L’edizione critica riporta infatti nelle note riguardanti l’aria della lezione quanto segue :
Rossini scrive : “Segue Aria Rosina” e sotto :“ Dovunque si desse quest’opera è Pregato il Sig. copista dopo l’”incominciamo” segnare il segno X sopra indicato. Rossini”. Indicazione dopo la prima romana a dimostrare come sin dalle primissime repliche dell’opera Rossini accettasse l’eventualità di sostituire l’aria della lezione originale con altra. Ancora una prova della cedevolezza rossiniana che può e va considerata nel quadro delle trasformazioni subite dal Barbiere col passaggio della protagonista da mezzosoprano a soprano. Difatti nei libretti successivi a quello romano del ’16 al posto del testo originale se ne trovano altri :
L 1817 Caro bene in tale istante Più non regge questo cor
L 1819 Perché non può calmar Amore il mio dolor
L 1820 Oggetto amabile
Vale solo la pena di accennare alle usanze di tempi non lontani quando soprani più o meno celebri usavano gorgheggiare, al posto di quest’aria, le più assurde contaminazioni, atte solo a spezzare nel migliore dei casi, l’unità musicale e teatrale dell’opera. Oggi rinunciare all’originale rossiniano è impensabile dovendosi anche rispettare il necessario contrasto fra quest’aria composta nello “stile nuovo” e la successiva di Don Bartolo per esaltare lo “stile vecchio” in polemica opposizione. Si aggiunga ancora l’importanza del testo, così pertinente all’azione scenica, specie nella parte centrale dove Rosina si rivolge all’amato con supplice fiducia : uno dei rari momenti “amorosi” dell’opera. L’aria originale risente tuttavia in misura notevole gli svantaggi della trasposizione del ruolo da mezzosoprano a soprano. Per un soprano coloratura l’originale in Re maggiore presenta difficoltà notevoli. La tradizione consiglia in questo caso di spostare l’aria di una terza minore sopra, in Fa maggiore. Quando il trasporto non fosse gradito si suggeriscono alcuni tradizionali adattamenti che possono semplificare il compito al soprano.
Ridurre la tradizione della sostituzione di “Contro un cor” alla cedevolezza di Rossini verso le primedonne della sua epoca e al passaggio di Rosina dal registro mezzosopranile a quello di soprano appare piuttosto riduttivo. Non solo perché le prime sostituzioni furono praticamente adottate da subito nella storia dell’opera, quanto perché le prime modifiche, coeve alle prime rappresentazioni, furono attuate per voce di mezzosoprano e molto prima dell’avvento del cosiddetto soprano coloratura addirittura come categoria vocale. Rossini stesso scrisse una nuova aria già alcuni mesi dopo la prima romana, in occasione della ripresa bolognese dello stesso anno su richiesta del mezzosoprano Geltrude Righetti-Giorgi, prima interprete del ruolo, che in quell’occasione si appropriò anche del Rondò di Almaviva (poi trasformato nel finale di Cenerentola sempre per la Righetti-Giorgi). L’aria che Rossini scrisse per l’occasione, “La mia pace, la mia calma”, è di minore durata rispetto all’originale “Contro un cor”, è ugualmente tripartita con identica sezione centrale e non certo di minore virtuosismo, assestandosi su una tessitura meno grave ma incline agli sbalzi di tessitura da frasi basse ai vocalizzi in zona acuta.
Direi, ma correva l’anno 1968 e certe costanti prassi esecutive del melodramma, non solo rossiniano ma anche di Donizetti e Verdi, non erano ancora conosciute e se lo erano , venivano stigmatizzate come vizi e vezzi di primedonne e primi uomini, che la sostituzione dell’aria faceva parte di una normale prassi del tempo. Nel correre di questi quarant’anni abbiamo poi scoperto che Giuditta Pasta, interprete sublime del Tancredi cantasse ben poco di quello che l’edizione critica ci ha detto essere il Tancredi di Rossini.
E in questi quarant’anni abbiamo imparato che l’arbitrio della sostituzione non è affatto ascrivibile ai soprani di coloratura. Geltrude Righetti-Giorgi era un mezzo acuto come lo erano a Pasta e la Malibran, Marietta Alboni un contralto, la Sontag un soprano assoluto e tutte indistintamente mettevano quel che più aggradava nella scena della lezione.
Vale assai più del’opinione di Zedda quella di Stendhal perché il pubblico moderno comprenda in che tipo di tradizione esecutiva venissero fin da subito eseguite queste modifiche all’opera. Testimonianza di come la sostituzione dell’aria della lezione venisse recepita all’epoca del compositore ci viene dalla “Vita di Rossini” scritta da Stendhal, che scrive a proposito della Scena della Lezione:
In Italia si canta, per la lezione di musica di Rosina, quest’aria deliziosa che ha la disgrazia di essere troppo nota: La biondina in gondoleta.
Vi sarebbero mille cose da dire sullo stile della musica veneziana; sarebbe un libro nel libro. Equivale, in pittura, allo stile del Parmigianino contrapposto a quello calmo e severo del Domenichino o del Poussin; questa musica è come l’eco indebolita della felicità voluttuosa che si godeva a Venezia verso il 1760.
E ancora:
In un teatro ben diretto, Rosina dovrebbe cambiare l’aria della sua lezione ogni due o tre rappresentazioni. A Parigi la signora Fodor, che peraltro cantava questa parte in modo stupendo, e come prabilmente non è mai stata cantata, ci dava sempre l’aria del Tancredi “Di tanti palpiti”, arrangiata in contraddanza, il che deliziava tutte le teste imparruccate dell’epoca. Mentr’ella cantava, si vedevano tutte le teste incipriate agitarsi ritmicamente nella sala.
Quanto al genere degli inserimenti ne comprendiamo la tipologia proprio a partire dalla prima Rosina. Tralasciamo l’aria autentica di Rossini “ La mia pace la mia calma” di dimensioni più ridotte rispetto all’originale “Contro un cor” di cui abbiamo detto sopra, Geltrude Righetti Giorgi inseriva ora la cavatina dei palpiti del Tancredi ora le variazioni della “Biondina in gondoleta”.
L’aggiunta di questi due brani rappresentò all’epoca di Rossini una vera e propria tradizione riconducibile alla grande popolarità di entrambe le arie. Anche Maria Malibran, per esempio, Rosina nell’esecuzione milanese nel 1835, cantava Di tanti palpiti al posto dell’originale brano rossiniano.
“La biondina in gondoleta” ebbe grande popolarità all’inizio dell’800. Questo testo, scritto in onore di una celebre nobildonna veneziana, ebbe poi l’onore di essere trasposto in musica da Reynaldo Hahn, da Giovanni Simone Mayr e persino da Ludwig van Beethoven. La composizione di Mayr fu probabilmente quella che più di tutte incontrò il favore delle primedonne, in ispecie di quelle interpreti del ruolo di Rosina, ovvio che l’esecuzione fosse poi quella delle “variazioni sul tema”.
Non solo, ma grande popolarità come aria della lezione ebbero anche nella metà dell’800 le variazioni del violinista e compositore Pierre Rode, che scrisse un tema e variazioni per Henriette Sontag: le variazioni sull’aria di Paisiello “Nel cor più non mi sento”. Variazioni nate dapprima come brani per violino e di cui le primedonne si invaghirono subito inserendole come Scena della Lezione nel Barbiere. Oltre alla Sontag anche Giuditta Grisi e l’ultima allieva di Rossini Marietta Alboni amavano inserire le variazioni di Rode.
Molte furono però le primedonne che scrissero le loro personali variazioni su Nel cor più non mi sento, come Angelica Catalani, Maria Malibran e Barbara Marchisio (e forse anche la sorella Carlotta, atteso che entrambe cantarono Rosina) che provvide con personalissime variazioni su brani come “Nel cor più non mi sento”, con un fantasmagorico finale in tempo di polka.
La tradizione e la moda di improvvisare virtuosistiche variazioni su temi ci porta a parlare di un altro celebre contralto rossiniano, Adelaide Borghi Mamo, che inseriva le variazioni della famosissima canzone “Santa Lucia” di Cottrau.
La seconda metà dell’ottocento per quanto ci è stato possibile documentare porta ad un ampliamento degli inserimenti della scena della lezione.
E se Pauline Viardot-Garcia amava inserire un brano di zarzuela, probabilmente La Calesera, la grande “rivoluzione” della scena della lezione è documentata ad opera di Adeina Patti. Per la cronaca anche lei inseriva La Calesera. Inserimento documentato a Parigi nel 1867, occasione in cui Rossini, dopo le critiche alle eccessive varizioni esibite dalla Patti nella cavatina di Rosina, ebbe modo di definire la Rosina della Patti come “adorabile”.
Adelina Patti amava dire che le ragioni per cui prediligeva il ruolo di Rosina erano la vivacità dell’azione drammatica e del carattere del personaggio e, soprattutto, la possibilità di sbizzarrirsi nell’aggiunta di brani nella scena della lezione per mettere in mostra tutte le proprie doti di virtuosa. Non solo, la Patti trovava divertente aggiungere brani quanto più moderni possibili e lontani dall’epoca della composizione dell’opera. La Patti sicuramente fece scuola nella tradizione di improvvisare veri e propri concerti all’interno della Scena della lezione, e sicuramente rimane ineguagliata per la varietà e il numero di brani proposti. Non solo la Calesera, ma anche la celebre Bourbonnaise della Manon di Auber, fortunatamente immortalata in un cilindro Edison del 1895, persino La serenata di Tosti, oltre al finale e immancabile bis di Home sweet home di Bishop. Le cronache, per esempio, riportano che in un Barbiere americano la Patti nella Scena della Lezione cantò Il bacio di Arditi, il Bolero di Elena nei Vespri siciliani verdiani, la scena di pazzia di Dinorah di Meyerbeer e infine l’immancabile Home sweet home. Ancora al Metropolitan nel 1892 si limitò ad inserire tre brani, la Swiss Echo Song di Eckert, The last rose of summer dalla Martha (opera di cui fu protagonista nella stessa stagione) e Home sweet home, salvo poi cedere alle lusinghe del pubblico alla fine dell’opera cantando come ultimo bis il tradizionale Comin thro’ the rye. Che i concerti della Patti nella Scena della Lezione fossero preparati con intenzione lo sappiamo per certo. E in questo fece scuola.
Dopo di lei, infatti, tutti i soprani che interpretarono il ruolo di Rosina, inserirono nella Scena della Lezione uno o più cavalli di battaglia del proprio repertorio per rendere la lezione di canto di Rosina una grande lezione di canto. Non ci è dato sapere se l’abitudine di inserire un vero e proprio concerto di canto all’interno della scena fosse una tradizione in voga già nella prima metà dell’800, certo è che con la Patti questa tradizione comincia ad essere documentata e ripresa poi da tutti i soprani coloratura. Categoria vocale che si rifaceva al modello interpretativo e vocale di Adelina Patti, che, dopo essere stata epigona di Giulia Grisi divenne appunto un modello per i soprani coloratura. Modello anche per quanto riguarda l’aggiunta di brani moderni, si pensi ad esempio alle aggiunte dela Melba che, come la Patti, non si faceva scrupolo di inserire brani di Tosti, Arditi o Massenet.
Subito dopo Adelina Patti è di Marcella Sembrich che si deve parlare, anche lei erede della tradizione di improvvisare dei piccoli concerti di canto nell’opera rossiniana e autrice di particolarissime aggiunte, come accadde al Met nella stagione 1884 in cui la Sembrich-Rosina coronò il lieto fine dell’opera con l’aggiunta del rondò finale di Sonnambula. Scelta forse discutibile filologicamente, ma sicuramente di grande effetto per il pubblico e di grande successo per la Sembrich. Il repertorio di aggiunte della Sembrich appare quanto mai vasto e vario: al Met infatti, la Sembrich era solita inserire a seconda della recita le variazioni di Proch insieme a Lieder di Ries e Foerster, la seconda aria della Regina della Notte e Someday di Wellings, Ah non giunge (anche nella Scena della Lezione), Ombre légère della Dinorah e un’altra aria di pazzia meyerbeeriana, quella di Catherine dell’Etoile du Nord oltre al Bolero dei Vespri di Verdi. Dal 1898 in poi fu una presenza fissa nella Scena della Lezione di Marcella Sembrich, il valzer che Johann Strauss jr. scrisse appositamente per lei, Voci di primavera oltre che A maiden’s wish, brano di Chopin che la Sembrich eseguiva quasi sempre accompagnandosi da sola al pianoforte. Nel 1907 al Met la Scena della Lezione fu terreno per rivaleggiare idealmente con la Patti, eseguendo il Bel raggio lusinghier della Semiramide, titolo che proprio la Patti, e poi la Melba, integralmente eseguirono al Metropolitan sul finire dell’800.
Nei primi decenni del 900 praticamente ogni primadonna era pronta a variare la propria scena della Lezione inserendo brani di diversa natura e genere. A seconda dell’interprete si sono susseguiti brani brillanti e virtuosistici come i valzer di Arditi o Strauss o il Carnevale di Venezia di Benedict, presenza fissa della Scena della lezione di cantanti come Luisa Tetrazzini e Toti dal Monte oppure anche le Variazioni di Proch. Addirittura Lieder, brani da camera (si pensi alle già citate Patti e Melba che inserivano brani di Tosti), composizioni di stampo tradizionale come il motivo scozzese “Comin’ thro the rye” (amato dalla Patti come anche dalla Sembrich) oppure vere e proprie arie d’opera. Ed anche in questo caso la natura del brano poteva essere la più disparata. Del repertorio rossiniano sopravvisse come aggiunta alla Scena della Lezione soprattutto “Bel raggio lusinghier”, ma l’aggiunta di questo brano probabilmente risale ad epoca precedente alla Patti, a primedonne serie interpreti di Rosina come di Semiramide. Per quanto riguarda brani come Ombre légère, la pazzia di Lucia e di Elvira, p i brani di Auber e Adam possono essere ricondotti alla scelta della primadonna che proponeva un cavallo di battaglia del proprio repertorio.
Frieda Hempel per esempio eseguiva in sere diverse i valzer di Arditi Parla e Il bacio ma anche Ah vous dirai-je maman e Il bel Danubio blu di Strauss jr. María Barrientos spaziava da Charmant oiseau da La perle du Brésil di David, al valzer Voci di primavera, persino un’aria da concerto di Mozart, Ah non sai qual pena sia, mentre Selma Kurz era solita proporre le variazioni da Le diamant de la couronne di Auber.
Anche Amelita Galli-Curci si distinse per le proprie scene della lezione. Sulla scia della Patti e della Sembrich inseriva la seconda aria della Regina della Notte, la Bourbonnaise di Auber e Charmant oiseau. Accompagnandosi al piano cantava anche The last rose of summer e Home sweet home, ma anche l’aria di Philine della Mignon di Thomas, Ah vous dirai-je maman da Le toreador di Adam, le variazioni di Proch, la scena di pazzia di Elvira dei Puritani e Ombre legere della Dinorah di Meyerbeer. In pratica tutto il repertorio del soprano di coloratura.
La palma delle aggiunte più eclettiche va sicuramente a Nellie Melba, sull’esempio della Patti. Preoccupata soprattutto di dimostrare le ragioni del proprio successo e di dimostrare le proprie capacità virtuosistiche, inseriva nella Scena della Lezione Se saran rose, il valzer per lei composto da Luigi Arditi, la Sevillana dell’opera Don César de Bazan di Massenet, Mattinata di Tosti e persino la Scena della Pazzia di Lucia di Lammermoor. In un Barbiere americano del 1898 a San Francisco cantò addirittura l’inno americano, una scelta veramente strappa applausi per la Diva e sicuramente più inappropriata che mai secondo le ragioni drammatiche e musicali ma anche del gusto.
Nel solco delle Rosine soprano leggero non si può trascurare Lily Pons, interprete dal virtuosismo brillante sempre pronta ad esibire i suoi picchettati e sovracuti, nella Scena della lezione aggiungendo a tale scopo le variazioni di Proch, Lo! Here the gentle lark di Bishop, Charmant oiseau di David, l’arietta da Zémire et Azor di Grétry, Villanelle e infine l’aria delle campanelle della Lakmé di Delibes.
Mentre Lina Pagliughi, Rosina occasionale nel corso della propria carriera, interprete dal virtuosismo patetico più che brillante amava eseguire la Scena della pazzia di Lucia di Lammermoor.
Bidú Sayao, nelle occasioni in cui fu interprete di Rosina alternò l’aria de Le toreador di Adam, fu persino esecutrice di Bel raggio lusinghier, mentre nelle ultime esecuzioni proponeva Deh vieni non tardar da Le nozze di Figaro. Al Metropolitan inserì anche in una serie di recite un’arietta dal titolo “L’inutile precauzione” su musica di Pietro Cimara, composta su richiesta della stessa Sayao.
Fino agli anni 40-50 dunque la tradizione di rendere la scena della lezione un momento di personale virtuosismo dell’interprete di Rosina tramite la sostituzione di Contro un cor con uno o più brani di diverso tipo fu certamente sentita come naturale da moltissime primedonne, un’occasione in fondo per onorare se stesse e la loro arte canora oltre che il pubblico, pronto ad apprezzare queste esibizioni vocali.
Mentre dagli anni 50 in poi, con il ritorno del ruolo all’originale registro mezzosopranile, Rosina ricominciò a cantare nella Scena della Lezione l’originale “Contro un cor” pur sottoposta magari a tagli e a trasporti per modificarne di volta in volta la tessitura o per diminuirne la durata e di conseguenza anche le difficoltà. Celebri interpreti del ruolo come Giulietta Simionato e grandi interpreti di Rossini come Teresa Berganza o Lucia Valentini-Terrani, ma anche Martine Dupuy intepretarono sempre e solo l’originale aria prevista da Rossini per la scena della lezione. Delle eccezioni a questa regola in tempi moderni furono Marilyn Horne e Beverly Sills, quest’ultima legata ancora alla tradizione della Rosina soprano di coloratura.
La prima è stata l’unica protagonista moderna a proporre in teatro le due arie composte da Rossini per la Scena della lezione e ad effettuare ugualmente di volta in volta sostituzioni e modifiche. Celeberrima fu l’aggiunta che fece nel 1968 a Firenze dove nel bel mezzo della scena della lezione di Rosina cantò l’intera entrata di Arsace preannunciando a Lindoro-Kraus :”Io canto un’aria di bravura!”. Aggiunta al tempo polemica ma da autentica primadonna rossiniana. Particolarmente felice risultò anche l’inserimento del rondò della Donna del lago al Met negli anni 70, con modifiche di tempo e dinamica per facilitarne l’inserimento nella Scena della lezione, scelta che rendeva il risultato finale particolarmente valido anche sotto il profilo drammatico. In altre occasioni tra l’altro la Horne ebbe anche modo di riprendere la tradizione ottocentesca dell’aggiunta dei “palpiti”, eseguedo l’entrata di Tancredi completa del recitativo.
Beverly Sills, ultima epigone della tradizione delle Patti e della Galli-Curci, interpretò Rosina trasformandola in un effettivo tour de force che solo una grande Primadonna può permettersi, cantando nella Scena della lezione l’originae Contro un cor, ovviamente trasportato in tonalità più alta, e aggiungendo subito dopo Ah vous dirai-je maman da Le toreador di Adam. Aggiunta giustificata dall’esigenza di eseguire un brano “meno nuovo” dell’aria rossiniana. E solo a mo’ di nota vale la pena ricordare che nella stessa sera eseguiva l’aria aggiunta composta per la Fodor “Ah se è ver che in tal momento” per poi appropriarsi della cabaletta del rondò di Almaviva. Qualcuno accuserà trovate del genere di essere meri e vuoti esibizionismi vocali, ma se a farli è una grande cantante e una grande primadonna sono momenti di vero e puro Belcanto e in questo assolutamente nel solco della tradizione esecutiva cara all’autore dell’opera.
Gli ascolti
Rossini – Il barbiere di Siviglia
Atto II
Contro un cor che accende amore – Teresa Berganza (1968), Beverly Sills (1974), Martine Dupuy (1982)
Arie Alternative per la Scena della Lezione :
Adam – Le toréador
Ah! Vous dirais-je maman – Frieda Hempel (1912), Beverly Sills (1974)
Arditi – Il bacio – Adelina Patti (1905), Frieda Hempel (1907)
Arditi – Parla – Frieda Hempel (1907)
Arditi – Se saran rose – Nellie Melba (1904)
Auber – Manon
Atto II – C’est l’histoire amoureuse – Adelina Patti (1895), Amelita Galli-Curci
Bellini – La sonnambula
Atto II – Ah! Non giunge – Marcella Sembrich (1904)
Bellini – I puritani
Atto II – Qui la voce sua soave – Amelita Galli-Curci
Benedict – Carnevale di Venezia – Luisa Tetrazzini
Bishop – Home sweet home – Adelina Patti (1905), Amelita Galli-Curci
Bishop – Lo! Here the gentle lark – Lily Pons (1935)
Chopin – A Maiden’s wish – Marcella Sembrich
Comin’ thro’ the rye – Adelina Patti (1905), Marcella Sembrich
Cottrau – Santa Lucia – Martine Dupuy (1983)
David – La perle du Brésil
Charmant oiseau – Maria Barrientos
Delibes – Lakmé
Atto II – Où va la jeune Indoue – Lily Pons (1930)
Dell’Acqua – Villanelle – Lily Pons (1939)
Donizetti – Lucia di Lammermoor
Atto III – Del ciel clemente – Nellie Melba (1904)
Donizetti – Linda di Chamounix
Atto I – O luce di quest’anima – Marcella Sembrich
Flotow – Martha
Atto II – The last rose of summer – Amelita Galli-Curci
Grétry – Zémire et Azor
La fauvette avec ses petits – Lily Pons (1950)
Massenet – Don César de Bazan
Sevillana – Nellie Melba (1906)
Meyerbeer – L’étoile du Nord
Atto III – La la la, air chéri – Luisa Tetrazzini
Meyerbeer – Dinorah
Atto II – Ombre légere – Amelita Galli-Curci
Paisiello – La molinara
Atto II – Nel cor più non mi sento – Martine Dupuy (1983)
Proch – Deh! Torna mio bene – Amelita Galli-Curci (1920)
Rossini – Tancredi
Atto I – O patria…Tu che accendi…Di tanti palpiti – Marilyn Horne (1983)
Rossini – La donna del lago
Atto II – Tanti affetti – Marilyn Horne (1971)
Rossini – Semiramide
Atto I – Ah! Quel giorno ognor rammento – Marilyn Horne (1968)
Atto I – Bel raggio lusinghier – Marcella Sembrich (1905)
Strauss II – Voci di primavera – Marcella Sembrich (Bettini Cylinder – 1901), Marcella Sembrich (1906), Maria Barrientos (1916)
Tosti – Mattinata – Nellie Melba (1904)
Verdi – I vespri siciliani
Atto V – Mercè dilette amiche – Marcella Sembrich
Yradier – La Calesera – Adelina Patti (1906)
Io personalmente ricordo la Horne a Macerata nel 1980.Dopo aver eseguito l´aria di Tancredi,improvvisava un recitativo alla Sterbini:"Or io canto, se v´aggrada, una canzonetta d´Inghilterra.Pronto Maestro?"-"Non ho la musica"-"Ebben, canteró da sola".E poi eseguiva "Blow The wind".La sua é stata la Rosina piú vivace e spiritosa che ho ascoltato, anche se alcuni critici la trovavano esagerata.
Saluti
Davvero interessanti questi ascolti, mi sembrano tutti notevoli per un verso o per un altro.
Vi segnalo però che alcuni non sono scaricabili (risultano essere di soli 0 kbyte).
Quanto a rosine spiritose, nonostante tutto questo, non ne ho sentita nessuna più brillante della Capsir nella famosa incisione.
Mi piacerebbe poi sapere quale programma utilizzate per estrarre file audio dai vecchi dischi: anch'io vorrei salvare dal mio piatto qualche cosa che probabilmente andrà, giocoforza, soggetto ad usura (ad esempio la prima incisione completa della passione secondo Matteo di Bach).
Per altro, se avete del tempo o questo desiderio, mi piacerebbe coinvolgere qualcuno di voi scriventi del blog in un programma che inizierà in una radio universitaria ai primi di ottobre. Lo condurrò io, ed il tema ovviamente è la musica classica e l'opera in particolare… mi farebbe molto piacere avere qualche contributo vostro, anche se telefonico.
In ogni caso citerò questo blog ammirevole.
S.
CAro Silvio,
grazie a nome ditutti.
Non estraiamonulla dai 78, perchè ormai c'è quasi tutto riversato in cd.
Quanto alla tua lusinghiera proposta……fatti vivo via mail così possiamo parlarne.
saluti
essendo nonvedente ho problemi ad identificare la vostra mail dal blog. vi disturberebbe darmela altrimenti?
Ho sistemato gli ascolti, spero che ora non ci siano problemi.
silvio: le lascio la mia mail: antoniotamburini[chiocciola]yahoo[punto]it
saluti
AT
Quale sarebbe la radio che condurrà l'amico Silvio?