Parte I Con l’ingresso (trionfale?) di Wolfgang Wagner nell’ampia sala del Walhalla, si apre una nuova stagione per il wagnerismo militante: una nuova fase che richiama certi autunni lividi e grigi e che profuma di decadenza. Il mito, ormai svuotato dai troppi anni di affarismo e gestione padronale, e i rituali, che ancora oggi – nonostante tutto – replicano con stanchezza quelli già ridicoli (per menti laiche e libere da “dottrina”) elaborati dall’ambizione smisurata del nonno (e presi sul serio dall’altezzosa vanagloria della vedova), hanno lasciato il posto ad un nulla elaborato e autoreferenziale che prelude all’imminente Götterdämmerung!
La scomparsa di Wolfgang tra i pomposi fumi wagneriani (verrebbe da dire “fumi, ormai, privi di arrosto”) apre una delicata e improbabile corsa alla successione: le eredi designate non hanno certo la statura artistica e manageriale per reggere il peso di tale eredità; né, pare, il coraggio per rinnovare un canone (anche interpretativo) che ormai fa acqua da tutte le parti (il Festspielhaus è, oggi, un’impresa turistica: regno indiscusso del peggior teatro di regia, palcoscenico uso alla celebrazione dell’attuale mediocritas wagneriana – neppure troppo aurea – e podio per una inutile sfilata di Kapellmeister da due soldi); e neppure la forza per affrontare apertamente le annose vicende di un passato (discusso e assai poco presentabile) con cui nessuno dei diretti interessati si è mai voluto confrontare e che, anche attraverso discutibili e spregiudicate metamorfosi ideologiche, si è cercato di rimuovere in modo surrettizio. Lungi dal voler fare un bilancio della gestione di Wolgang – solo mi fa sorridere il fatto che si continui ad indicare quale merito grandissimo, tale da renderlo degno di compianti e celebrazioni, la scelta di affidare il Ring del centenario all’accoppiata Chéreau/Boulez (che è come attribuire lodi per meriti altrui), ignorando o fingendo di ignorare il fatto che Wolfgang fu scettico sino all’ultimo, tanto da pensare di assumersi lui l’incarico, e solo influenze esterne lo convinsero a desistere, salvo, dopo il grande successo ottenuto, assumersi interamente ogni merito – mi chiedo se vi sarà, a questo punto, un auspicabile ritorno in scena del figlio reietto: Gottfried (forse l’unica risorsa per ridare un senso al “mito” stracotto di Bayreuth). Ma quale fu la colpa terribile del più promettente discendente di Richard (per il quale era già pronto un destino radioso al Festspielhaus)? Molteplici e intollerabili per il Santo Uffizio wagneriano, che veglia da sempre sull’ortodossia ai dogmi imposti da Cosima. Innanzitutto la contestazione del verbo di Bayreuth (neue o alte che sia); poi il sacrosanto disgusto e imbarazzo per certe fotografie e filmini (trovati nella soffitta di Villa Wahnfried) dove papà, zio Wieland, le zie Friedelind e Verena, e nonna Winifred, andavano a braccetto con lo Zio Wolf o il suo ministro della propaganda; la volontà di affrontare una volta per tutte l’imbrazzante antisemitismo del bisnonno, di Cosima e di Winifred (che mai rinnegò il passato e restò orgogliosamente nazionalsocialista fino al 1980, quando passò a miglior vita); il proposito di estromettere dalla gestione del Festival le potenti società wagneriane (e il loro sottobosco di ex ufficiali delle SS, politici di dubbia provenienza e affaristi senza troppi scrupoli); il progetto di rinnovamento contenutistico e di apertura a tutto ciò che sta intorno a Wagner e dal quale fu fortemente ispirato (a cominciare da Meyerbeer e Mendelssohn, i giudei contro cui si scatenò la furia antisemita di Richard e consorte) con conseguente ridimensionamento della “unicità messianica” del compositore (baggianata che solo i più ottusi bidelli del Walhalla continuano a predicare) e ampliamento del canone di Bayreuth, comprendendo finalmente anche i lavori precedenti all’Olandese Volante (fondamentali per comprendere i debiti di Wagner con l’opera romantica weberiana e il grand-opéra). Crimini troppo grandi per la famiglia Wagner, a cominciare dal padre – Wolfgang di cui taluni oggi celebrano, ipocritamente, i presunti meriti, sottacendo, in perfetto stile wagneriano, i tanti lati oscuri – che lo scacciò dalla Collina, da Villa Whanfried, dagli onori del Festspielhaus. Rivelando così una ben misera umanità. Del resto le tradizioni familiari vanno sempre rispettate, ma Richard, almeno aveva il genio a bilanciare lo squallore della persona: i suoi discendenti, pur presentando gli stessi difetti, non vantano il medesimo dono.GLD
*****************
Parte II – Il Wagneriano
Quale sarà il futuro del Festival di Bayreuth dopo la morte di Wolfgang Wagner?
Già nel ’91 Nike Wagner, figlia orgogliosa dell’innovatore Wieland Wagner, drammaturga, scrittrice, critica storica e musicale, personalità intellettuale e pochissimo diplomatica, aveva esposto il non troppo larvato dubbio sulle reali capacità amministrative dello zio, arrivando a proporre il taglio alle sovvenzioni al Festival (60% da finanziamenti privati, il resto dalle casse del Governo Federale) fino a quando avesse gestito lui l’amministrazione del Teatro.
Tornò a dubitare delle capacità nuovamente nel biennio 2000-01 quando il CdA della Fondazione del Festival di Bayreuth, nata su preciso desiderio di Wolfgang nel ’74, iniziò a parlare della possibile, e insistita, sucessione.
Affiancata da Eva Wagner-Pasquier, figlia “esiliata” di Wolfgang e consulente presso il Met ed il Festival di Aix-en-Provence, Nike si fece nuovamente avanti, schernendo apertamente la contro proposta di Wolfgang, il quale negò alla nipote l’ambito soglio e scelse come suo successore l’ ambiziosa seconda moglie Gudrun, la quale, nell’ombra, amministrava il Festival facendo le veci del marito malato.
Ci pensò il CdA della fondazione a porre tempestivamente il veto sull’infausta proposta.
Nike intanto non rilasciò interviste al vetriolo in cui vedeva nelle dimissioni dello zio l’unica possibilità di una rinascita moderna del Festival, la cui innovazione negli ultimi 10 anni era risultata piatta, provinciale e pochissimo stimolante, augurandosi che la politica non tornasse ad inquinare la musica di Richard Wagner.
Se Eva decise di farsi momentaneamente da parte, Nike non demorse e se ne stette buona ad attendere il momento propizio per rifarsi avanti, magari nuovamente con Eva e con l’inedito l’appoggio di Gerard Mortier ex sovrintendente dell’Opera di Parigi, di Salisburgo, Bruxelles ed oggi della N.Y.City Opera.
Nel 2008 l’opportunità di un cambiamento: la perdita della moglie e la salute instabile convinsero Wolfgang Wagner a mettersi da parte e appoggiò apertamente la candidatura della figlia prediletta, la ventinovenne Katharina Wagner.
Eva, su pressioni del padre e del Ministro Thomas Goppel, si riappacificò con Katharina e la sostenne nella candidatura e di un programma che prevedeva: conferma del “Canone” delle 10 opere; invito a direttori come Barenboim (quanto brucia ancora la sua perdita!), Harnoncourt, Nagano e Rattle (la cui presenza, mai onorata, si favoleggia dal 2000); scelta del consulente musicale in Christian Thielemann; regie d’opera sospese tra tradizione e innovazione; internet per arrivare al pubblico a casa; riduzione delle opere di Richard Wagner per arrivare anche ad un pubblico infantile.
Nike dal canto suo fu più estrema e di rottura: ampliamento del “Canone” wagneriano anche alle prime tre opere giovanili; stagione festivaliera estesa a tutto l’anno; collaborazione con giovani compositori e artisti d’avanguardia per la creazione di nuove opere da rappresentare al Festival; modifica dell’acustica per rappresentare anche opere non wagneriane; apertura al mondo di internet, multimediale e giovanile per coinvolgere maggior pubblico.
Troppo forse per un CdA nel caos, con scelte probabilmente discutibili, più manageriali e artistiche, deboli dal punto di vista musicale atte a smitizzare l’aura di esclusività del Festival, ma sicuramente interessantissimo per la sua apertura ad altri stimoli al passo con i tempi..
Più tradizionale e cauta si dimostrò Katharina Wagner… ma il suo programma era già stato avviato, con tanto di contratti stipulati e stagioni future programmate fino al 2015, quindi la sua elezione appariva più che scontata, come difatti avvenne.
Nike, la quale ritenne l’elezione, giustamente, “strana”, preferì rifugiarsi a Weimar per gestire il Festival delle Arti (“Pèlerinage”) nato sotto il segno di Liszt, padre della sua bisnonna Cosima.
Insomma, la successione fu una battaglia tra tigri, un’Eva contro Eva all’ultimo programma e, come si sa, le donne della famiglia Wagner possiedono da sempre una grinta da Valchiria quando si tratta di gestione familiare o teatrale.
Lo scopo attuale di Katharina ed Eva sarebbe sulla carta quello di gettare le basi per un rinnovato “Stile di Bayreuth”, che avrà la sua connotazione definitiva entro il 2015.
Ma oggi, per quanto sia anacronistico parlare di “Stile di Bayreuth”, in cosa consiste questo marchio di fabbrica che tutto il mondo dovrebbe prendere a mo’ d’esempio?
Chi sono questi “specialisti” che cantano sulla verde collina nella maniera “giusta”?
La crisi del canto wagneriano è un triste dato, ormai consolidato, e Bayreuth è palese manifesto di tale mediocrità, che insiste nello spacciare per “Stile” un canto in cui non si colga, ad esempio, differenza alcuna tra Siegfried, Alberich e Mime (voce vibrata, emissione aperta e traballante, un fraseggio isterico se non “boccaccesco”, un timbro indefinibile, acuti indietro, canto in falsetto per le note in piano), oppure si accetti una Isolde più assimilabile ad una fanciulla-fiore corta, tremula, priva d’accento che ad una fiera ed innamorata principessa.
Certo, c’è sempre l’eccezione (la scelta dei bassi ad esempio), ma è un po’ poco per chi cerca un Wagner di riferimento.
Insomma, nel 2010, Wagner non abita, purtroppo, più a Bayreuth e il “wagnerismo” è ormai solo una questione di famiglia ben poco musicale e culturale… chissà, magari con Nike…
MB
Bravi!
Complimenti per entrambe le campane, che non suonano affatto stonate, ma in piena e perfetta armonia!
Non so quanto Gottfried potrebbe mutare il "trend" lunatico instaurato dal defunto Fafner, quel che è certo è che peggio di così Bayreuth non potrebbe andare!
Tout cela devient d'autant plus tragique que tous le monde sait combien il est difficile d'obtenir les tickets pour le festival. Le système entier de la distribution des tickets semble, de sa manière, renforcer cette crise artistique totale: la plupart des tickets vont dans les poches des gens qui ont ou bien hérité leur place grâce à la participation de leurs ancêtres aux différentes Sociétés de Wagner, sans avoir eux-mêmes un intérêt particulièrement concret en l'oeuvre wagnérienne, ou bien les places sont achetées par des personnes proventant de la classe riche et nouveau-riche, pour des raisons purement sociales (la présence au festival de Bayreuth étant considéré comme un signe de distinction sociale, non seulement en Allemagne). Ainsi, la majeure partie des gens véritablement intéressés par Wagner ainsi que les jeunes, restent dehors. Giuditta Pasta lui-même, ayant assisté au fesitval l'année dernière, peut constater non seulement qu'il n'y avait pas une seule personne qui aurait, comme lui, ressemblé à un étudiant (de musique ou quoique ce soit…), mais que les vrais wagnériens se trouvaient tous dans la queue d'attente devant la caisse, pour saisir les tickets qui seraient rendus avant la représentation.
Ainsi, la Pasta se trouvait dans la salle avec des touristes curieux, des magnats et d'autres espèces extra-mélomanes ou extra-wagnéromanes qui accueillaient avec la plus grande chaleur des artistes de nulle valeur comme Christian Frantz, Michele Breedt ou un chef-d'orchestre aussi médiocre que Sebastian Weigle.
Mais le plus grand problème de ce fesitval allemand parait consister en l'ambiance générale qui prévaut dans les opéras allemands: l'intérêt entier du public ainsi que des gens engagés dans la production opératique est complétement concentré sur la mise en scène; la qualité musicale de l'orchestre et surtout des chanteurs n'est que secondaire. Ainsi, comme le succès ou le fiasco d'un spéctacle dépend plutôt de la mise en scène que de la qualité vocale, on ne doit pas s'étonner qu'à Bayreuth aussi la qualité vocale soit tombée si bas. Bayreuth, encore une foism comme dans d'autres époques historiques de l'Allemagne politique et artistique, semble condenser en son état actuel tous les problèmes dont souffre le théâtre musical contemporain: 1. la maladie de la "Regie-Oper", 2. l'ignorance musicale du public, 3. abaissement de la qualité dans la préparation vocale des chanteurs.
Or, étant donné que ces trois problèmes soient entrecroisés, la voie (et, peut être aussi la voix…) pour en sortir parait d'autant plus obscure.
http://www.youtube.com/watch?v=DhFQXKwjqnA
Concordo assolutamente con la cara Giuditta!
Per quanto riguarda la direzione d'orchestra post-Sinopoli (perchè ritengo sia il 2001 l'anno della svolta tutta in negativo del festival) abbiamo avuto: Marc Albrecht per l'Olandese, che ha fatto della routine; Christian Thielemann per Parsifal (molto bello), Meistersinger (bellissimi), Tannhauser (fiacco) e Ring (straordibario); Antonio Pappano e Andrew Davis per Lohengrin (il primo puro cristallo nonostante qualche sbavatura, il secondo più serioso); Eiji Oue e Peter Schneider per Tristan und Isolde (gelido e impreparato il primo, routinier il secondo); Sebastian Weigle per i Meistersinger (grigi, fiacchi, noiosissimi); Adam Fischer per il Ring e Parsifal (una gelida poltiglia sonora in entrambi i casi); Pierre Boulez e Daniele Gatti in Parsifal (straordinario il primo, lento, ma nobile e teso il secondo).
Cioè, in 10 anni di Festival solo 4 direttori hanno saputo offrire delle direzioni degne di nota?
E Eschembach (confinato al solo Parsifal)? Tate? Mehta? Salonen? Barenboim? Mah…
I cantanti?
Olandese: Tomlinson (usuratissimo), Dugger (vocione, ma intonazione alla carlona), Ryhaanen (grossolano), Wottrich (orchesco e sfiatato).
Tannhauser: terribili Merbeth e Nemeth, mediocre Trekel, accettabile Gould, ottimo Youn.
Lohengrin: forse lo spettacolo più riuscito, l'unico che nel 2002 si alzò sopra la media (Seiffert, Schnitzer, Lafont, Watson, West, Trekel).
Tristan und Isolde: buona la Stemme, inconsistente la Theorin, sul filo del rasoio Dean Smith, mediocre la Breedt, accettabile la Lang, tremendi tutti i Kurwenal, bravi sia Youn che Holl.
Meistersinger: a parte Klaus Florian Vogt, leggero, ma educato, e Michael Volle, tutto il resto un disastro.
Ring: con Fischer da mettersi le mani nei capelli, nonostante con Sinopoli le cose fossero andate bene, ma buone le prove della Fujimura (Fricka), della Braun (Waltraute), Herlitzius (Brunnhilde, ma problematica e in debito di intonazione), Dean smith (siegmund) e Urmana (Sieglinde).
Ring: con Thielemann, un cast in cui emergono Youn e Koenig (i giganti e Hunding e Hagen), la Watson (Brunnhilde acidissima, ma sensibile e ad annate alterne), la Westbroek (Sieglinde), in parte Dohmen, Siegel e Bezuyen (Wotan, Mime e Loge) ed Edith Haller (Freia-Gutrune)… il resto da piangere.
Parsifal: con Boulez solo Holl e Wegner erano adatti ai loro ruoli, con Fischer si conferma Holl e si aggiunge la Herlitzius che però non replica la bella Kundry di S.Cecilia.
con Gatti in parte Ventris e il bravo Gurnemanz di Youn, e poi? Nulla più!
Bayreuth, il tempio, il teatro per cui si fanno guerre familiari che nemmeno a Beautiful da 10 anni è tutto qui???
Le regie:
conosco quella di Katharina Wagner del video dei Mestersinger, che accumula tante idee da perdere il filo della storia e l'identità dei personaggi.
Schlingensief per Parsifal, un bomabrdamento inutilmente provocatorio; Claus Guth per Olandese volante con una idea interessantissima, ma chiusa nella solita ripetitiva casa con scalea e sdoppiamento dei personaggi; Tristan di Martahler, gelida borghesia chiusa nella solita casa; Arlaud che fa appaga l'occhio con le decorazioni per Tannhauser; Keith Warner azzecca la regia di Lohengrin; Flimm e Dorst non trovano una chiave di lettura per i loro Ring; e Herheim pare abbia trovato una chiave di lettura "storica" per il suo Parsifal…
Wow, due-tre regie intelligenti in 10 anni, e tutto il resto annegato nelle contestazioni!?
Mariandel,
per quanto riguarda la direzione di Thielemann, diro che anche nel caso del suo Ring erano solo il Siegfried e Götterdämmerung che mi hanno piacuto. Niente di particolarmente memorabile nel Rheingold e Walküre.
A proposito di Stemme si debbe forse dire ch e decisamente meglio della Theorin, ma anche la Stemme trovo troppo fredda, senza legato, assai ingolata (ho ascoltato la sua Salome a Barcelona, nulla di straordinario).
Klaus Florian Vogt ha una bella voce potente, ma canta come un computer.
Mi ha molto piacuta Westbroek nel primo atto di Walküre, ma, poiche non sa come distribuire la sua energia e fa troppo pressione sul aspetto emotivo, era gia stanca nel secondo atto e litteralmente esausta nel terzo. Wottrich – era a la fine gia nel mezzo del duetto del primo atto…
Robert Holl trovo un artista assai noioso. Ho ascoltato il suo Sachs e Marke. C'e la voce, grande e calda (benche non senza problemi d intonazione), ma non riesce giammai di essere interessante.
Due cantanti chi parevano volere a tutti i costi risparmiare i sue voci erano Fujimura e König. Questo e una cosa che mi delude molto. C e la voce, ma l artista non vuole darla… E triste, perche ci sono gia troppo pochi cantanti chi hanno qualcosa a dare… In modo particolare nel questo festival…
Per quanto riguarda i reigsti: Dorst e una nullita… Katharina sembra godersi delle "buuh" che achetta ogni volta del publico. Esce sul palco dopo ogni rapresentazione degli Meistersinger. C e un masochismo incredibile. L'ho fischiato e buato di tutta forza, perche vedevo che amava essere buata…
Eppure, ci aveva idei interessanti chi avrebbe potuto rapresentare una certa "Kulturkritik" della tradizione tedesca, del patrimonio letterario-musicale-filosofico tedesco se non aveva voluto fare solamente un scandalo e un gioco volgare.
Il unico regista chi mi ha sembrato avere una idea chiara di quello che voleva fare (je sais que c'est faux grammaticalement!) era Hehrheim. Il suo Parsifal, benche troppo politico, come tanti interpretazioni di Wagner, dimostra una concezione omogenea. Di punto di vista visuale e un spettacolo magnifico a vedere. Colori caldi e sensuali. Ma.. ci mette troppi idei; circolava anche un libro dove Hehrheim esplicava tutti i connotazioni e contesti e intertesti (anche il piccolo filosofo Pasta s'e trovato un poco perduto negla giungla concettuale…). Il risulto finale e tuttavia stato un po ridondente…
Cara Marianne, sono intervenuto ancora una volta solamente per aggiungere che forse anche i artisti che tu ricordi in maniera positiva non riescono di creacre una continuita nei suoi esecuzioni, tutto resta sempre un poco precario, fragile, non ci sente una garanzia, una stabilita capace di assicurare un vero alto livello….
Cara Judy, grazie per la tua testimonianza come sempre utile e ricchissima di spunti.
Marianne Brandt
Credo che il grande merito di Wolfgang Wagner sia consistito nella capacità di far sopravvivere il Festival dopo il disastro bellico, quando addirittura alcuni nemmeno volevano consentirne la riapertura;tutto ciò a prescindere dal ruolo da Wolfgang avuto nello scellerato Ring di Boulez-Chereàu. Io sono onorato di far parte della schiera dei "bidelli del Walhalla"(ammesso che esistano)e vorrei ricordare a tutti che in parte il decadimento attuale del Festspielhaus dipende anche dall'aver voluto in tutti i modi "desacralizzare" quello che per moltissimi è e resterà sempre un luogo di culto per la Musica. Quanto a Gottfried, il suo comportamento volutamente polemico e di rifiuto del patrimonio di civiltà e cultura di Bayreuth(perchè il mondo di Wagner comprende oltre all'antisemitismo ben altro!)lo hanno confinato in una posizione nella quale tutto sommato è bene rimanga per sempre. vada pure-come nel 1998-nei centri sociali milanesi a bofonchiare i suoi compendi sulla Gotterdammerung; di una persona come lui non c'è bisogno e non se ne sente la mancanza. Credo inoltre che il miglior atteggiamento nei confronti della questione antisemitismo sia quello di Barenboim, che propone Wagner anche in Israele; la forza della musica di Wagner può cancellare tutte le brutture di un passato dal quale la Germania ha il sacrosanto diritto di sentirsi ormai libera. "La Musica è un'arte sacra" (Ariadne auf Naxos).Trattiamola come tale.Sempre.Grazie a Dio sono wagneriano(ma NON ufficiale delle SS o sterminatore di ebrei!).
Un saluto a tutti coloro che sono intervenuti.