Comincia oggi un ciclo dedicato a una delle più grandi cantanti del ventesimo secolo. Non diciamo la più grande perché la concorrenza è tale e tanta da rendere l’idea stessa di attribuire una simile palma una pia illusione o, volendo essere più giusti, un insensato delirio. Però va detto che, nel repertorio che le fu più congeniale, è difficile rintracciare, fra quelle documentate dal disco, una cantante più completa nella tecnica, più esatta nel gusto, più estrema e totalizzante nell’arte di affrontare in scena, a un tempo, il mito di un personaggio (che fosse Tosca, Manon, Francesca o Violetta poco cambia) e il mito della cantante d’opera. Anzi, della diva verista, che della cantante d’opera è, a pari merito con la primadonna belcantista, ipostasi suprema.
L’omaggio alle cento rigogliose primavere di Maria Maddalena Olivero Busch ci accompagnerà, come è giusto, sino alle porte dell’estate.
Cominciamo con l’arte del concerto di canto, una delle sedi predilette, e giustamente, da una cantante che non aveva certo nell’opulenza del mezzo vocale la propria principale attrattiva.
Magda Olivero propose, come è noto, le proprie estenuate eroine su tutti i palcoscenici, senza che le dimensioni e il prestigio della sala avessero a condizionare in alcun modo la sua arte. In sede di recital si spinse oltre, esibendosi sino ai settanta anni e oltre in sale da concerto, saloni privati, aule, pubbliche piazze, cortili e soprattutto chiese. Ma quello del canto sacro è un capitolo che tratteremo a parte.
Nei suoi concerti “la Magda” affrontava regolarmente le grandi pagine del suo repertorio operistico. A ciò la spronavano tanto il grande affetto e il supremo rispetto per il suo pubblico, quanto l’assenza di smanie culturali, che imponessero il predominio della liederistica in sede di recital. Peraltro la signora non era certo restia a proporre brani di autori stranieri, segnatamente francesi. E anche nel formulare queste proposte dimostrava una fantasia che i nostri evoluti programmatori culturali sono ben lungi dal possedere. Peraltro anche nei brani in lingua straniera la dizione è curatissima ed estremamente limpida.
Naturalmente la parte del leone spettava sempre agli autori italiani, da Denza a Respighi, con una predilezione per le romanze dedicate a fanciulle compromesse ed abbandonate al loro destino. Esemplare il caso della “Povera Lina” di Capponi, nella quale la signora declina come nessuna il paradigma della signora altolocata, che per metà compiange e per metà biasima la sventurata giovinetta. In questa sottilissima arte l’Olivero ha una degna rivale nella sublime signora Franca Norsa, in arte Valeri, di cui proponiamo in appendice la celebre interpretazione della dama benefica.
Non per caso la Olivero legò strettamente il proprio nome a quello di Francesco Paolo Tosti, autore prediletto anche e soprattutto in sede di bis. Il musicista ortonese, con la sua nutrita casistica di amanti infelici, deluse e rejette si prestava troppo bene al talento istrionico della signora Magda. Le pagine di Tosti, ben poco fiorite e di tessitura prevalentemente centrale, non sembrano, sulla carta, le più adatte a una voce come quella della Olivero. Lo diventano però, come testimoniano gli audio, anche i più precari, per la capacità dell’interprete di esibire un legato di altissima scuola (i fondamenti sono quelli così spesso teorizzati dalla signora in sede d’intervista: appoggio e respirazione), un’osservanza maniacale delle indicazioni espressive (non di rado infittite rispetto a quanto previsto dall’autore) e una dizione chiara e scandita. Si consideri a titolo d’esempio “Il segreto”, staccato a un tempo più lento del Moderato indicato in spartito, eseguito tutto a mezza voce, con qualche sapiente ricorso a sonorità più accentuate per sottolineare gli snodi cruciali del testo (“Amo”, “come uno schianto”) e il progressivo “morendo” nell’ultima strofa, a rendere l’amorosa consunzione della voce narrante. Un finale estenuante che non può non evocare la morte di Adriana Lecouvreur, tanto per ribadire, casomai servisse, che non si è dive veriste per caso o per dote, ma in primo luogo per scienza del canto.
Identica impressione suscita “Dopo”, in cui la signora Olivero, quanto a dinamica sfumata e proprietà di accento, ha un solo termine di paragone, ovvero don Fernando de Lucia. E scusate se è poco!
C’è, oltre a quella del canto, una lezione che si può trarre da questi cimeli della signora Olivero, ossia che non esiste melodia tanto povera o scadente, che non risulti almeno accettabile, se non avvincente, quando è affrontata da un’interprete in grado di esaltarne le qualità. Le romanze proposte sono tutte, o quasi, piccoli gioielli del kitsch da salotto, divertissement a mezza via tra il patetico e l’ironico, nugae di cui è facile sorridere, vuoi per la retorica dei versi, vuoi per la qualità dell’invenzione musicale. Eppure la signora Magda riesce a trasformare queste disgraziatissime “pentite” in personaggi assolutamente plausibili, naturalmente secondo i canoni dell’estetica verista e decadente: eccessivi, disperati, estremi, tanto più toccanti quanto più la cantante sa mantenere un distacco e una misura che sembrerebbero in contraddizione con l’estetica di cui sopra, e invece ne sono l’indispensabile complemento. Paradigmatico, in questo, il “Sogno” di Tosti, in cui la passionalità della visione erotica si mescola all’ironico disincanto della cornice onirica.
Poi qualcuno, magari desideroso di stuzzicarci, potrà tacciare di superficialità e pacchianeria l’arte della signora Olivero. A noi pare, semplicemente, che non esista più sublime commediante di questa autentica diva del pentagramma.
L’omaggio alle cento rigogliose primavere di Maria Maddalena Olivero Busch ci accompagnerà, come è giusto, sino alle porte dell’estate.
Cominciamo con l’arte del concerto di canto, una delle sedi predilette, e giustamente, da una cantante che non aveva certo nell’opulenza del mezzo vocale la propria principale attrattiva.
Magda Olivero propose, come è noto, le proprie estenuate eroine su tutti i palcoscenici, senza che le dimensioni e il prestigio della sala avessero a condizionare in alcun modo la sua arte. In sede di recital si spinse oltre, esibendosi sino ai settanta anni e oltre in sale da concerto, saloni privati, aule, pubbliche piazze, cortili e soprattutto chiese. Ma quello del canto sacro è un capitolo che tratteremo a parte.
Nei suoi concerti “la Magda” affrontava regolarmente le grandi pagine del suo repertorio operistico. A ciò la spronavano tanto il grande affetto e il supremo rispetto per il suo pubblico, quanto l’assenza di smanie culturali, che imponessero il predominio della liederistica in sede di recital. Peraltro la signora non era certo restia a proporre brani di autori stranieri, segnatamente francesi. E anche nel formulare queste proposte dimostrava una fantasia che i nostri evoluti programmatori culturali sono ben lungi dal possedere. Peraltro anche nei brani in lingua straniera la dizione è curatissima ed estremamente limpida.
Naturalmente la parte del leone spettava sempre agli autori italiani, da Denza a Respighi, con una predilezione per le romanze dedicate a fanciulle compromesse ed abbandonate al loro destino. Esemplare il caso della “Povera Lina” di Capponi, nella quale la signora declina come nessuna il paradigma della signora altolocata, che per metà compiange e per metà biasima la sventurata giovinetta. In questa sottilissima arte l’Olivero ha una degna rivale nella sublime signora Franca Norsa, in arte Valeri, di cui proponiamo in appendice la celebre interpretazione della dama benefica.
Non per caso la Olivero legò strettamente il proprio nome a quello di Francesco Paolo Tosti, autore prediletto anche e soprattutto in sede di bis. Il musicista ortonese, con la sua nutrita casistica di amanti infelici, deluse e rejette si prestava troppo bene al talento istrionico della signora Magda. Le pagine di Tosti, ben poco fiorite e di tessitura prevalentemente centrale, non sembrano, sulla carta, le più adatte a una voce come quella della Olivero. Lo diventano però, come testimoniano gli audio, anche i più precari, per la capacità dell’interprete di esibire un legato di altissima scuola (i fondamenti sono quelli così spesso teorizzati dalla signora in sede d’intervista: appoggio e respirazione), un’osservanza maniacale delle indicazioni espressive (non di rado infittite rispetto a quanto previsto dall’autore) e una dizione chiara e scandita. Si consideri a titolo d’esempio “Il segreto”, staccato a un tempo più lento del Moderato indicato in spartito, eseguito tutto a mezza voce, con qualche sapiente ricorso a sonorità più accentuate per sottolineare gli snodi cruciali del testo (“Amo”, “come uno schianto”) e il progressivo “morendo” nell’ultima strofa, a rendere l’amorosa consunzione della voce narrante. Un finale estenuante che non può non evocare la morte di Adriana Lecouvreur, tanto per ribadire, casomai servisse, che non si è dive veriste per caso o per dote, ma in primo luogo per scienza del canto.
Identica impressione suscita “Dopo”, in cui la signora Olivero, quanto a dinamica sfumata e proprietà di accento, ha un solo termine di paragone, ovvero don Fernando de Lucia. E scusate se è poco!
C’è, oltre a quella del canto, una lezione che si può trarre da questi cimeli della signora Olivero, ossia che non esiste melodia tanto povera o scadente, che non risulti almeno accettabile, se non avvincente, quando è affrontata da un’interprete in grado di esaltarne le qualità. Le romanze proposte sono tutte, o quasi, piccoli gioielli del kitsch da salotto, divertissement a mezza via tra il patetico e l’ironico, nugae di cui è facile sorridere, vuoi per la retorica dei versi, vuoi per la qualità dell’invenzione musicale. Eppure la signora Magda riesce a trasformare queste disgraziatissime “pentite” in personaggi assolutamente plausibili, naturalmente secondo i canoni dell’estetica verista e decadente: eccessivi, disperati, estremi, tanto più toccanti quanto più la cantante sa mantenere un distacco e una misura che sembrerebbero in contraddizione con l’estetica di cui sopra, e invece ne sono l’indispensabile complemento. Paradigmatico, in questo, il “Sogno” di Tosti, in cui la passionalità della visione erotica si mescola all’ironico disincanto della cornice onirica.
Poi qualcuno, magari desideroso di stuzzicarci, potrà tacciare di superficialità e pacchianeria l’arte della signora Olivero. A noi pare, semplicemente, che non esista più sublime commediante di questa autentica diva del pentagramma.
Gli ascolti
Magda Olivero / 1
Mattei
Restez avec moi (1973)
Denza
Si vous l’aviez compris (1973)
Tosti
Il sogno (1973)
Dopo (1973)
Il segreto (1973)
Pour un baiser (1973)
Chanson de l’adieu (Partir, c’est mourir un peu) (1973)
Capponi
La povera Lina (1972)
Pinsuti
Il libro santo (1972)
Guercia
Non m’amava (1973)
Leoncavallo
Mattinata (1980)
Duparc
Chanson triste (1981)
Massenet
Elegie (1980)
Fauré
Après un rêve (1980)
Hahn
Si mes vers avaient des ailes (1980)
Respighi
Nebbie (1980)
Troppo bello!
Troppo bravi!
Grazie..
grazie ancora di questi post dedicati a Magda,fatti in modo da farla conoscere ancorpiù per la grande Artista che è stata (e lo è ancora)
troppo brava è la signora olivero!
mi associo alle parole di Donzelli, noi non siamo che critici (di peso nullo) ed Ella è Melpomene.
Cara grande Magda Ti ho seguita nel tuo girovagare nei teatri importanti. La Scala no, per troppo tempo ha ignorato la tua arte. Mi ricordo la tua IRIS di Brescia, anni sessanta. Era uno spettacolo pomeridiano domenicale, teatro stracolmo. Un trionfo. E Adriana in tanti teatri?
E Manon e Tosca e Mefistofele e Resurrezione? Grazie Magda e tanti meritatissimi auguri.
Domenico
Mah! Sarà! Comunque auguri. Cento anni sono sempre un bel traguardo. Sui meriti "artistici" ciascuno ha i suoi gusti. Negli anni comunque mi sono fatto la convinzione che ognuno di noi ha un modo di sentire i suoni differente da ogni altro, e che,oltre alla tecnica (che nel caso della signora Olivero non è certo messa in discussione) conti moltissimo la qualità del suono (e io trovavo il vibrato della signora particolarmente fastidioso) e poi il gusto interpretativo…e qui, per quanto mi riguarda, ho sempre trovato la signora Olivero molto molto datata.
Domenico ricorda le sue Iris, le sua Adriane ecc…Io ricordo anche una Manon Lescaut a Verona dove la signora emetteva una serie ininterrotta di singulti, urlacci e cacchini vari del peggior verismo (poi certo c'erano i fiati sterminati ecc…) ma che "gusto"!
Per non parlare di una Medea a Mantova trasformata in una specie di Santuzza gelosa che nell'ultimo atto si rotolava emettendo suonacci sfiorando il grottesco… Anche lì, certo, un trionfo. Ma suvvia, siamo onesti!
Alla fine però, ripeto, secondo me è una questione di "percezione uditiva". Ognuno di noi tollera certi suoni e non ne tollera altri (o perlomeno gli arrivano fastidiosi). Credo che perfino per la Callas ci sia stato un problema del genere. C'erano alcuni che non ne tolleravano il timbro, i suoni e in qualche modo, col tempo, io sono arrivato a capirlo, per me invece era somma (almeno fino al 57),pur riconoscendo che i suoi suoni potevano risultare anche fastidiosi.
Per concludere poi sulla signora Olivero, rimane comunque ingiusto che la Scala (e la maggioranza dei grandi teatri del mondo, bisogna dire) l'abbia così ignorata. Forse avrebbe avuto bisogno di essere guidata da grandi direttori (e magari anche da grandi registi). Purtroppo la "provincia" si sentiva molto nel suo modo di essere. Certo se la paragoniamo alle cantanti di oggi bisognerebbe farle un monumento:basterebbe ascoltare la sua Adriana da Napoli (dove per'altro, se non ricordo male, sostituiva all'ultimo momento una Tebaldi indisposta). Però, in quel caso, sarebbe anche da segnalare che intorno a lei c'era una Simionato, un Corelli e un Bastianini!…Insomma, altri tempi!
Tanti cari saluti a tutti. Antonio
p.s Lo so che mi attirerò
l'antipatia di molti e me ne scuso, però mi sembrava giusto esprimere anche la mia opinione. Quella di uno che comunque ascolta pochissimo l'opera ormai perchè la maggior parte delle volte rimane innorridito dalle cose che sente. Frà l'altro vi ammiro voi tutti del Blog che avete ancora il coraggio e la passione di ascoltare ancora così capillarmente tutto ciò che si esegue nei teatri e si compra sui CD.
Di nuovo saluti cordiali
Caro Antonio, hai perfettamente ragione, i gusti sono gusti. Come hai ragione quando affermi che in Manon di Verona Magda Olivero emetteva suoni gutturali qua e là. Così pure nel Mefistofele di Macerata. Medea poi è stato un tentativo sbagliato perchè dopo la Callas il nulla. Senza parlare della Caballè dove si arriva anche al ridicolo.
Ma la Olivero pur con i suoi limiti sapeva elettrizzare il pubblico. Ovviamente negli anni migliori della sua carriera. E non l'inizio della carriera in quanto il vibrato della voce era sicuramente fastidioso. Ma alla ripresa dopo una pausa di alcuni anni, il difetto era scomparso.
Ora Magda ci manca, perchè è stata una grande artista ed una grande cantante. Le sue forcelle che iniziavano in pianissimo per poi espandersi nel centro e ritornare in pianissimo, così non le ho piu' sentite. Dentro queste forcelle c'era una tecnica ma anche un'anima. Già novantenne ci ha deliziato cantando in chiesa a Milano per la tradizionale messa in memoria di Maria Callas.
Questo un tempo era teatro vero,quel teatro che ti faceva fare chilometri di treno , pranzi saltati e notti insonni. Ed eri contento così- Oggi non vale la pena spostarsi. Meglio sentire un disco e ricordare.
Caro Antonio e invece hai fatto benissimo a esprimere la tua opinione. Una delle prossime puntate di "Cento primavere" sarà dedicata al repertorio pucciniano e quindi anche alla Manon di Verona in cui la Magda, sessantenne, non ebbe problemi a eclissare un partner che aveva la metà dei suoi anni.
La Olivero comunque ha lavorato spesso con Tansini, Gavazzeni, Rescigno, De Fabritiis, giusto per citarne alcuni. Non mi sembrano proprio gli ultimi venuti. Quali direttori avrebbero potuto "sprovincializzarla", secondo te, e soprattutto che cosa avrebbero potuto insegnare a una cantante che era stata giudicata da Cilea l'Adriana ideale?
Sottoscrivo la vergogna, e ripeto, VERGOGNA di cui la Scala si è coperta nel passato remoto e recente, facendosi anche sfuggire l'occasione dei festeggiamenti di quest'anno. L'opera muore per mancanza di memoria, oltre che di talenti.
volevo ricordare come la stessa Olivero ha detto in un intervista,che il suo ritorno sulle scene fu proprio per tenere contento Cilea,che gravemente malato voleva prima di morire riascoltare Adriana cantata da Magda,purtroppo mori prima.Capisco Antonio che ognuno abbia i suoi gusti ma che era una "provinciale"
Piuttosto non ha avuto un grande supporto dai discografici,poi quando dici che al paragone dei cantanti attuali bisogna fargli un monumento,Domenico il monumento glie lo avevano gia costruito quando era in carriera,visto che adesso nel 2010 è cosi ricordata..
Domenico, ci conosciamo benissimo e ti stimo tantissimo, abbiamo passato le stesse temperie scaligere e quindi non posso che ammirare e in un certo senso condividere il tuo malinconico entusiasmo per quegli anni (nei quali ovviamente ci metti dentro anche la Signora Olivero.)Però però…tu scrivi che quello era teatro e la gente per questo andava in visibilio. Si, certo era teatro, però in quegli anni c'era in giro gente (cantanti, registi, e anche direttori) che cercavano di "rinfrescare" un pò quel teatro. Io ho sempre trovato la Signora Olivero espressione di un teatro da italietta un pò superata, il suo gusto di canto e scenico…Si, certo, davanti alle sciacquette che ci sono in giro adesso (che fra l'altro durano un paio di anni e poi scompaiono, lei è un gigante…ma allora la tenzone era ben diversa…)Si le sue forcelle, lunghe, sterminate e se vuoi emozionanti, ma poi quanti singulti, quanti cacchini quanti rantoli…ma soprattutto era la testa, il modo di porsi che secondo me, già allora, era vecchio, direi da italietta demoscristiana.
Ad ogni modo WW la OLIVERO!!!e cento di questi giorni
Saluti a tutti, Antonio
Non so quale analogia individuare fra l'Olivero e la DC, se non il fatto che si tratta di due istituzioni assai longeve nella storia patria. Peraltro la DC nacque dieci anni dopo l'esordio in teatro della Magda e morì ben prima delle ultime esibizioni pubbliche della signora. Quindi non è inesatto dire che l'Olivero abbia sepolto, al paro di molti altri estinti, anche la DC!!!
Quanto poi all'"italietta", la Callas declinante – che era sempre la Callas, però – non affrontò l'Adriana e la Francesca perché erano "le opere dell'Olivero". Pensi che la grande Diva, ancorché alla frutta, avrebbe avuto paura di una concorrenza così povera come quella di una piccola patetica "provinciale"?
Il punto non sono i cachinni, che vengono definiti in modo tale evidentemente tenendo presente non so quale "modello" successivo, ma la COERENZA che questi rivestono ALL'INTERNO dell'interpretazione globale che emerge dalle esecuzioni della Olivero: una tensione assoluta al realismo, che però – proprio perchè è e rimane una tensione (e non potrebbe essere altrimenti!) – contribuisce ancor di più a creare quella distanza tra vita e teatro che è la cifra essenziale dell'opera lirica di ogni epoca e di ogni dove. Se uno ci fa caso, al di là dei rantoli e degli spasimi, che l'Olivero inserisce sempre e comunque nei cosiddetti momenti "topici" – il canto dell'Olivero è, sempre e comunque, estremamente rispettoso delle dinamiche dello spartito, tanto da risultare, soprattutto nei casi degli assoli della prima donna, APPARENTEMENTE sciatto o, comunque, espressivamente latomico, ma sempre composto. Ma, ad un ascolto più approfondito, emerge un fuoco oscuro, una fiamma che pian piano divora la linea musicale e vocale, ed esplode nelle scene madri dell'opera, di solito nella morte dell'eroina, per cui l'interpretazione risulta perfettamente bilanciata, con una coerenza interna che nemmeno la Callas mostrava di possedere (la Callas lavorava meno sulla globalità e si concetrava di più sulle singole parole, per non dire consonanti, che contribuivano a costruire l'insieme, come i tasselli di un mosaico. Tale differenza, però riflette anche la diversità dei repertori affrontati).
Preferisco meno la Kabaivanska, che dell'Olivero, almeno da una certa fase in poi, ha riproposto alcuni clichés interpretativi e vocali… Tale era il genio dell'Olivero che, inevitabilmente, le epigone non sono altro che la riproposizione di un vero e proprio cliché, un po' come i pittori caravaggeschi… Tra questi, di certo, c'era chi aveva più doti artistiche e chi meno; ma resta che, l'imitatio, quando è perseguita programmaticamente, comporta sempre un minus rispetto all'originale, evidentemente irragiungibile.
Onore ad una cantante assolutamente personale, anomala (nel senso più profondo e positivo del termine), realmente geniale, che invita l'ascoltatore ad una sorta di paeregrinatio symbolica, ovvero ad una decifrazione continua di uno specchio d'acqua a tratti apprentemente tranquillo e che improvvisamente si increspa, ma che comunque possiede, sempre e comunque, una sua vita diversa da quella che appare in superficie…
Ho letto con molta attenzione la lunga dissertazione di Velluti sull'arte della signora Olivero e gli faccio i complimenti. Certo io non avevo mai pensato a questa cantante in quel senso, o forse ci avevo pensato inconsciamente e siccome non amo il liberty non ho amato neanche il modo di esprimersi della signora. Per inciso non amo neanche le opere che erano il nucleo del suo repertorio (a parte quelle di Puccini). Detesto la Fedora e trovo Adriana sciacquetta dell'Italia umbertina e provinciale.Mi piace molto invece almeno per metà (il primo e il quarto atto) la Francesca e ammetto che mi piacerebbe molto ascoltare (se ci fosse)una testimonianza dell'edizione che di quest'opera diedero alla Scala Del Monaco e la signora Olivero. Questione evidentemente di gusti.
Rispondo poi a Tamburini: è vero la Callas non volle fare quelle opere "perchè erano quelle della Olivero" ma, io credo ci furono due ragioni perchè non prese questa decisione.
1° La Callas ancorché grande diva era anche una donna che a quel punto della sua carriera sapeva che non poteva più andare avanti, sapeva inoltre che per cantare (qualsiasi opera) ci vuole prima di tutto la voce, e lei non ne aveva più. Coloro che in quegli anni la spingevano ad esebirsi ancora erano degli incoscienti, Li ho sempre detestati, ho sempre fatto polemica con loro in quegli anni, quando qualsiasi raglio che usciva dalla bocca della "divina" non era meno che meraviglioso. Non ho mai amato quel modo di pensare:la trattavano come un fenomeno da baraccone da esibire. Mi ricordo che quando apparve la sue 2°Tosca io affermai (forse perfino troppo severamente) "Mi sembra il circo equestre" (certo non riferito a Bergonzi che in quell'incisione canta da par suo).
Quindi tornando all'argomento la Callas sapeva che nelle sue condizioni vocali non poteva certo cantare alcunchè. Ma i callasiani dicevano che era una grande attrice (era vero, certo) ma prima di tutto era una cantante…e una cantante deve…cantare. Io, mi ricordo che dicevo loro" Guardate che di artiste che portano bene i mantelli e che sano salire e scendere le scale ce ne sono tante, se è per questo anche Wanda Osiris…ma nell'opera bisogna cantare"
2° Le opere della signora Olivero poi non erano le più adatte alla Callas, secondo me, essendo il soprano greco (quando era all'apice della carriera) una cantante eminentemente romantica o neoclassica (io non sono mai impazzito neanche per la sua famosa Tosca di De Sabata.) Però..però, mi permetto di dire che nell'ambito di quelle opere la Callas un saggio l'aveva dato nel suo famoso disco del 54, dove appunto cantava le 2 arie dell'Adriana e l'aria della Wally e l'aria del Mefistofele…ebbene non mi sembra che in quelle arie, in quegli anni, se la sia cavata male (soprattutto la Wally che per me è un autentico capolavoro…non l'opera intendiamoci-anche se interessante molto di più ad esempio di una Fedora-ma l'interpretazione di "Ebben ne andrò lontana" della Callas.
Comunque grazie dell'ospitalità e complimenti ancora a tutti.
Antonio
> Mi piace molto invece almeno per > metà (il primo e il quarto atto) > la Francesca e ammetto che mi
> piacerebbe molto ascoltare (se
> ci fosse)una testimonianza
> dell'edizione che di quest'opera > diedero alla Scala Del Monaco e > la signora Olivero.
Nella puntata sul Verismo ci sarà anche la Francesca, non temere
Con questo commento debutto ufficialmente sul Corriere della Grisi e ne sono enormemente lusingato.
Magda Olivero é la mia cantante preferita in assoluto oltre che mia amica personale.
Intoccabile fino a poco tempo fa, ora é soggetto di critiche da parte dei giovanissimi soprattutto, i quali storcono il naso davanti a certi eccessi veristici. Essi, i giovanissimi, sono giustamente figli di un'epoca che esaspero' l’idea di Belcanto della coppia Sutherland-Horne portandolo all'algida asetticita’ di Anderson e Cuberli, ossia tecnica suprema ma sentimenti Bofrost.
La Olivero puo' piacere o meno, ma rimane un'icona e come tale va giudicata. Notare, fatto curioso, che io mi innamorai di Lei proprio per la sua esuberanza vocale che ho cercato di imitare e che imito tutt'ora anche quando canto le Regine donizettiane sotto la doccia. Segno appunto che lo stile Olivero é unico. Provare a copiarla significherebbe farle il verso, e ne abbiamo visti di soprani che hanno provato a imitare la Callas, ad esempio, e son finiti male. Lasciamo stare la Signora dall'alto dei suoi cento anni superbamente portati e adoriamola. Certe critiche, in primis quella dell'Italietta da DC, lasciamole a Pippo Baudo il quale l’altra sera in tv ha detto che "Alfredo si innamora di Traviata". Se Traviata é il nome, figuratevi il cognome.
ben arrivato, paolo.
Però il corriere della grisi, carissimo, non è un teatro dove si viene scritturati, ma semplicemente un blog cui tutti, salvo gli insultatori di professione, possono accedere.
Sono veramente ben venuti quando come nel caso di Madga Olivero stimolano un dibattito di elevato valore e contenuto. Credo che sia la stessa Arte della signora a condurre a questo.
Ed inoltre credo che la più perfetta identificazione della signora Olivero l'abbia data dame Joan dicendo: " noi siamo cantanti, anche bravissime, anche famose, Lei è Madga Olivero".
Quanto alle giovani generazioni credo che tu abbia dato dei giovanissimi a quelli come me di mezza età perchè la tecnica e la tecnicomania sono della mia (e tua) generazione. I veri (anagraficamente intendo) giovanissimi, infatti, se fossero tecnicomani coprirerebbero di fischi le esibizioni da settevoci o Castrocaro delle dive di facebook.
Quindi benvenuto e ottime borsettate con stecca, tanto la volpe perde il pelo, ma non il vizio ricordandoVi, però che non siete la cuzzoni e la bordoni perchè la primadonna qui è solo lei la divina GIULIA GRISI!!!
ciao dd
Benvenuto a Paolo nel Blog, che ama molto la Olivero e fa bene a difenderla dalle mie critiche, con civiltà. Ho già scritto, a questo proposito, che ho molto rispetto per la Signora e certo non contesto la sua tecnica. Io penso che sia questione, almeno per quanto mi riguarda, di gusti riguardo ai suoni (e anche un pò allo stile che io ho sempre trovato già allora molto datato) ma ovviamente c'è anche in questo blog chi invece ha contestato molto vivacemente e con indiscussa competenza questa mia tesi, e io ne prendo atto
Posso però, Paolo, se permetti farti un piccolo appunto? Non è avvicinabile una cantante come la Olivero con la Anderson e la Cuberli,soprani che frequentavano un repertorio totalmente diverso di quello della Signora Olivero.
Per quanto riguarda la DC è un concetto (impressione?)per me difficile da spiegare qui e quindi mi astengo. Però ho trovato irresistible la tua citazione di Baudo alla televisione riguardo Traviata…Incredibile. Daltronde non era stato proprio Baudo a teorizzare, ormai tanti anni fa, che la TV era un mezzo "Nazionalpopolare"?. Ecco, teniamocela. E poi alla "ggente" piace tanto.
Ciao a tutti, Antonio