vario rispetto alla monotonia di Robert Holl. Mi auguro solo che il direttore, Pablo González, ami la partitura almeno quanto la apprezzò ai suoi tempi Sawallisch.
Gli ascolti
Gluck – Iphigénie en Tauride
Atto I
O toi qui prolongeas mes jours – Sena Jurinac (1965)
Bizet – Carmen
Atto III
Je dis que rien ne m’épouvante – Rosanna Carteri (1955)
Wagner – Parsifal
Atto II
Amfortas! Die Wunde! – Isidoro de Fagoaga (1930)
Leoncavallo – Pagliacci
Atto I
Recitar!…Vesti la giubba – Miguel Fleta (1927)