E’ il melomane da bar, analogo all’appassionato di calcio che abitualmente popola i caffè e le taverne. Quello secondo il quale un giocatore, sempre il medesimo, è il miglior attaccante, il più spettacolare goleador, il più solido difensore e forse anche il più affidabile portiere. Il tutto contemporaneamente, magari alla faccia di quel rincitrullito dell’allenatore, che si ostina a tenerlo in panchina.
Il melomane di siffatta genia ama molto i bar e volentieri s’intrattiene con l’umanità che li popola. Naturalmente segue la moda, in questo come in molti altri campi, e quindi sarà più facile imbattersi in lui nei bar ossia foyer virtuali, piuttosto che in quelli reali, concreti e fisici. Anche perché andare a teatro non è certo la massima delle sue aspirazioni. Ha di meglio da fare, ad esempio spolverare i cimeli, sempre numerosissimi e assai ingombranti, dell’idolatrato astro e magari produrne di nuovi. Polverosi anch’essi.
Il monomelomane si distingue dal melomane “comune” perché:
a) non sa, non vuole e non riesce a parlare di altro che non sia l’oggetto della sua passione. L’universo mondo e il giro delle umane vicende hanno come fulcro la dolcissima effigie del divo prediletto e, in subordine, quella del suo sommo sacerdote, che sarebbe poi il monomelomane medesimo. Qualunque cosa esistita prima o dopo, se non direttamente o indirettamente riconducibile al culto, è priva di senso e assolutamente superflua;
b) ritiene che l’oggetto della sua ammirazione sia non solo infallibile, ma capace di migliorare, per il fatto stesso di eseguirla, la musica che affronta. Il tutto, ovviamente, senza che il melomane si prenda il disturbo di aprire lo spartito, onde verificare la fondatezza delle proprie impressioni. Nella malaugurata ipotesi che lo spartito dovesse contraddirle, occorre rifarsi senza indugio alla voce precedente;
c) giudica inconcepibile, e se concepibile, mero frutto di pregiudizio, ignoranza e ottusità, il fatto che possano non levarsi, da parte di terze persone, i medesimi incensi e le identiche lodi alla perfezione dell’idolo. Un giudizio articolato è l’anticamera della bestemmia, ma il monomelomane vigila ed è pronto ad estirpare l’eresia con le unghie e con i denti.
Dalla monomelomania si può guarire in un solo modo: ampliando le proprie conoscenze, meditando sui testi letterari e musicali, confrontando e comparando esecuzioni e interpretazioni di ogni genere, tenendo sempre presente che la perfezione, per quanto strenuamente la si possa desiderare e bramare, non è di questo mondo.
Chiaro che ci sono, sempre, le eccezioni!!! Limitate a un repertorio, però, e non estese a coprire, a mo’ di enciclopedia o bignami, l’intera produzione musicale dell’Occidente.
Il melomane di siffatta genia ama molto i bar e volentieri s’intrattiene con l’umanità che li popola. Naturalmente segue la moda, in questo come in molti altri campi, e quindi sarà più facile imbattersi in lui nei bar ossia foyer virtuali, piuttosto che in quelli reali, concreti e fisici. Anche perché andare a teatro non è certo la massima delle sue aspirazioni. Ha di meglio da fare, ad esempio spolverare i cimeli, sempre numerosissimi e assai ingombranti, dell’idolatrato astro e magari produrne di nuovi. Polverosi anch’essi.
Il monomelomane si distingue dal melomane “comune” perché:
a) non sa, non vuole e non riesce a parlare di altro che non sia l’oggetto della sua passione. L’universo mondo e il giro delle umane vicende hanno come fulcro la dolcissima effigie del divo prediletto e, in subordine, quella del suo sommo sacerdote, che sarebbe poi il monomelomane medesimo. Qualunque cosa esistita prima o dopo, se non direttamente o indirettamente riconducibile al culto, è priva di senso e assolutamente superflua;
b) ritiene che l’oggetto della sua ammirazione sia non solo infallibile, ma capace di migliorare, per il fatto stesso di eseguirla, la musica che affronta. Il tutto, ovviamente, senza che il melomane si prenda il disturbo di aprire lo spartito, onde verificare la fondatezza delle proprie impressioni. Nella malaugurata ipotesi che lo spartito dovesse contraddirle, occorre rifarsi senza indugio alla voce precedente;
c) giudica inconcepibile, e se concepibile, mero frutto di pregiudizio, ignoranza e ottusità, il fatto che possano non levarsi, da parte di terze persone, i medesimi incensi e le identiche lodi alla perfezione dell’idolo. Un giudizio articolato è l’anticamera della bestemmia, ma il monomelomane vigila ed è pronto ad estirpare l’eresia con le unghie e con i denti.
Dalla monomelomania si può guarire in un solo modo: ampliando le proprie conoscenze, meditando sui testi letterari e musicali, confrontando e comparando esecuzioni e interpretazioni di ogni genere, tenendo sempre presente che la perfezione, per quanto strenuamente la si possa desiderare e bramare, non è di questo mondo.
Chiaro che ci sono, sempre, le eccezioni!!! Limitate a un repertorio, però, e non estese a coprire, a mo’ di enciclopedia o bignami, l’intera produzione musicale dell’Occidente.
caro tamburini, però il nostro o nostra monomelomane normalmente è un ossessivo compulsivo e rifiuta le cure sul presupposto di essere sano ed integro di mente ed intelletto
io ho l'impressione tamburini che lei si riferisce a certi critici e o ai fanatici di un artista (cantante o direttore magari per dirne uno..che dirigeva alla scala qualche anno fa)o magari a degli inconpetenti che fanno i saputelli,ai vedovi o vedove che nella storia dell'opera ha cantato bene solo il suo o sua beniamina ecc ecc.
io sono stato un monomelomane, ero affetto da callassite acuta, non riuscivo ad ascoltare altro che la maria, perché era grazie alla sua voce che mi ero avvicinato alla musica operistica. quando mi parlavano di altri cantanti non riuscivo ad ascoltarli ed apprezzarli. dopodiché, grazie anche a questo blog (è un merito che vi accordo di cuore) ho cominciato ad aprire le orecchie, e a spaziare (anche se, non nego, ci sono ancora cose che non apprezzo col sentimento ma solo con la testa: non mi piace, ad esempio, il timbro della sutherland, e spesso le sue interpretazioni non mi emozionano molto). tornando poi a vecchi dischi della meneghini, ora mi sembrano inascoltabili! meraviglia del poter cambiare idea!:-)
Pasquale: in realtà i monomelomani possono essere devoti non solo di un cantante o di un direttore, ma anche di un regista, che essi elevano al rango di coautore (come minimo) delle opere da lui messe in scena.
Ciao! Molto carino il pezzo sul monomelomane. Aggiungerei un dato importante, forse appena sfiorato nell'articolo: il monomelomane ama soprattutto i DIFETTI del proprio beniamino, più che i pregi. Questo fa la differenza.
Enrico: ma questo presuppone che i monomelomani siano capaci di distinguere pregi e difetti dei loro dei o semidei. La loro è in realtà una devozione quasi infantile, tanto è vero che alle critiche spesso rispondono con la formula "non volete bene a XYZ". Come suole rispondere un mio amico e collega: "non è mica mia sorella!".
Vero anche questo. Il monomelomane è sordo, cieco e purtroppo…non muto. Premesso che anch'io sono spesso così.
…..e talora scrive pure libri!
cara Donna Giulia, quello non è un libro, ma un breviario… un "manuale" di devozione…. e poi aggiungerei che il "monomelomane", ha un disprezzo congenito per chiunque osi eseguire lo stesso repertorio dell'idolo amato… e ne abbiamo di tali esempi purtroppo.. saluti Maometto II
Non so se sono un monomelomane . Forse lo sono stato un tempo. Anch'io ho amato la Callas (ho sempre avuto però anche qualche esitazione a chiamarla Maria)e la amo ancora. Perchè sono stato giovane (giovanissimo) con lei, perchè lei mi ha fatto scoprire un mondo, perchè oltre all'opera amavo il teatro e in lei trovavo fuse le due cose. Però credo anche di non essermi mai fermato solo a lei: in realtà i callasiani puri (e ho sempre fatto polemica con loro) secondo me non amavano l'opera, amavano la Callas che faceva l'opera. Io credo (spero)ho sempre cercato di ribellarmi a tutto ciò. Per me (ragazzo senza istruzione, facevo l'operaio) l'opera era un modo per entrare nella Cultura, per scoprire dei mondi, delle società, dei modi di pensare. La Callas per quanto riguardava ad esempio il melodramma romantico rispondeva (e risponde ancora secondo me) a quei requisiti. Certo, ora col passare degli anni molte cose si sono chiarite, definite meglio, anche lei rimane figlia del suo tempo, però io credo che in quegli anni lei sia stata un'inezione salutare nel corpo stantio del teatro d'opera (soprattutto italiano). Secondo me (e qui forse la dico troppo grossa) lei ha portato l'incoscio e le nevrosi moderne nel corpo del melodramma, ha portato le ombre, le inquetudini, i fantasmi,la psicanalisi, ha messo in dubbio certezze (e per questo è stata anche molto odiata). La sua tecnica di belcantista poi è sicuramente discutibile e non certo priva di limiti se messa a confronto, ad esempio con quella di una Surtherland, però il suo rigore, la sua intensità nel creare certi personaggi anche agli antipodi (Norma e Sonnambula per chi vuole capire sono li da sentire, ne sono il paradigna) sono stati elementi portanti della rivoluzione del modo di vedere e interpretare l'opera nel 900.
Per tutto questo mi dispiace leggere che Germont, dopo essere stato un accanito callasiano, ora dichiari di non poterla sopportare. Personalmente io ora l'ascolto poco:ritengo che sia un fatto storico e che tutto quello che poteva darmi me l'ha dato. Continuo però a pensare che nelle sue cose più riuscite (non in tutte certo) sia stata una grandissima cantante, soprattutto una cantante unica e non comparabile con nessun'altra venuta dopo (anche più brava). Pensiamo a quante vittime ha fatto il "dopo Callas" tra quelle che hanno voluto imitarla, rovinandosi coì la voce. La Callas è stata unica, nel bene e nel male.I suoi "colori"(tanto detestati da alcuni) erano solo suoi non imitabili e chi ha tentato di farlo si è rovinata. Ai miei amici callasiani che si ostinano a coltivarne il mito comparandola con altre cantanti.."Si, però la Maria…", dico sempre che la Callas è stata una specie di "incidente di percorso" e che bisogna andare avanti..Certo dopo di lei ci sono state, secondo me, altre grandissime e grandissimi che ho amato e ammirato…ora però è il deserto.
Germont, ripensaci!!!
Saluti cari da uno che si sforza (magari senza riuscirci) di non essere un monomelomane
Antonio
Si sono io però oltre alla Montse di cui mi pregio di avere scritto l'unico libro in italiano sono affetto da monomelomania anche verso Sutherland e Callas e Scotto tra i soprani, Horne e Cossoto tra i mezzi, Domingo, Pavarotti e Bergonzi tra i tenori, Ghiaurov e Raimondi tra i bassi e Milnes e Cappuccilli tra i baritoni quindi più che un monomelomane più semplicemente mi piacciono o più bravi del dopo-guerra e lascio agli altri l'elogio o il disprego delle mezze-calze, con affetto stecca
hihihi, grisi viperina:-)
Ghiaurov uno dei più "bravi" bassi del dopoguerra? Un…tubo! (in tutti i sensi).
p.s.
Valga come esempio il suo tremendo conte Rodolfo nella Sonnambula di Bonynge. Per non parlare di gran parte dei live della Scala, dove venne scritturato indefessamente finché la voce non si ridusse al parlato più greve…
Chiedo : qual è la differenza tra "vedovanza" e "melomonomanìa"?
Antonio da come scrivi tu non sei stato e non sei un monomelomane perche non ti sei fermato alla Callas,ma ti sei guardato intorno,come hai ben scritto.
Invece sono sorpreso da Stecca avrei detto un perfetto monomelomane dato che metta la "sua" Montse da tutte le parti,come il classico prezzemolo,invece scopro che è "polimelomane"
@Tripsinogeno: Sono d'accordo. A parte i primissimi anni di Ghiaurov fuori dai paesi dell'allora "est" il resto è un terribile urlo sgraziato e indomato.
Forse quello che colpiva era il suono che riempiva i teatri per i direttori d'orchestra di allora che erano i primi a iniziare la "mahlerizzazione" delle partiture.
Comunque, per me (e dico PER ME…), il grande canto finisce fine anni '60 che già si scoprono le scuole di canto diverse e i "nuovi" cantanti di allora con tecnica falsificata o inventata ruolo per ruolo, anno per anno.
Ho discusso a lungo con "scattare" che ha delle idee interesantissime su tutto ciò, ma si rifiuta di entrare in discorsi o di scrivere sul soggetto… forse più per umiltà che per timidezza.
Ammetto, comunque, ogni tanto soffrire di questa malattia di "monomelomania" e direi che non esiste una cura, se non leggere il Corriere della Grisi almeno per avere dei confronti decenti o argomentazioni intelligenti!
Mai giudicare dalle apparenze cari grisini….aggiungerei anche Blake e Merritt cmq e la Price in disco (perchè live ahimè mi mancò)
Concordo con Antonio… Complimenti per il post… Davvero "sentito"!!!
MAI mi sognerei di dire che detesto la Callas… caro antonio mi devi aver frainteso:-)ci sono dischi inarrivabili (medea, norma, lucia, anche sonnambula, puritani, traviata, trovatore) ma ad esempio, come si diceva, nel tardo verdi non mi piace, e ci sono cantanti migliori anche in puccini. volevo solo dire che rispetto a prima l'ho ridimensionata, ma non mi sognerei certo di toglierle l'importanza che merita:-)
Devo dire che io, invece, sono molto freddo nei confronti della Callas. Più la ascolto più non mi entusiasma: per ogni ruolo che ha interpretato trovo vi sia sempre qualcuna che l'ha interpretato assai meglio. Poi di tutto quel che ha inciso solo una piccola parte è notevole: molto poteva risparmiarcelo (da Rosina ad Aida, da Gilda alla Forza, a Mimì). E poi la Callas su cui si è costruito il mito vedovile è la Callas meno interessante, quella scaligera, quella dell'inizio della decadenza, quella della sciagurata accoppiata con Di Stefano. Dischi inarrivabili? Mi spiace, ma non ne trovo neppure uno: non lo è la sua Norma o la sua Sonnambula o la sua Lucia (inarrivabili sono le interpretazioni della Sutherland), non lo è neppure la sua Tosca. E pure Medea: la Callas canta un guazzabuglio musicale che solo in minima parte è di Cherubini, ovunque tagliato e riarrangiato con recitativi spuri e di 50 anni più tardi (ridicole ed esemplificative, in tal senso, le stesse dichiarazioni della Callas, che con sicumera affermava come le parti più interessanti e conplesse dell'opera di Cherubini fossero proprio i recitativi….). Insomma, ritengo che prima, dopo e durante la Callas ci fossero soprani ben più interessanti che, privi di un'inutile e a volte grottesca mitizzazione, hanno reso un servizio egualmente importante alla musica che si sono trovati ad interpretare. La Callas resta essenzialmente un fenomeno storico, grazie a lei è stata riscoperta una certa vocalità, ma da qui a sostenere che tutto ciò che ha cantato sia oro puro, ce ne corre…
A dire il vero io non parlavo del libro di Stecca…..che forse si è molto immedesiimato nella parte del monomelomane.
Però caro Stecca, una cosa voglio dirtela: ma chi c'è di più esperto in fatto di apparenze di un fan di Montserrat????
Ringrazio Velluti per l'apprezzamento ma soprattutto per aver "capito" cosa realmente intendevo esprimere.
Sapete io sono un pò intimidito dalla competenza dei gestori di questo blog. Io non ho tutta questa scienza, non conosco la musica e non so niente di passaggio di registro e di intervalli di quinta. Quello che so ho cercato di impararlo negli anni leggendo molta saggistica, sui musicisti ma anche sugli stili, le epoche, la letteratura. In questo senso per me sono stati fondamentali i critici che venivano fuori in quegli anni del dopo Callas, primo fra tutti Celletti, ma anche i minori (quelli radiofonici ad esempio: qualcuno di voi si ricorda Franco Soprano?) e poi Gualerzi e compagni, oltre naturalmente Fedele D'amico e altri, fino anche a Giudici (perchè no?, nonostante i suoi isterismi e le sue idiosincrasie.) Tra tutti questi ho cercato di farmi delle mie idee. Ho litigato (come tutti) per questo e per quello, ho discusso, ma in tutto questo ho cercato di metterci l'amore per il teatro d'opera come Cultura. Le regie per esempio, che allora cominciavano ad essere importanti, talvolta illuminanti: Visconti, ovviamente,ma anche Zeffirelli (quello di una volta, non il reazionario di adesso) quello giovane e pieno di idee (ma qualcuno ricorda la bellezza della sua prima Aida alla Scala con Price e scene della De Nobili?) Ora sembra cosa vecchia, ma allora era qualcosa di nuovo e illuminante. Fino ovviamente a Strelher. Ora certo siamo in un periodo di grave decadenza. O forse sono io che mi esprimo come i vecchi di una volta (quando andavo alla Scala i primi anni) "Ah, la Toti…Ah Gigli…Ah Toscanini…loro si..adesso non c'è niente".C'era una vecchia signora in loggione che a me stava simpaticissima perchè odiava la Callas in modo viscerale e, pensate, della Cossotto diceva "L'è una vus quela lì? La par un campanel. Te voret met la Ebe!"…Sublime! Quella era passione! Ovviamente era una donna del popolo che tutte le sere era nelle gallerie e si esprimeva in milanese.
Ma basta coi ricordi. Ogni epoca ha il teatro adatto alle esigenze della società che lo esprime (vorrei dire "che si merita" ma mi sembrerebbe presuntuoso…). Chissà che non abbiano ragione "quelli" di adesso e che noi non siamo che come quei vecchi delle mia giovinezza?
Saluti a tutti,
Antonio
Bene, ora che avete formulato questa brillantissima auto-diagnosi, procedete con la cura! 😉
Cura, secondo me, non esiste. Si resta allegramente malati. Si può, tutt'al più, valutare il grado della malattia e via via aggiungere o cambiare qualche medicinale…per lo più…omeopatico.
…a volte il tempo fa miracoli, però!
a volte,invece, no.
beh devo confessare che anchio sono stato monomelomane,quando ero ragazzino mi piaceva tanto ascoltare Anna Moffo,se mi sono avvicinato al mondo dell'opera,e grazie a lei,però poi questa monomelomania e passata quando ho ascoltato Magda Olivero,e con lei la Tebaldi,e tanti altri,quindi una monomelomania durata poco
La Callas certo che a me piace,e continua a piacermi col suo timbro strano,ma inconfondibile,Duprez grazie a lei dici si è riscoperta una certa vocalità,certo,come ha riportato alla luce opere ormai fuori repertorio da decenni.Se nel blog avevate aperto una serie di post "prima e dopo la Callas" questo vuol dire che la Callas è stato uno spartiacque tra due concezioni di cantare.Anche la Callas come la Olivero nel cantare cercava l'intepretazione,e fin quando la voce l'ha sorretta c'è riuscita,sono convinto che se non avesse conosciuto quel greco pieno di soldi,avrebbe dato ancora di più al mondo dell opera.
Caro Stecca, qui molti ti prendono in giro(mi pare) per la tua passione per la Caballé. Ebbene voglio dirti che anch'io ho amato molto questa cantante e l'ho trovata una delle più importanti e significative del dopo-callas. Questo però non mi ha impedito, negli anni della sua carriera, di indignarmi, a volte, per la sua scarsa professionalità. Ricordo un'Aida alla Scala dove raramente ha pronunciato una consonante (cosa che le capitava molto spesso, soprattutto dalla seconda metà degli anni 70, quando la voce cominciava ad essere usurata)e dove addirittura non si ricordava le parole ed eseguiva puri suoni. Eppure la sua Aida discografica (Muti direttore) io la trovo bellissima. Ma purtroppo la Signora molte volte era una cialtrona. E l'incisione del Turco in Italia? Che cosa mi dici di quell'orrore dove non pronuncia non dico le consonanti ma le intere parole, limitandosi ad emettere suoni in una poltiglia indistinta. E di questi esempi se ne potrebbero fare moltissimi…La signora amava molto i soldi, secondo me, e se ne sbatteva della professionalità..Nonostante questo io continuo a considerarla una cantante storica, i suoi due recital, Rarità rossiniane e Rarità verdiane,per me rimangono memorabili e soprattutto (secondo me)hanno aperto mondi di bellezza e di cultura. Chi c'è oggi che possa eguagliare simile sapienza vocale? Gli ultimi grandi sono stati gli artisti del Rossini Festival degli anni 80. Blake, Merritt (nonostante qualche stonata) e in testa a tutti Ramey!
Saluti cari (posso dirlo?)a tutti.
Antonio
caro duprez, esprimevo un gusto personale, e, sempore personalmente trovo i dischi di cui sopra ,olto validi (medea, norma, lucia, sonnambula, ecc.). poi è chiaro trovo ci siano altri dischi altrettanto interessanti: puritani e lucia della sills, ad esempio, ma ciò non toglie valore alle incisioni callas.
Ma senza dubbio Germont, pure io esprimo un parere. Riconosco – e ci mancherebbe – la grandezza della Callas, soprattutto l'importanza storica, ma non riesce ad entusiasmarmi come una Sutherlnd, ad esempio. Devo dire che neppure apprezzo particolarmente le versioni callasiane di Norma o di Medea (mentre la Sonnambula con Valletti e diretta da Bernstein resta splendida). Così come Tosca o Lucia. Almeno negli anni scaligeri. Preferisco la Callas della Norma londinese diretta da Gui o quella davvero straordinaria dei Vespri fiorentini.
Io poi credo che ci sia mono e mona nel senso che finchè uno è fanatico di una Callas o di un asutherland o di una Caballé va ancora bene aldilà dei gusti, certo se invece uno mi dice che l'unica cantante meritevole è una mezza-calza il discorso cambia e non di poco, quindi come spesso nella vita: dipende…
Ah Antonio lo so che mi prendono in giro ma fanno bene sono miei amici sia stefano che laura e poi ne capiscono quindi da loro e da altri lo accetto di buon grado