Giuseppe Taddei (1916-2010)

L’aggettivo lungo qualifica la vita di Giuseppe Taddei, mancato ieri a Genova alla vigilia del novantaquattresimo compleanno. Lunga, appunto l’esistenza terrena, lunga la carriera, principiata nel 1936 e conclusa oltre cinquat’anni dopo, lunga per non dire lunghissima la teoria dei titoli in repertorio. Con riferimento ai teatri frequentati vale ancora il medesimo aggettivo perchè lunga fu la collaborazione con la Staatsoper di Vienna quanto lunga l’attesa per arrivare al Metropolitan.
Dell’artista, esuberante quanto risultava essere l’uomo dalle interviste radiofoniche, colpisce appunto la varietà di titoli e stili affrontati.

Chi avesse ascoltato Taddei dal vivo nella fase finale della carriera restava colpito dal volume debordante della voce. Agli inizi non doveva essere stato così in quanto i primi e più frequentati titoli di Taddei, dopo un esordio quale Araldo nel Lohengrin (Roma 1936), furono quelli mozartiano e del repertorio buffo o di mezzo carattere di Rossini e Donizetti. Per la verità anche ai primi anni cinquanta Taddei praticava Verdi e il più tipico repertorio del baritono, ma lo praticava frequentemente fuori d’Italia e dai gradi teatri, che gli riservavano d’abitudine, appunto, il repertorio più leggero. Alcuni, poi, non gli riservarono, immotivatamente né l’uno e né l’altro come accadde con la Scala i cui rapporti con Taddei furono occasionali e , credo, bruscamente interrotti. E non gli offrirono neppure tardive riparazioni, perché sia detto claris litteris, per chiamare ad inaugurare la stagione 1980-’81 il vociante Juan Pons nel ruolo eponimo del’ultima opera verdiana tanto valeva offrire una tardiva e postuma riparazione a Taddei, che in quegli anni era il protagonista ufficiale, secondo una discutibile tradizione, inaugurata al Met da Antonio Scotti, che vuole il protagonista di Falstaff baritono parlante e non cantante.
Negli anni d’oro il massimo teatro italiano ed altri con lui preferivano per i grandi ruoli di baritono voci ufficialmente più potenti e si diceva autenticamente verdiane. Qualcuno, ossia il solito Celletti, poi riferito a quelle voci cominciate con Bechi e seguite in Scala con Bastianini e Cappuccilli parlava di scuola del muggito. E su questo altare del gusto non solo Taddei si vide comminare l’ostracismo. Questo non gli impedì una splendida carriera fatta dapprima di Mozart, Donizetti e Figaro del Barbiere ampliata poi ai padri nobili donizettiani quali l’Antonio della Linda di Chamonix, comprensiva di un Sach esemplare per gusto e misura, con vette interpretative quali il protagonista del Belisario, l’ipocrita e subdolo Alfonso XI di Favorita, il Carlo V di Ernani e il protagonista del Boccanegra e di Macbeth, onorato anche di un cameo televisivo con la Gencer in occasione dello sceneggiato dedicato appunto a Verdi. Tutti personaggi che appartengono alla tradizione del cantante nobile di estrazione donizettiana. Applicata a Verdi e per Verdi in intendo Rigoletto, don Carlo della Forza Taddei era portato, forse per il rischio di non essere abbastanza verdiano, ad eccedere soprattutto con acuti un poco forzati e forzature d’accento. E lo stesso accadeva nei personaggi di estrazione verista quali il praticatissimo barone Scarpia di Tosca.
Il problema credo risiedesse nel fatto che in zona acuta la voce di Taddei perdesse, come frequentemente accade a voci di qualità e bel timbro in zona centrale di smalto e della propria naturale bellezza. D’altra parte tutto non si può avere perché negli anni migliori della carriera Taddei alternava ruoli di baritono a ruoli di basso quale il Leporello di don Giovanni. Qualità questa che nella fase terminale della carriera gli consentì di passare in molti titoli da un ruolo all’altro sicchè Malatesta divenne don Pasquale, Belcore il dottor Dulcamara e Figaro don Bartolo.E, forse con maggior successo, per certo con ufficiale ed univoco riconoscimento.

Gli ascolti

Giuseppe Taddei

Verdi – Ernani

Atto III

O sommo Carlo (con Caterina Mancini, Gino Penno & Giacomo Vaghi – 1950)

Cilea – Adriana Lecouvreur

Atto I

Ecco il monologo (1951)

Puccini – Tosca

Atto II

Ed ora fra noi parliam da buoni amici (con Antonietta Stella & Gianni Poggi – 1957)

Verdi – Macbeth

Atto I

Sappia la sposa mia…Fatal mia donna, un murmure (con Leyla Gencer – 1960)

Mozart – Le nozze di Figaro

Atto I

Non più andrai farfallone amoroso (1961)

Verdi – Simon Boccanegra

Atto I

Plebe, patrizi, popolo (con Antonietta Stella, Giorgio Tozzi, Gianfranco Cecchele & Renato Cesari – 1966)
Donizetti – L’elisir d’amore

Atto II

Quanto amore (con Margherita Rinaldi – 1969)

Donizetti – Belisario

Atto I

Sostegni del mio trono…Da chi son tradito…Sognai fra genti…Pera l’empio (con Leyla Gencer, Umberto Grilli, Mirna Pecile, Nicola Zaccaria & Bruno Sebastian – 1969)

Wagner – Der fliegende Hollaender

Atto I

Eccomi qua, passati di nuovo son sette anni…Oh, quante volte bramato (1970)

Leoncavallo – I pagliacci

Prologo

Si può? (1973)

7 pensieri su “Giuseppe Taddei (1916-2010)

  1. Lo trovo sensazionale nel meraviglioso Elisir di Firenze diretto da Gavazzeni e mi piace molto anche il suo Ernani, in generale un baritono coi fiocchi. Seguo il Donzelli quando mette in luce la scelta Pons in falstaff ovviamente non lo seguo più quando pare ridimensionare cappuccilli di cui in questi giorni sto vedendo i DVD di alcuni suoi memorabili ruoli scaligeri e dopo avere visto Otello 1976 e Macbeth 1975 dico che il Piero fu non un grande bensì un grandissimo…cmq straonore a Taddei avercene oggi

  2. Caro Stecca, come ho già detto Cappuccilli è un importante baritono e Otello, Macbeth e Simone sono perle nella sua carriera. Meno importante è nel bel canto tipo Puritani. Per anni era un baritono a gettone. In Emilia, ricordo, cantava Rigoletto il pomeriggio e un'altra opera la sera.
    Credo che Taddei sia stato qualcosa di piu' anche se non ha partecipato a produzioni del livello di quelle citate, alla Scala.
    Cantava di tutto e bene.
    Da Verdi a Mozart.
    In ogni modo viva i Cappuccilli viva i Taddei e quanti sanno cosa sia il canto lirico e la tecnica di canto.
    Oggi cosa assolutamente rara.

  3. Ascoltavo alcuni dei brani proposti, quelli tratti da Belisario e da Elisir. Nel Belisario si nota un'eloquenza ed un'eleganza nel porgere la parola cantata che oggi paiono del tutto dimenticati, senza effettacci, senza sbracature (salvo poche concessioni, del tutto comprensibili considerata l'epoca e l'origine dell'incisione, ossia la recita teatrale, viva e vissuta): una linea di canto nobile e scolpita, che fa capire perfettamente come il baritono aristocratico verdiano discenda direttamente dal Donizetti serio. Nell'Elisir si nota un gusto elegante, mai volgare, mai caricato, in un ruolo che subisce ancora oggi maltrattamenti di ogni tipo: veri e propri delitti di chi pretende di aggiungere spezie (spesso di cattiva qualità) alla già perfetta ricetta donizettiana. Taddei è la prova di un gusto e di un linguaggio che è andato perdendosi (non del tutto per fortuna), senza indulgere nell'effettismo, senza rinunciare all'eleganza, tenendosi ben lontano dalla "scuola del muggito". La sua assenza da importanti produzioni è ulteriore prova dell'imbecillità di certe sovrintendenze (male antico, e difficile ad estirparsi): la Scala come sempre si distingue (dallo schizzinoso e ostinato ostracismo verso Bonynge – che significò la rinuncia alla Sutherland – alla brusca interruzione dei rapporti con Karajan, dalla vicenda Taddei fino allo squallido comportamento tenuto dalla dirigenza di allora in occasione dei funerali della Tebaldi, a cui venne proibito il foyer, mascherandosi dietro ragioni di grigia burocrazia, per cui solo al sovrintendente sarebbe toccata di diritto la camera ardente allestita in teatro). Di Taddei mi piace anche ricordare il suo Pizzarro del Fidelio con Gui, e il suo Sachs nei Maestri Cantori (forse il più "umano" e vero di tutta la discografia).

  4. E un'altro grande se ne va…
    La Scala, di recente, si è comportata male per tutti i grandi cantanti passati a miglior vita che hanno contibuito a tenere grande il nome del Teatro alla Scala.
    Se non li portano il rispetto dovuto in morte, figurati, in vita (pensando agli ostracismi vari, la morte della Tebaldi, ecc., ecc)! E' inutile. Meritano il loro presente.
    Grazie a voi per questi ricordi nostalgici…

  5. dico la mia!
    la scala è matrigna! non solo la camera ardente negata alla signorina Renata, ma un ricordo negato a ghiaurov e cappuccilli, che a me proprio non piacciono e mai piaceranno, ma che hanno sostenuto tante stagioni, che un loro assenza sarebbero state assai peggio.
    Ma per avere diritto alla camera ardente si deve impugnare una bacchetta ha stabilito la burocrazia!
    Ma per avere una serata di ricordo non basta compiere cento anni in buona forma ed essere considerata da dive più diva di loro!
    Pazienza
    Quanto a Cappuccilli nell'Otello e nel Macbeth mi taccio e non perchè lo apprezzi, l'esatto contrario, ma solo per offrire a qualcuno l'occasione del tacere e del silenzio che , spesso è d'oro

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