Dunque, va subito all’occhio la rigogliosa offerta operistica della capitale francese, forse senza eguali in Europa, per la presenza di tre teatri “dedicati” – Opéra Garnier/Opéra Bastille, il Théâtre des Champs-Elysées e l’Opéra-Comique – e un quarto – Théâtre du Châtelet – di vari(opint)a miscellanea che arrivano a definire un cartellone d’insieme davvero di notevole portata. Almeno per quanto riguarda i numeri…
Tra gli allestimenti dello Champs-Elysées, sempre attento al repertorio barocc(ar)o, compaiono l’Orlando furioso di Vivaldi e l’Orlando di Haendel, che vedono nel primo la presenza del divo falsettista Philippe Jaroussky nel ruolo di Ruggiero e nel secondo la veterana haendeliana, per quanto giovane, Sonia Prina, già rodato Orlando, title role che interpreterà pochi giorni dopo anche a Lille e a Dijon.
Farà seguito un involontario omaggio alla sottoscritta e alla mia cara suora Barbara, la splendida Petite messe solennelle che Rossini ci dedicò nel lontano 1863. Purtroppo di petite ci sarà anche la voce di una tra le più operose dive (di Facebook), Desirée Rancatore. Sarebbe curioso verificare in che modo il soprano cercherà di districarsi col canto semi-sillabico che la parte prevede, per altro tutta di tessitura centrale e spianata. Mi perdoneranno poi i “facefan”, ma l’eleganza e la presenza scenica della signora stanno a una messa solenne come la Marini a una prima ambrosiana. Taccio invece su gli altri tre cantanti: Antonino Siragusa, Michele Pertusi e Anna Bonitatibus. Dirige Andrea Lucchesini.
Ancora allo Champs-Elysées, l’affannato Foresto di ritorno dal Met, Ramon Vargas, sarà alle prese con il figlio del doge veneziano nella ripresa di I due Foscari, diretto da Daniele Callegari, al fianco di Marco Spotti e Anthony Michaels-Moore, baritono che da un ventennio si aggira nei teatri europei come feroce saccheggiatore di Enrichi, Simoni e Rodrighi.
La stagione prosegue con una miriade di proposte che sarebbe impensabile commentare in questa sede, tutti in una volta. Va tuttavia sottolineato che se sulla carta le sorprese, con buona probabilità, latiteranno, dobbiamo almeno riconoscere al teatro francese credo e voglia di allestire titoli che sarebbe oramai impensabile (sperare di) ritrovare nei maggiori templi della lirica italiani.
Il tandem Garnier/Bastille.
L’inaugurazione settembrina della prima istituzione operistica verrà affidata all’Olandese volante, che lo sciovinismo d’Oltralpe preferisce chiamare Le Vaisseau fantôme, con il classico cast da casa di riposo. Il title role sarà affidato al buon wagneriano James Morris, già monocorde Fiesco a fianco di Domingo nel recente Boccanegra d’esportazione americana. Ma il basso-baritono statunitense non è il solo reduce di quella dubbia produzione. Perché se il senescente Matti Salminen vestirà i panni del marinaio norvegese, la di lui figlia sarà Adrianne Pieczonka – la Maria Boccanegra d’oltreoceano – che vanta un repertorio a cui manca forse La zingara guerriera della coppia Paolo Limiti-Luigi Nicolini. Gli altri interpreti sono Klaus Florian Vogt (Erik) e Marie-Ange Todorovitch (Mary), mentre la bacchetta è di Peter Schneider.
Ancora Wagner per la chiusura della Tetralogia wagneriana, con le ultime due giornate nibelungiche, diretta da Philippe Jordan – direttore musicale d’ufficio della Bastille – e messe in scena, in una nuova produzione francese, da Günter Krämer. Sempre sotto la direzione di Jourdan avremo un Trittico, di assoluta prevedibilità, con un Juan Pons (Michele e Gianni Schicchi) che continua a macinare primi ruoli nonostante l’inevitabile affaticamento e l’usura di un mezzo vocale non proprio fresco; una Giorgetta portata in scena dal soprano ucraino Oksana Dyka, sentita poco meno di un anno fa a Bologna come Cio-cio-san nella “speciale” stagione estiva del Comunale (non nascondo che l’impressione è quella di una cantante dai gravi vuoti, che non fan certo sperare miracoli nel repertorio più spinto); un Juan Francisco Gatell che ritroverà il perduto Rinuccio, uno dei personaggi degli esordi; e la belcantista Ekaterina Siurina, alla sua prima incursione novecentesca nella parte di Lauretta. Sulla soglia del monastero troveremo invece la zia principessa Luciana D’Intino, recentemente ascoltata come stonacchiante, benché sonora, Eboli parigina; la reclusa nipote Angelica sarà la georgiana Tamar Iveri, soprano dall’emissione fortunosa diventata oramai di casa alla Bastille, non disdegnando comunque qualche azzardata escursione in terra italiana (Maria Boccanegra al Regio di Parma).
Jordan dirige ancora Ekaterina Siurina nelle Nozze di Figaro di Strehler (è aperto il totoscommesse su quanto resterà di quella splendida produzione). Il soprano russo affiancherà quale contessa d’Almaviva la nostrana Barbara Frittoli, che indosserà a sua volta le vesti della facile Susanna (in senso musicale, ça va sans dire), e il divo nazionale Ludovic Tézier (sarà anche Evgenij Onieghin nel dramma omonimo di Čajkovskij), buon Albert nel Werther “di” Kaufmann e pessimo Posa, ancora nel recente Don Carlo. A riprova, fosse ancora necessario, che non basta possedere la corda baritonale per alternare di settimana in settimana Mozart, Verdi e Puccini perché, sappiamo bene, una cosa è interpretare Marcello, un’altra cantare Rodrigo e Figaro.
Ultime due opere sotto la direzione del maitre della Bastille: una stuzzicante Ariadne auf Naxos con Diana Damrau nell’impervio ruolo di Zerbinetta, personaggio che ben conosce e su cui forse varrebbe la pena scommettere, data la maggior tranquillità, diciamo così, della signora col repertorio tedesco (peregrino invece è stato il tentativo di approccio all’opera verdiana). E un anonimo Così fan tutte, dal cast internazionale (Elza Van Den Heever, Karine Deshayes, Mattew Polenzani, Paulo Szot, Anne-Catherine Gillet), su cui spicca la presenza del nostro solito Ildebrando D’Arcangelo.
Avventuroso, per non dire altro, il debutto di Natalie Dessay come Cleopatra nel Giulio Cesare di Haendel, con la direzione della clavicembalista Emmanuelle Haïm. Sarei curiosa di vedere (ma soprattutto sentire) in che modo la tessitura centrale della regina d’Egitto verrà risolta dal soprano francese, da qualche tempo segno rappresentativo di una voce svigorita e dall’emissione piena d’aria (cfr. Amina a New York e Parigi).
Non può non aver rappresentanza, in un cartellone europeo che si rispetti, qualche titolo di provenienza slava, così di moda oggigiorno. Ecco dunque, dopo La piccola volpe astuta (2008 e 2010!), sempre per il progetto in fieri e mai ufficializzato “Uno Janáček all’anno tempra i sensi e non fa danno”, Kat’a Kabanova, con Angela Denoke, consacrata con un recentissimo recital alla Scala quale nuova stella di certo repertorio europeo novecentesco. Di maggior curiosità sarà invece il giovane Jeník portato in scena dal bravo Piotr Beczala nella Sposa venduta di Smetana, al fianco di una non più fresca Inva Mula. Due nomi dello star system che dichiarano, per quanto discutibile, il sincero proposito dei piani alti della Bastille di reintrodurre l’opera ceca nei corridoi della tradizione.
Veniamo ora alle proposte italiane! Si parte a settembre con una più che interlocutoria Italiana in Algeri. L’immancabile Marco Vinco sarà Mustafà, mentre come Elvira avremo Jael Azzaretti. E se il discreto Lawrence Brownlee riprenderà Lindoro, personaggio con cui ha avuto più volte a che fare, il di noi veterano Corbelli tornerà a calzare i panni di Taddeo.
Da “cura Ludovico” invece la ripresa di Madama Butterfly, che manca da ben un anno dal teatro parigino. Tutti e tre gli interpreti principali vantano una cospicua frequentazione con i rispettivi personaggi. Oltre al già menzionato Anthony Michaels-Moore nel ruolo di Sharpless, avremo la Cio-Cio San di Micaela Carosi, paradigma del “belcanto” italiano nell’era di Facebook, e James Valenti, un tenente Pinkerton in salsa “Vogue” per orecchie forti: siamo certe, noi signore di una certa età, che faremo fatica a resistere… all’otite!
Ancora Puccini e ancora Tosca (del 2009 l’ultima ripresa). Questa volta Cavaradossi sarà Massimo Giordano, giovane tenore già sdoganato a New York e attivo nei principali (e remunerativi) ruoli di repertorio. L’emissione però non è mai sul fiato e aperta, l’intonazione spesso periclitante e gli acuti tirati, seppur stabili. Iano Tamar (Tosca) invece è un soprano che frequenta la coloratura estrema ma non disdegna qualche capatina nelle tessiture più spinte. Ma è stonata e spoggiata da Rossini a Puccini. Prevediamo poi raschiamenti di gola per lo Scarpia di Franck Ferrari, noto Oltralpe per un manciata di apparizioni televisive.
Non potrei però non salutare come pregevole il tentativo da parte della direzione della Bastille – che trova nel presidente Bernard Stirn un sincero appassionato di quel sommerso verismo nostrano così spesso sbertucciato in patria – di inserire nel cartellone un titolo come la Francesca da Rimini di Zandonai, in Italia opera dimenticata e sepolta insieme alla memoria dei sovrintendenti dei tempi andati, eccetto qualche sporadica, quasi unica, eccezione (il teatro Verdi di Salerno, per esempio). Due desaparecidos – almeno al di qua dei confini nazionali – nei due ruoli principali: Svetla Vassileva, dopo l’anno sabbatico a Parma (e non solo) sarà la giovane Francesca, parte piuttosto pesante, da soprano drammatico, fuori portata per un’interprete cui va più che larga una Butterfly. Stessa solfa per Roberto Alagna, che tenterà di debuttare Paolo Malatesta. Scommesse aperte anche per Daniel Oren sul mancato superamento dell’ora di gioco…
Per finire, la rappresentanza verdiana. Due soli titoli: un Otello diretto dal più che buono Marco Armiliato (notevole una sua recente Bohème a New York), che dirigerà la solita Desdemona di Renée Fleming, colei che oltreoceano viene celebrata quale “nuova Callas del Met” da qualche critico in vena di bassa goliardia. Il moro consorte sarà il giovane Aleksandrs Antonenko, fuoriclasse del canto di gola e dello strozzamento sul passaggio superiore. Guasterà la festa lo Jago di Sergei Murzaev, recente Gérard nell’Andrea Chénier genovese. Ancora il pessimo Oren sul podio, ancora Franck Ferrari nel ruolo del padre soldato nella Luisa Miller allestita da Gilbert Deflo. Da considerare la presenza di Krassimira Stoyanova come Luisa, mentre pare in via d’ossidazione la voce d’oro di Marcelo Alvarez (Rodolfo), che ha recentemente dichiarato di voler cantare a sua discrezione infischiandosi di ciò che insegna(va) la vecchia scuola dei cantanti del passato. Lascio a voi tirare le somme sulla consequenzialità delle due proposizioni, tant’è che vien quasi voglia di replicare prendendo a prestito le parole di Domenico Mustafà, uno degli ultimi grandi castrati e maestri di canto della Cappella Sistina, che così gelò un commento poco oxfordiano di una collega: «Signora, i cantanti ritengono sbagliato tutto ciò che non sanno fare o che non hanno mai fatto».
Carlotta Marchisio
Gli ascolti
Handel – Giulio Cesare
Atto III – E pur così in un giorno…Piangerò la sorte mia – Marjorie Lawrence (1939)
Handel – Orlando
Atto II – Ah, stigie larve…Vaghe pupille – Ewa Podles (1995)
Vivaldi – Orlando furioso
Atto I – Nel profondo, cieco mondo – Marilyn Horne (1980)
Atto II – Ah, sleale, ah, spergiura – Marilyn Horne (1980)
Puccini – Madama Butterfly
Atto I – Bimba, bimba non piangere…Vogliatemi bene – Gabriella Tucci & Carlo Bergonzi (1962)
Verdi – Otello
Atto IV – Era più calmo?…Piangea cantando…Ave Maria – Eleanor Steber (con Martha Litpon – 1952)
Zandonai – Francesca da Rimini
Atto III – Benvenuto, signore mio cognato – Leyla Gencer & Renato Cioni (1961)
La Sig.ra Marchisio si è dimenticata (e non avrebbe dovuto, data l'importanza dell'opera) il meraviglioso Mathis der Maler di Paul Hindemith, diretto da Cristoph Eschenbach.
Marco Ninci
Concordo assolutamente con Marco Ninci circa Hindemith (credo che se la Scala smettesse, per un po', di infliggerci Janacek e Britten, e ci proponesse Cardillac o Mathis der Maler, ne guadagneremmo tutti!).
Qualche considerazione circa la prossima stagione del Théatre des Champs-Elysées:
1) non trovo tanto preoccupante la Petite Messe Solennelle, che non presenta grandi difficoltà né propone un cast disprezzabile (in particolare Pertusi), tutt'altro…salvo la Rancatore, ma chissà… Ciò che è davvero inquietante è La Scala di Seta "baroccarizzata" dal pessimo Malgoire (già reo di altri "rossinicidii").
2) interessanti i due Otello: quello di Verdi per la direzione di Harding e il Moro di Heppner; quello di Rossini per l'Otello di Osborn.
3) anche il Parsifal ha punti di interesse (direzione e il Gurnemanz di Kwangchul Youn).
Invece è particolarmente interessante la stagione dell'Opéra-Comique, di cui mi limito a sottolineare Il Franco Cacciatore nella revisione in francese di Berlioz (con recitativi al posto dei dialoghi e come intermezzo il famoso "Invito alla danza", brano originariamente scritto da Weber per piano, ma orchestrato da Berlioz proprio per la versione francese dell'opera). Dirige Gardiner che, negli ultimi anni, ha trovato un'ottima intesa con Berlioz di cui oggi è validissimo interprete.
Ha ragione, Marco. E' stata una svista imperdonabile ma, lo ammetto, meditata. Ho voluto limitare la mia carrellata al panorama vocale scritturato (senza entrare nel merito, ogni volta, delle direzioni). E poiché non ho mai avuto modo di sentire dal vivo o in registrazione i cantanti del Mathis in questione, ho preferito non citare nemmeno l'opera stessa. Anche l'Onegin l'ho inserito "di passaggio", poiché, tra le voci che lo interpreteranno, conosco bene soltanto quella di Tézier.
Va detto poi che lo stesso Champs-Elisées ha un cartellone, tra opere allestite e in forma di concerto, di 33 titoli. Capisce bene che sarebbe stato impensabile comentarle tutte, anche perché noi, come credo lei, abbiamo grazie a Dio altri lavori e relazioni da mantenere e portare avanti
Buona serata.
Carlotta M.
Ringrazio Duprez per aver contribuito a coprire una fetta della più che ricca stagione dello Champs-Elisées e dell'Opéra-comique.
…però sulla "Petite" non mi trovi daccordo. Non riuscirò mai a considerare Pertusi un buon basso. Nell'ultimo anno l'ho sentito dal vivo due volte (il debutto bolognese come don Pasquale e nel solito conte Rodolfo nella tremenda Sonnambula parigina), oltre a registrazioni e comparsate televisive varie. Un canto spesso calante, decalamato ai limiti del parlato, esibito con compiacenza e spesso per enfatizzare una gigioneria volgare e fuori luogo (in particolare nel persnaggio belliniano…), le agilità e i sillabati mangiati via due volte su tre. Insomma, davvero fuori forma.
…anche l'Otello verdiano mi preoccupa non poco, sempre dal punto di vista vocale. Per esempio, non mi convince per nulla un'Harteros come Desdemona. Era affaticata e afona nei gravi già come Maria Boccanegra (che già li sollecita non poco)! Non scommetterei un centesimo su di lei nei panni delle consorte del moro. Beh Heppner poi comincia ad avere la sua età, ma cantava piuttosto aperto già a inizio carriera, nonostante Otello sia uno dei suoi cavalli. Inquietante poi, inutile dirlo, la presenza di Burchuladze nella parte minore di Lodovico, mentre Vassallo è un discreto baritono (sentiamo ben di peggio), ma ora lo sento sempre tirato in acuto e spesso privo di concreto sostegno. E la maschera è una chimera.
Concordo anche io con Ninci e Dupez circa il valore del "Mathis", opera sicuamente affascinnate che meriterebbe di passare in Italia!
Ho paura dei manieismi di Goerne, anche se il ruolo di Mathis potrebbe portare a certe riflessioni intellettuali; mi fa piacere vedere nel cast un tenore "impavido", più che "eroico", come MacAllister nel ruolo di Albrecht, ma anche Ablinger-Sperrhacke (sperando che "canti" invece di "parlare") e Burckhard Fritz nei ruoli di Wolfgang e Hans; mi lascia qualche perplessità il settore femminile: Regina e Ursula richiedono voci robuste con una bella polpa soprattutto Ursula; la Diener è un soprano esangue e inespressivo e la Doneva proviene dal Barocco imperante… mah, che bizzarria.
Nessuna riserva su Eschembach, il quale ha deliziato molti con un "Parsifal" a Bayreuth cristallino ed un Ring parigino che è pura poesia: semplicemente indimenticabile.
Olivier Py è un regista che alterna spettacoli stimolanti (Tristan, Tannhauser) a cadute di gusto becere e volgari (Contes d'Hoffmann, Damnation de Faust).
Marianne Brandt
Beh, Carlotta, ammetto di non conoscere molto bene l'attuale status vocale di Pertusi, ma il Maometto di Pesaro, l'Alidoro della Cenerentola e il Selim del Turco (tutti testimoniati da incisioni ufficiali) erano ottimamente cantati. Probabilmente adesso c'è qualche difficoltà in più e dovrebbe evitare certo repertorio, considera tuttavia che la Petite Messe Solennelle non presenta grosse difficoltà vocali (in termini di agilità e sillabati). Considera poi che certi eccessi a cui hai assistito (vedi Sonnambula) potrebbero ben essere indotti da colleghi di cast o direttore…in particolare le gigionate.
Circa l'Otello verdiano..che dire? La pensiamo diversamente: Heppner mi sembra vocalmente a posto (anche tecnicamente), è cantante solido e non sguaiato, dalla voce calda e solare, oggi mi sembra il Moro ideale. Anche perchè non ha il viziaccio di imitare Del Monaco (che in Otello mi piace moltissimo, ma che in quel modo, poteva cantare solo lui senza sbragarsi). Per la Harteros mi ripeto: avrà i suoi difetti (come tutti) e forse non è l'ideale in Verdi (ma in qual Verdi? Desdemona è un unicum nella vocalità verdiana), ma io non la trovo così disastrosa! L'ho sentita più volte e devo dire di averla apprezzata.
Ps: in effetti è inquietante la presenza di Burchuladze…tra l'altro pensavo che si fosse ritirato già da qualche anno..
Heppner, tenore che ammiro molto, ha ultimamente cantato i due Siegfried wagneriani a Salisburgo e Aix-en-Provance con la bacchetta di Rattle…
E li ha cantati così:
http://www.youtube.com/watch?v=fT9dTif_kyU
http://www.youtube.com/watch?v=vZ86SXjdqps
(intorno a lui una canea wagneriana da oktober fest post sbronza)
Penso che Otello gli si adatti molto, ma molto meglio.
Marianne Brandt
Buon giorno, scusate se mi intrometto nelle vostre interessanti discussioni, vorrei solo fare una domanda:
posso avere almeno tre nomi di cantanti del presente che incontrino il vostro favore? grazie, firmato un cantante perplesso
Se per "cantanti che incontrano il vostro favore" intendi "cantanti di cui scrivete sempre e comunque bene, indipendentemente da come cantano", non ce ne sono.
Quanto al resto, nei nostri archivi ci sono numerose recensioni positive. Buona lettura.