Marianne Brandt: Per Cosima anche la musica doveva essere subordinata alle esigenze drammaturgiche.
Spersonalizzò lo stile dei direttori e li sottomise, poiché, come dice Kundry al terzo atto, essi dovevano solo “servire” eseguendo i suoi ordini senza alcuna discussione.
Tutto partiva da alcuni concetti che Wagner aveva espresso per una perfetta direzione orchetrale, che vennero rielaborati e adattati allo “Stile di Bayreuth”.
Wagner aveva raccomandato a Seidl durante il suo apprendistato, ma anche a Neumann ed ai suoi direttori a Berlino e Lipsia, di fare sempre attenzione al dramma, di sostenerlo con i tempi della partitura, di seguire le espressioni musicali e drammatiche e di non coprire mai le voci mantenendo un controllo continuo del volume orchestrale in quanto nel golfo mistico c’erano decine di strumenti, sulla scena solo una persona con una gola.
Cosima era di un avviso differente.
Nella sua presunta fedeltà, arrivò a prendersi licenze sull’orchestrazione, sostituendo strumenti o eliminandoli del tutto!
Pretese di cambiare tutti i tempi presenti sullo spartito rallentando la musica in maniera intollerabile, perché solo con la dilatazione temporale e attraverso tonalità sacrali e sussurrate si sarebbe trasmessa al meglio l’atmosfera mistica che si doveva respirare ascoltando le opere del Maestro!
Nacque il “Tempo di Bayreuth”.
Non invitò mai a Bayreuth quei direttori che avevano maturato uno stile diverso e più moderno o un’interpretazione più originale dal suo punto di vista, ma nonostante queste precauzioni nel suo entourage erano presenti anche aiutanti che avevano assistito Wagner e potevano opporsi a lei argomentando con le parole del Maestro.
GG: Quale fu il comportamento dei direttori di fronte al carisma di Cosima e come reagiva la critica?
MB: Molti direttori scelti da lei si sottomisero senza colpo ferire.
Levi, come abbiamo visto, fu il primo e Felix Weingartner, aiutante del direttore, considerava umiliante il comportamento del suo maestro e di Felix Mottl nei confronti della donna.
Ma Mottl fu nominato direttore e collaboratore musicale del Festival, carica che tenne dal 1886 al 1903, guadagnandosi l’ostilità di Hans Richter, aiutante e direttore del Ring nel 1876, e di Anton Seidl, valente collaboratore di Wagner.
George Bernard Shaw in quegli anni frequentava il Festival e con spirito critico e irriverente non aveva problemi a criticare anche in maniera irruente ciò che ascoltava.
Pur riconoscendo al Festival la portata storica importantissima ed il suo rilevante contributo, non riusciva proprio a farsi piacere il suono dell’orchestra e lo stile di canto che Cosima aveva imposto.
Sull’orchestra non aveva dubbi.
Meglio il suono di quella londinese che di quella di Bayreuth, asseriva, denunciando, a ragione, le manomissioni che venivano perpetrate in un luogo dove era prevista la fedeltà assoluta, e accusando Cosima degli effetti antinaturalistici e di movimenti esagerati e ridicoli che gli artisti dovevano fare in scena, affermando con fermezza che a Bayreuth si faceva tutto ciò che Wagner detestava nel teatro!
Il canto per Shaw era la croce e delizia di Bayreuth.
I cantanti urlavano e ruggivano, ma di certo non cantavano e Bayreuth era il posto dove peggio si cantava al mondo. Questa cosa fu confermata anche dagli eredi wagneriani e dagli storici di musica.
Appia stesso, che fu presente al Tristan und Isolde con la regia di Cosima, rimase sconvolto e giudicò l’allestimento senza vita, lui che aveva con i suoi scritti rivoluzionato il modo di intendere le rappresentazioni teatrali e wagneriane usando una scena semplice, astratta, atemporale e geometrica, e lasciando che le luci e l’intimismo parlassero nel più grande rispetto della musica.
Cosima era cieca di fronte a tali innovazioni e nonostante i due cercassero di collaborare, la vedova ritenne il suo lavoro inadatto allo stile di Bayreuth e i loro rapporti si interruppero.
Il problema di Cosima è che in fondo cercava una fedeltà che fosse compatibile con il suo gusto personale e con quello dei tempi.
Nonostante le ferocissime critiche per le libertà che si prendeva nei confronti del marito, il suo modo di fare teatro venne copiato ovunque.
Le scelte di Cosima e Kniese in ambito canoro, registico e musicologico furono a parer mio una “tradizione inventata” per rafforzare la posizione culturale che il Festival stava vivendo in quegli anni!
GG: Torniamo al Festival e alle edizioni successive.
MB: Il successo ottenuto con Parsifal e Tristan und Isolde era stato certamente lusinghiero e aveva avuto grande risonanza internazionale, ma economicamente non aveva avuto il riscontro previsto.
Von Gross consigliò alla direttrice del Festival di non eseguire alcuna rappresentazione nel 1887, ma e di pensare ad un nuovo allestimento per il 1888.
Più tardi lo stesso von Gross si trovò di fronte ad una nuova bufera legale.
Alla morte di Ludwig II nell’estate del 1886, si fece avanti nella vita politica tedesca il Conte Christoph Krafft von Crailsheim, il quale considerava che opere come il Ring e Parsifal dovessero ritenersi proprietà esclusiva dell’Opera di Monaco e che in futuro solo con il permesso del nuovo Principe Reggente di Baviera avrebbero trovato posto nel Festspielhaus.
Von Gross criticò polemicamente la decisione del Conte e portò la spinosa faccenda in tribunale.
Crailsheim corresse il tiro e permise un accordo in cui agli eredi wagneriani fosse riconosciuta la proprietà delle opere del Maestro e si accordasse a Bayreuth il diritto esclusivo di rappresentare Parsifal lasciando a Monaco i diritti sulle prime opere giovanili di Wagner, escluse dal Festival.
Cosima sperava anche che Guglielmo II si trasformasse nel nuovo protettore del Festival e potesse patrocinarlo, ma il Kaiser era incostante e stravagante e nonostante la sua ammirazione per Bayreuth non aiutò mai la vedova.
Cosima per il 1888 aveva in mente di allestire l’amato Tannhäuser a cui lei agognava da tempo, ma von Gross usando il suo spirito acuto e pratico suggerì di usare un’opera più leggera, che esaltasse il nazionalismo popolare, ovvero i Meistersinger.
Cosima accettò l’impresa e prese a esempio lo spettacolo della prima di Monaco del 1869 ritenuta perfetta, poiché visionata da Wagner stesso, ma con qualche aggiustamento soprattutto attraverso la soppressione di dettagli ritenuti troppo realistici e l’utilizzo di oggetti in cartone e pietra per gli accessori scenografici.
Affinché il coro fosse ideale, Cosima richiamò a Bayreuth Julius Kniese che, messi da parte fanatismi e ossessioni, divenne in quagli anni uno dei collaboratori più duttili di Cosima.
Per la prima volta nella gestione della vedova Wagner il Festival fece il tutto esaurito e le rappresentazioni ebbero un successo pieno e caloroso sia da parte del pubblico sia della critica che riconobbe nei Meistersinger di Bayreuth il miglior allestimento ipotizzabile.
Purtroppo i cantanti non ebbero lo stesso trattamento dalla critica.
Il tenore H. Gudehus e il Sachs di T. Reichmann furono deludenti, le tre interpreti di Eva, la Sucher, la Malten e la Senger-Bettaque furono considerate solo buone interpreti e tutti, coro incluso, furono criticati.
Gli unici che suscitarono entusiasmo unanime furono Fritz Plank e Carl Scheidemantel che si alternavano con Reichmann nel ruolo di Sachs, il bravissimo Sebastian Hoffmuller che pose una pesante ipoteca sul personaggio di David e il grande Fritz Friedrichs, il quale incantò tutti con la sua interpretazione di Beckmesser, che, guidato da Cosima, riuscì a trasformare una figura comica in un personaggio profondo e degno di rispetto.
Con grande disappunto di Cosima, che non nascondeva un certo disprezzo, il direttore Hans Richter trionfò su tutti.
Richter aveva commesso il “peccato” di non eseguire ciecamente i voleri di Cosima.
Nel suo lavoro non accettava alcuna interferenza e, il prestigio di cui godeva e la sua passata amicizia e vicinanza con Wagner, ne fecero un esempio inattaccabile di stile e direzione.
Purtroppo fu il Parsifal ad avere la peggio.
Levi ebbe un malore e Cosima lo sostituì frettolosamente con Mottl il quale dilatò talmente tanto i tempi da provocare dei veri e propri scollamenti tra golfo mistico e palcoscenico, ponendo i cantanti in grande difficoltà.
La critica gli rimproverò di aver impoverito la struttura drammatica e teatrale della partitura rendendola irriconoscibile, in più il paragone con Levi e con Richter fu schiacciante…questo il risultato delle indicazioni di Cosima!
Nonostante i problemi, emerse sulla compagnia il tenore Ernst van Dyck divenuto poi Parsifal insostituibile a Bayreuth, mentre i detrattori si scagliarono ingiustamente contro la direttrice accusandola di tirannia e tradimento verso la Germania per aver aperto per la prima volta il Festival ad artisti “stranieri”, pratica che grazie al cielo, continuò e diede grandi soddisfazioni alla causa wagneriana e notevole impulso a nuove interessanti interpretazioni.
Nell’89 con le rappresentazioni di Tristan und Isolde (Mottl), Meistersinger (Richter) e Parsifal (Levi) tutto tornò alla normalità ed il successo fu di nuovo grandioso!
Finalmente nel 1891 Cosima ebbe la possibilità di realizzare il suo sogno: mettere in scena Tannhauser seguendo le preziose indicazioni del marito e scostandosi dalla routine in cui il titolo era caduto.
Il gesto di inserire nella programmazione il Tannhauser, la fece entrare in aperta polemica con coloro che non vedevano di buon occhio le opere wagneriane precedenti al Tristan und Isolde, ma Cosima non si fece distrarre dalle provocazioni e ciò che voleva compiere era dimostrare con la sua messa in scena, che le opere di Wagner erano più drammi che opere… cosa discutibile vista la presenza di note!
Cosima si lanciò nel progetto con una passione ed una meticolosità invidiabile.
Studiò con attenzione tutti i documenti del marito che suggerivano come allestire l’opera, analizzò ogni dettaglio della partitura (Versione Parigi) ed il periodo storico senza tralasciare usanze, costumi e figure realmente esistite da includere nella lista degli invitati alla tenzone, recuperò tutti i dati riguardanti gli spettacoli curati dal marito a Dresda (1845), Parigi (1861) e Vienna (1875), si mise in contatto anche con gli esperti storici, visitò per i costumi i musei di Berlino e Monaco.
La visione che Cosima aveva dell’opera era chiarissima, ovvero la contrapposizione tra l’età classica pagana e dionisiaca ed il medioevo cristiano.
Per accentuare il contrasto chiamò la coreografa Virginia Zucchini che si sarebbe occupata del Baccanale mitologico e scelse per incarnare Elisabeth due cantanti giovanissime e con poca esperienza teatrale: Pauline de Ahna ed Elisa Wiborg.
Tannhauser venne affidato a Hermann Winckelmann, Max Alvary e Heinrich Zeller e Wolfram a Theodor Reichmann e Karl Scheidemantel.
Venus invece doveva incarnare la donna sensuale e ammaliatrice della tradizione e a tale proposito furono convocate Rosa Sucher e Pauline Mailhac, la cui seducente interpretazione le avrebbe garantito la presenza al Festival nelle successive due riprese e anche i ruoli di Kundry (1891-92) e Ortrud (1894 in secondo cast.
Tannhäuser riletto come un’opera “sacra”…una sorta di Parsifal insomma!
Il titolo proposto, la meticolosa preparazione, la curiosità data dalle dichiarazioni della donna sollevarono un grande interesse sulla messa in scena e sull’evento e da questo punto di vista per Cosima fu un trionfo personale.
Le scene di Arnold Böcklin e dei fratelli Brückner peccarono per eccesso di realismo e decorativismo, in più il palco era perennemente ingombro di figuranti, e la critica non si mostrò tanto indulgente con lo spettacolo.
Fu sicuramente recepito bene, ma tutti o quasi furono concordi con il fatto che le aspettative erano altissime e la produzione si dimostrò…di routine!
Certo il Baccanale era stato favoloso, ma l’impressione generale data dai gesti e dalle troppe comparse in scena fu di uno spettacolo meccanico e innaturale.
Proporre il Tannhäuser come mistero cristiano medioevale, privandolo della componente romantica, in parte contraddiceva il libretto e la visione che il pubblico aveva della storia.
Dal punto di vista musicale non andò meglio.
I tre Tannhäuser non si distinsero per nessun merito particolare e l’anno successivo furono sostituiti da Wilhelm Gruening che ebbe un duraturo successo, ma l’unica a distinguersi, assieme alla Mailhac ed al Wolfram di Scheidemantel, che negli anni seguenti sarà affiancato da Giuseppe Kaschmann, fu l’Elisabeth della Wiborg, che con una voce timbrata e cristallina e un’interpretazione piena di innocenza conquistò pubblico e critica.
Se la direzione di Mottl non smosse gli animi, fu quella del compositore Richard Strauss ad accenderli quando fu chiamato a dirigere l’opera nel 1894.
Stesso trattamento “drammaturgico” fu riservato al successivo allestimento di Lohengrin del 1894. Anche in questo caso la visione di Cosima era tutta votata al versante spirituale, che doveva seppellire tutta la chincaglieria passata di cigni, bandiere, lance e scudi ed esaltare il misticismo religioso che avrebbe sconfitto gli antichi dèi pagani.
La rappresentazione tutta votata alla solennità ed in stile bizantino, fu ambientata da Cosima durante il X secolo D.C. e non nel XIII come prevedeva il libretto, per infrangere definitivamente l’accusa di conservatorismo che le era stata imputata.
Con Lohengrin, accompagnato in quell’anno da Tannhäuser e Parsifal, Cosima voleva contrapporsi all’iniziativa di Ernst von Possart, direttore dell’Opera di Corte di Monaco, che aveva avversato Wagner e che voleva creare un Festival parallelo da inaugurarsi proprio con Lohengrin.
Bayreuth, all’epoca, per la scelta dei professori d’orchestra, dipendeva totalmente da Monaco e Cosima doveva mantenere comunque un rapporto di cordialità con il teatro ed il suo direttore per garantire la presenza degli orchestrali.
Per risolvere la controversa competizione tra i due teatri, von Gross riuscì a far intervenire il Principe Reggente che proibì al teatro di Monaco di eseguire le stesse opere di Wagner nello stesso periodo…così il Festival fu salvo ancora una volta.
La critica in generale proclamò il Lohengrin di Bayreuth come lo spettacolo più riuscito nonostante alcune pecche di regia rilevate da Weingartner e Shaw.
Dal lato musicale i cori furono eccellenti, la direzione di Mottl fu elogiata, ma alcuni la giudicarono penalizzante per i cantanti.
A causa dei tempi staccati da Mottl, l’orchestra e le voci non riuscirono ad amalgamarsi portando allo sbando le voci di Ernst van Dyck e Lillian Nordica nei ruoli di Lohengrin ed Elsa che purtroppo non convinsero, ma in seguito ed in altri teatri furono interpreti di riferimento; meglio la coppia “nera” formata da Demeter Popovici e Marie Brema, che fu un’Ortrud impressionante.
Giulia Grisi intervista Marianne Brandt / 3
Wagner – Tannhäuser
Atto I
Dir töne Lob! – Deszo Matray (1904), Willi Birrenkoven (1909)
Stets soll nur dir, nur dir mein Lied ertönen! – Hermann Winkelmann (1905)
Als du in kühnem Sange uns bestrittest – Karl Scheidemantel (1907)
Atto II
Dich, teure Halle – Katharina Fleischer-Edel (1907), Ellen Gulbranson (1914)
Dich treff’ ich hier in dieser Halle – Paul Knupfer & Katharina Fleischer-Edel (1904)
Blick’ ich umher in diesem edlen Kreise – Theodor Bertram (1907)
Der Unglücksel’ge, den gefangen – Cäcilie Rusche-Endorf (1909)
Atto III
Wohl wußt’ ich hier sie im Gebet zu finden – Clarence Whitehill (1904), Theodor Bertram (1906)
Allmächt’ge Jungfrau, hör mein Flehen! – Katharina Fleischer-Edel (1909)
Wie Todesahnung Dämmrung deckt die Lande – Theodor Bertram (1902)
Inbrunst im Herzen, wie kein Büßer noch – Ernst Kraus (1911)
Da sah ich ihn, durch den sich Gott verkündigt – Erik Schmedes (1910)
Wagner – Lohengrin
Atto I
Dank, König, dir! – Rudolf Berger (1907)
Nun sei bedankt, mein lieber Schwan! – Wilhelm Gruning (1905)
Atto II
Euch Lüften, die mein Klagen – Katharina Senger-Bettaque (1905)
Entweihte Götter! – Edyth Walker (1908)
Du Ärmste kannst wohl nie ermessen – Frieda Hempel (1922)
Des Königs Wort und Will tu ich euch kund – Hermann Bachmann (1907)
…ob sein Geschlecht, sein Adel wohl bewährt? – Luise Reuss-Belce & Johanna Gadski (1903)
Atto III
Atmest du nicht mit mir die süssen Düfte? – Alois Hadwiger (1912)
Höchstes Vertraun hast du mir schon zu danken – Hermann Winkelmann (1905)
In fermem Land – Alois Burgstaller (1906), Erik Schmedes (1906)
Mein lieber Schwan! – Alois Hadwiger (1912)
Wagner – Die Meistersinger von Nüremberg
Atto I
Am stillen Herd in Winterszeit – Hermann Winkelmann (1900), Ernst Kraus (1902)
Atto II
Was duftet doch der Flieder – Leopold Demuth (1909)
Jerum! Jerum! Hallahallohe! – Anton von Rooy (1902)
Atto III
Wahn! Wahn! Überall Wahn! – Leopold Demuth (1909)
Grüss Gott, mein Junker! – Hermann Bachmann & Ernst Kraus (1908)
Abendlich glühend in himmlischer Pracht – Hermann Winkelmann (1906)
Weilten die Sterne im lieblichen Tanz? – Hermann Winkelmann (1900)
Selig, wie die Sonne – Johanna Gadski (1908), Leopold Demuth (1909)
Morgenlich leuchtend in rosigem Schein – Hermann Winkelmann (1900), Wilhelm Gruning (1905), Ernst Kraus (1910)
Grieg – Peer Gynt
Solveijgs Lied IV (Der Winter mag scheiden) – Beatrix Kernic (1903)