Agli insulti, si sa, non si deve reagire con l’insulto.
Poco tempo fa nella nostra chat un insipiente, che cercava rissa con alcuni di noi, che mai né qui né altrove hanno celato la propria ammirazione per Mademoiselle Dupuy, ha definito la cantante come capace solo di emettere suoni afoni o giù di lì.
In genere rispetto le altrui opinioni. A condizioni che siamo motivate e, quindi, attendo il chattatore con esempi dell’afonia della cantante marsigliese.
Credo che un ipotetico denigratore della signorina Dupuy (e tutti i grandi è normale ne abbiano) potrebbe, se dotato di buon orecchio ed allenamento all’ascolto invenire, in Rossini ed autori coevi, forse altri difetti.
Il principale potrebbe essere la voce molto sopranile. Se non fosse che avevamo sentito ed ammirato Teresa Berganza, ancor più sopranile di Martine Dupuy e che, oggi, siamo assediati da soprani lirici, che incapaci di eseguire correttamente il passaggio (primo) sono corte e sbiancate in alto e, quel che è peggio, non possono competere nè con la classe nè con la tecnica nè con il virtuosismo delle signore Berganza e Dupuy. A differenza di Teresa Berganza (ed anche di Marilyn Horne) Martine Dupuy, tendenzialmente schiva e timida, non amava esibirsi nel concerto di canto. Sbagliava. Era, al contrario, una splendida concertista. In primo luogo perché donna non bella, ma elegante sapeva con questa sola qualità “riempire” il palcoscenico. In secondo e, forse più importante luogo, perché era capace, principalmente per virtù tecnica, di toccare ed esprimere tutte le corde che la grande concertista deve, passando dalla tragedia, all’epica ed alla commedia. Sempre nel formato del salotto.
Non solo: a Nizza nel novembre 1986 lo fece con un solo autore. Il proprio o, quanto meno, quello che le era per voce, tecnica e frequentazione più congeniale, ovvero Rossini. Né la Horne, né la Berganza avevano mai proposto una simile scelta.
Quella di Martine Dupuy è la risposta più eloquente a certe serate dove il pubblico si infligge una ventina di Lieder dello stesso autore e deve essere soddisfatto perché culturalmente appagato.
Spiace per tale opinione, che per certo è quella del nostro chattatore con propensione a rissa ed insulto, ma la cultura, intesa come ricostruzione di un’epoca e di un gusto è appagata e soddisfatta anche con un recital olorossiniano.
E mi spiego. Passiamo dalla scena tragica Giovanna d’Arco, che ripercorre l’intera poetica e l’intera grammatica musicale rossiniana ai brani più squisitamente salottieri ed anche più “difficili”, perchè tratti dai Péchés e non dalle arcinote Soirées, che in formato salotto ricordano la poetica dell’esilio (tanto di moda e praticata da frequentatori di casa Rossini come Mario de Candia ed il conte Pepoli), dello struggimento amoroso, del brano brillante e, magari, con quel pizzico di osè, che un salotto in crinolina imponeva.
Il tutto proposto con accento ora patetico, languido ed eroico (ed irrinunciabile, rossinianissima ostentazione di grande tecnica di canto) nei diciassette minuti della Giovanna d’Arco, con dinamica sfumata ne “L’esule” o ne “La separazione” e con divertimento in “A Grenade” e nella “Chanson du bébé”.
I bis mi sembrano il giusto omaggio della primadonna a sè stessa e, quindi, i divertissements di Tirindelli e di Arditi, che di prime donne se ne intendevano e le composizioni di una assoluta ed indiscutibile divina come la Patti.
Poco tempo fa nella nostra chat un insipiente, che cercava rissa con alcuni di noi, che mai né qui né altrove hanno celato la propria ammirazione per Mademoiselle Dupuy, ha definito la cantante come capace solo di emettere suoni afoni o giù di lì.
In genere rispetto le altrui opinioni. A condizioni che siamo motivate e, quindi, attendo il chattatore con esempi dell’afonia della cantante marsigliese.
Credo che un ipotetico denigratore della signorina Dupuy (e tutti i grandi è normale ne abbiano) potrebbe, se dotato di buon orecchio ed allenamento all’ascolto invenire, in Rossini ed autori coevi, forse altri difetti.
Il principale potrebbe essere la voce molto sopranile. Se non fosse che avevamo sentito ed ammirato Teresa Berganza, ancor più sopranile di Martine Dupuy e che, oggi, siamo assediati da soprani lirici, che incapaci di eseguire correttamente il passaggio (primo) sono corte e sbiancate in alto e, quel che è peggio, non possono competere nè con la classe nè con la tecnica nè con il virtuosismo delle signore Berganza e Dupuy. A differenza di Teresa Berganza (ed anche di Marilyn Horne) Martine Dupuy, tendenzialmente schiva e timida, non amava esibirsi nel concerto di canto. Sbagliava. Era, al contrario, una splendida concertista. In primo luogo perché donna non bella, ma elegante sapeva con questa sola qualità “riempire” il palcoscenico. In secondo e, forse più importante luogo, perché era capace, principalmente per virtù tecnica, di toccare ed esprimere tutte le corde che la grande concertista deve, passando dalla tragedia, all’epica ed alla commedia. Sempre nel formato del salotto.
Non solo: a Nizza nel novembre 1986 lo fece con un solo autore. Il proprio o, quanto meno, quello che le era per voce, tecnica e frequentazione più congeniale, ovvero Rossini. Né la Horne, né la Berganza avevano mai proposto una simile scelta.
Quella di Martine Dupuy è la risposta più eloquente a certe serate dove il pubblico si infligge una ventina di Lieder dello stesso autore e deve essere soddisfatto perché culturalmente appagato.
Spiace per tale opinione, che per certo è quella del nostro chattatore con propensione a rissa ed insulto, ma la cultura, intesa come ricostruzione di un’epoca e di un gusto è appagata e soddisfatta anche con un recital olorossiniano.
E mi spiego. Passiamo dalla scena tragica Giovanna d’Arco, che ripercorre l’intera poetica e l’intera grammatica musicale rossiniana ai brani più squisitamente salottieri ed anche più “difficili”, perchè tratti dai Péchés e non dalle arcinote Soirées, che in formato salotto ricordano la poetica dell’esilio (tanto di moda e praticata da frequentatori di casa Rossini come Mario de Candia ed il conte Pepoli), dello struggimento amoroso, del brano brillante e, magari, con quel pizzico di osè, che un salotto in crinolina imponeva.
Il tutto proposto con accento ora patetico, languido ed eroico (ed irrinunciabile, rossinianissima ostentazione di grande tecnica di canto) nei diciassette minuti della Giovanna d’Arco, con dinamica sfumata ne “L’esule” o ne “La separazione” e con divertimento in “A Grenade” e nella “Chanson du bébé”.
I bis mi sembrano il giusto omaggio della primadonna a sè stessa e, quindi, i divertissements di Tirindelli e di Arditi, che di prime donne se ne intendevano e le composizioni di una assoluta ed indiscutibile divina come la Patti.
Gli ascolti
Gioachino Rossini
Arie da Camera
Bis :
Tirindelli – So
Arditi – Il gitano
Patti – On parting
Martine Dupuy, mezzosoprano
Vincenzo Scalera, pianoforte
Nizza, 1986
grazie…
Grandissima Dupuy… Splendida, su tutte le esecuzioni, la resa di Mi lagnerò tacendo… E ricordando certi recenti orrori bartoliani, non si può fare a meno che godere di cotanta perfezione!!!!
allora il concerto di nizza si è rilevata una buona scelta.
posso dirlo anche esaminati gli scarichi da parte dei nostri ascoltatori.
certo che l'eterna gloria tutta commerciale e le follie di repertorio e di esecuzione di una bartoli dinnanzi al lavoro di Martine Dupuy (ma potrei anche dire di una Berganza) devon far riflettere su come i media sappiano tappare le orecchie agli ascoltatori. Molto molto triste
L'ascolto di questo recital (purtroppo fastidiosamente inficiato da bruschi tagli degli applausi) mi ha fatto riandare con la memoria ad alcuni ascolti dal vivo di questa ottima cantante, da me colti negli anni 1982-1987.
Per carità, che un cantante piaccia o meno, attiene al gusto personale di ognuno di noi; tanto per dire, a suo tempo per me era una vera penitenza ascoltare due tenori che altri all'opposto apprezzavano molto, e parlo di Nicolai Gedda e Francisco Araiza. Con tutto questo, mai mi sarei sognato di dire che quei signori emettevano suoni afoni, che stonavano o ruttavano invece di cantare. Non lo avrei mai detto perchè avrei mentito. Semplicemente non mi piacevano, e amen!
Non so se la Dupuy sia stata una fuoriclasse, forse le mancò talora un pizzico di personalità per toccare i vertici di altre grandi della sua corda. Ma l'avessimo oggi, con quel che ci tocca sentire, una Dupuy! E avessimo magari il primo Raffanti, il Merritt degli anni 1985-88, e Blake con la sua brutta voce a cui dopo cinque minuti nessuno faceva più caso, e la deliziosa Cuberli, e la Horne, e un Ramey…
Ahimè. temo che l'ultimo periodo d'oro dell'opera si sia esaurito proprio negli anni degli ultimi splendori della rossini-renaissance… E più ancora temo che per il futuro dovremo affidarci sempre più alle registrazioni antecedenti il 1995…
Per onorare al meglio Rossini, attraverso la Dupuy, non si può fare altro che tacere e meravigliarsi di fronte a quella che è la migliore esecuzione – a mio modesto parere – di Arsace della cantante marsigliese (ed è già tutto dire!). Per chi non la conoscesse, buon ascolto!
http://www.youtube.com/watch?v=oWykKy-hia0
Tralasciamo il gracidar di ranocchio di chi vuole sempre dire la sua anche di fronte all'oggettivo!!!
Come contraltare, invio il link di una recente esecuzione della chanson du bebé, particolarmente apprezzata da alcuni frequentatori di youtube e sulla quale non credo siano necessari commenti di sorta. Dico soltanto "poveri noi"! E pensare che gente del genere canta in pubblico… Ma come si fa? Siamo all'indecenza più assoluta!
Non vediamo il link, caro velluti.
Puoi rimandarlo?
Grazie
Mi sto ancora riprendendo dal trauma che la nostra amica Joy ha causato recentemente ai nostri uditi….
La logica che governa l’agire di queste nuove star dell’opera è stata ben descritta da voi, ma il nome non è stato pronunciato: trattasi della logica della POP MUSIC. Un disco all’anno, carriere eclettiche e confuse, ipotetica ubiquità e forfait premeditati… tutto questo non è altro che la trasposizione di un’attitudine manageriale (per altro fallimentare anche altrove, dal punto di vista artistico) dal suo habitat naturale e primigenio, la musica commerciale popolare, a quello a lei un po’ meno congeniale, eppure non poco fertile come si vede, dei teatri d’opera.
E, come anche voi sapete, tale deriva è arrivata al suo culmine a partire dalla gestione disastrosa e parodistica della monumentale voce di Pavarotti, che andava spegnendosi e che bisognava monetizzare il più possibile (anche se un Pavarotti anno 1992 oggi giorno sarebbe ancora un miracolo…).
Sarò un passatista anch’io, ma preferisco rimanere abbracciato a Schipa e Jadlowker piuttosto che idolatrare il vitello d’oro (ops, vacca d’oro…) di nome Netrebko.
http://www.youtube.com/watch?v=OyU2MPE4D68
Buonasera. Non condivido affatto, mi dispiace, l'entusiasmo per la signora Dupuy, tantomeno in questo disco con il concerto di Nizza. La voce è perennemente velata e di pessima qualità. Per me è stata solo una raccomandata del fu-clan Celletti, a Martinafranca. Ho avuto occasione di ascoltarla dal vivo 5-6 volte, e ho un ricordo bruttissimo della sua Semiramide ,della Donna del lago e della sua Norma (Adalgisa), in cui nemmeno vi era l'ombra della tecnica di cui tanto andate parlando. Lo stile? Giusto quello. Ma a cosa serve lo stile quando hai una voce brutta, afonoide e sgraziata? A nulla. Scusate il commento brutale ma vedo che anche voi non scherzate, per cui mi sento autorizzato dalla vostra impostazione.Buonasera.
per stefanoparisi77:
La brutalità della forma non è certo un problema. Però dovresti dirci in quali punti del concerto trovi la voce della signora velata e di pessima qualità. Pessima sotto il profilo della rotondità del suono e della compostezza dell'emissione, ovviamente. Perché che la Dupuy non avesse la voce torrenziale della Stignani, non credo sia una scoperta. Lo stile, quello che tu liquidi quasi con fastidio, quasi fosse un'acquisizione scontata (e basta sentire i mezzo soprani attualmente in attività, nessuno escluso e massime se rossiniani, per rendersi conto che così non è) è la diretta conseguenza di una tecnica salda e sicura, come appunto quella della signora. Così come lo è l'espressività. Una curiosità: quali mezzo soprani, a tuo avviso, cantano Rossini meglio dell'afonoide e sgraziata Mademoiselle Dupuy?
Grazie per la risposta garbata e garbatamente rispondo. Non sono un maestro di canto ma credo di avere un buon orecchio, che poi è l'organo più sviluppato che un maestro di canto dovrebbe avere. La Dupuy canta bene, ovviamente: sa cantare. Ma paga pegno a causa del suo timbro, che è oggettivamente brutto e povero di suono. Io preferisco , ma senza paragoni: la Horne, la Berganza, la Barcellona con tutti i suoi limiti, la Ganassi (anche se la ritengo un soprano),la Di Donato tra le ultime, non mi dispiace la Garança, la Von Otter (nel suo repertorio).
Il problema è che Rossini non si canta con il timbro. Si canta con la tecnica di canto. Può sembrare lapalissiano ma non lo è, e alcune delle cantanti che citi ne sono la dimostrazione. In negativo. La Barcellona non ha mai emesso, neppure nella prima fase della carriera, quando la voce era enorme (e non lo strumento smagrito che ha esibito nelle ultime produzioni di Semiramide e nel Maometto dell'anno scorso), un suono rotondo, pieno e morbido come quelli della Dupuy. La Ganassi è un soprano, questo è vero, ma un soprano accorciato e berciante, che dopo averci proposto Rosine e Cenerentole inferiori nel gusto come nell'esecuzione dei passi di coloratura alle tanto vituperate "non specialiste" pre Rossini Renaissance, si è riciclata con (s)fortuna quale soprano Colbran. I nastri – Elisabetta ed Ermione a Pesaro, Donna del lago altrove – ne sono impietosa testimonianza. Poi ci sarebbe quel Romeo Montecchi che ha fatto a Genova credo un annetto fa, in cui bastava una frase della Devia a seppellirla. La Di Donato fra le ultime è l'unica che abbia la voce, ed è stata una Cenerentola piacevole, seppur schiettamente sopranile (anche se il recente Barbiere londinese l'ha vista piuttosto in affanno) ma l'approdo ai ruoli Colbran, annunciato per la prossima stagione, mi lascia perplesso stante un'esecuzione cempennata nelle agilità del rondò di Elena, udita qualche mese fa alla Carnegie Hall. La Von Otter faceva un bel Tancredi all'inizio degli anni Novanta, ma da allora molto tempo è passato e gli ultimi ascolti fanno sentire una voce che più proficuamente potrebbe darsi alla liederistica o al pop (come già in parte sta facendo). La Garanca, dopo quella Carmen insigificante a Caracalla, in cui non c'era né la voce, né la sensualità, né la disperazione del personaggio, ma solo l'esibizione di una piacevole figuretta, non mi sento neppure di commentarla. Aggiungo al tuo elenco un altro nome, che assimilo alla Von Otter, anche se il suo decadimento è stato ancor più rapido e doloroso: Vesselina Kasarova.
Caro StefanoP,
ti pregherei di tenere ancora qualcosa in serbo per la prossimissima puntata su Giovanna d'Arco di Rossini. Tempo un paio di giorni.
Avremo mmodo di riprendere e cn argomenti di confronto audio il tema di queste voci che tu nomini, e sarà moooolto interessante per tutti noi…
a presto
g
Condivido appieno quanto detto da Tamburini e dalla divina Grisi. Eviterei di dare eccessivo peso a chi paragona la Dupuy a divette da quattro soldi come la Barcellona, la Garanca e compagnia… Queste Rossini non sanno neanche chi sia.
Caro Velluti & C….(simpatica anche se un pò macabra l'idea di appellarvi come i 'divini' di secoli fa)
mi permetto di continuare a dissentire. Voi partite dal principio, in teoria giusto, che la TECNICA sia tutto e di più. Ora, con la tecnica in realtà arrivi sicuramente a eseguire tutte le note previste dagli autori, Rossini in testa, ma non è detto che arrivi al cuore del pubblico.Mi spiego meglio:le note da eseguire non sono tutto, nell'arte del Canto.Sono un lasciapassare per una categoria di ascoltatori, da rispettare, ma francamente ridotta: cioé coloro che vanno in Teatro ad ascoltare le "Tecniche". Vogliamo dire il 5% di una platea? Sono anche generoso.Il resto del pubblico (per voi sicuramente ignorante…ma anche per me, non ho difficoltà a dirlo) ascolterà: 1) un bel TIMBRO 2) un bel modo di porgere 3) una accattivante arte scenica (e PRESENZA), prima d'ogni altra cosa.Ah, aggiungerei, una buona DIZIONE. Ecco quindi perché sceglierà la Garança e non la Dupuy, ecco perché la Netrebko diventa mitica e non la Devìa (che io adoro per la sua perfezione), ecco perché preferirà Di Stefano a un Blake o a un Morino, per dire due tenori dotati di voce orribile.
dopo l'invito della diva Giulia, ripeto qui i commenti che ho lasciato nella chat…
riguardo alla Dupuy, scusatemi ma desidero dire la mia… non l'ho mai trovata afona, sarà che è una delle mie cantanti preferite… ma per ciò che riguarda la Norma in arena a verona, fu definita e proclamata a furor di popolo la migliore del cast… e lei commentò che le piaceva essere la migliore tra i bravi e non in quel bailamme areniano, che tutti sappiamo come andò… riguardo a Semiramide, la ascoltai da ragazzino a Genova con la Cuberli, poi ancora fino agli anni 90,fino alle recite di Pesaro e fu sempre stratosferica! e la Donna del Lago alla Scala fu il suo trionfo personale, col pubblico che dopo la cavatina di Malcomesplose in un ovazione interminabile gridando "era ora!!", io ero alla prima seduto vicino a chi lo urlò… caro Stefano… se a te non piace, pazienza… ma definirla afona proprio non direi…. Per amore di verità e per non sconfinare nel panegirico.. anche a costo di sfidare le ire dei curatori e propietari di questo blog devo riconoscere che l'unica occasione in cui alla Dupuy scapparono un paio di acuti leggerissimamente sfocati, fu la prima di Bianca e Falliero a Pesaro… ma data la portata del personaggio, era più che comprensibile e passò inosservato, anche perchè le restanti recite furono MIRACOLOSE!!!! Lei e la Cuberli furono e rimangono , amio modestissimo parere ineguagliabili in quell'opera.. conbuona pace dei loro detrattori e dei fans di varie altre dive rossiniane e non… ciaooooooo p.s.: scusate lo sfogo…Maometto II
Caro StefanoP., di solito non intervengo in questioni che non meritano di essere approfondite, per quanto sono pretestuose e prive di senso. Ma come si fa a preferire la Garanca o la Barcellona alla Dupuy? Suvvia! Veramente vogliamo paragonare, per usare una splendida metafora che la leggenda attribuisce alla Callas, lo champagne con la coca cola? Cercherò di controbattere punto per punto alle tue affermazioni, concentrandomi, però, più in particolare su alcuni aspetti che mi stanno particolarmente a cuore.
In Rossini la tecnica SERVE ad esprimere quella suprema astrattezza che è la cifra fondamentale della sublime musica del Pesarese. "Cantare" Rossini senza tecnica significa snaturarlo. Pensa alle caballette dei personaggi en travesti delle opere serie: se una non ha voce perfettamente appoggiata, perfettamente in maschera, e non domina la coloratura in maniera eccezionale (ma aspira, fa gargarismi, nasalizza, o cose del genere), non può fare altro che fornire una pallida ombra di quella che è la REALE ESSENZA del personaggio rossiniano. Il fraseggio, poi; anche questo è frutto di tecnica. Articolare la frase, illuminare accenti o segni di espressione, per quanto concerne la musica di Rossini, significa lavorare SUL CANTO. Se una è ingolata, o ha suoni spoggiati, o canta con suoni indietro, non potrà mai aderire perfettamente all'espressività INSITA nella sua musica. Qualcuno ha detto (ma adesso non ricordo precisamente chi!) che la musica di Rossini è simbolica, ovvero rimanda sempre a significati ulteriori non esplicititati in maniera diretta nello spartito: ora, se un cantante di tecnica media si trova veramente in difficoltà con Rossini, come può un cantante che non ha una minima cognizione della tecnica ottocentesca cantare Rossini? Il punto è proprio questo: Rossini ha scritto tenendo presente la tecnica dei divi della sua epoca; per questo è impossibile, per cantanti mediocri o di bassa levatura tecnica, quantunque dotati IN NATURA di mezzi considerevoli, eseguire COME SI DOVREBBE la musica rossiniana. Le dive(tte) a cui fai riferimento cantano un Rossini edulcorato, e fanno leva sull'estrinseco perchè non hanno nient'altro su cui poter far leva. Siamo di fronte a un fenomeno assolutamente comprensibile, visto lo stato tecnico in cui versano le cantanti che hai citato: si RIPIEGA sullo scimmiottamento scenico (in Rossini quasi insignificante, dato che spesso i personaggi devono piantarsi sula famosa X e sciorinare pagine e pagine di sedicesimi!), sull'effettaccio bieco (accentare, in maniera quasi verista, una frase o una parola che viene giudicata centrale… Anche questo, però, con Rossini paga pochissimo, dato che siamo sempre di fronte a personaggi simbolici, che rimandano a significati ulteriori rispetto a quello della vicenda rappresentata) o, peggio, sul mero aspetto fisico del cantante, che però – al pari di un manichino – non esprime nulla (la Garanca sarà anche carina, ma è davvero una patata… Con quello sguardo vuoto e quel visino da barbie davvero non comunica granchè. Vogliamo ricordare il solo ingresso di una Horne in Tancredi o in Semiramide per far capire la differenza tra una figurina vuota che cerca di atteggiarsi a eroe mitico e la vera solennità che dovrebbero esprimere questi personaggi?).
Nell'opera la bellezza fisica del cantante è dato che non serve a granchè… se poi quando una apre la bocca viene letteralmente divorata dal teatro! Per rimanere agli esempi da te citati, la Nebtrenko è cantante che POTREBBE anche lasciare un ricordo, se solo mettesse la voce al posto giusto… L'ho sentita in teatro, ed è davvero una tristezza con quella voce smagrita, linfatica, bianchiccia, incolore, monocroma, che a fronte di una Devia, meno dotata in natura, letteralmente sparisce. Pensa se la Nebtrenko avesse avuto la dote naturale della Devia… A quest'ora se ne starebbe a casa sua a fare la mamma (nella migliore delle ipotesi!).
Nell'altro caso a cui hai fatto riferimento, la Barcellona, non mi sembra che si possa parlare nemmeno della bellezza fisica: come è noto la "cantante" che citi è tutt'altro che una silfide, e sembra, ironia della sorte, quasi ricordare i tanto vituperati balenotteri della ormai "frusta" tradizione del canto lirico. Ma qui non c'è veramente nulla: un canto ingolato, tutto sulla fibra, che ignora il più elementare ABC della tecnica, con voce sconclusionata, priva di gravi e acuti (ho ascoltato il suo Arsace e invano ho trovato un solo "acuto" [per modo di dire! Siamo sempre a non oltre il la! I si della Horne e della Dupuy sono un miraggio in confronto] che non fosse un urlo).
La Dupuy: certo la voce non è torrenziale. Ma che stile, che malinconia in quel timbro screziato… Che grazia, tipicamente francese, nel progere le frasi e nel legato; e poi la coloratura: precisa, non aspirata, non gargarismata… Insomma! Altro che voce brutta (ma forse la voce della Barcellona è bella? Tutta chiusa in gola e, per questo, anche ostrogota nella dizione. Se una ha voce indietro non potrà mai avere dizione nitida!): siamo davvero su un altro pianeta!
Trovo perfetto-e me ne complimento vivissimamente- l'ultimo intervento di Velluti. Aggiungerei pure che, in un Cantante, la tecnica è l'Anima stessa della voce, quel filo sottile che lega Suono e Parola. Un cantante senza Tecnica semplicemente non è un Cantante. Direi che esemplari a questo proposito sono le antiche registrazioni di quei Cantanti che svolsero la loro carriera tra l'ultimo 800 e il primo 900. Espressività e Bellezza che oggi non si sa proprio dove alberghino.
In particolare sono interessantissime quelle incisioni in cui gli artisti si trovavano a interpretare i ruoli nascenti del Verismo. Per semplicità, sottoporrò quest'unico esempio: Il prologo dei Pagliacci di Mattia Battistini -con la modestia che l'Arte impone, s'intende-. Personalmente lo trovo meraviglioso. E lo paragonerei, così per gioco, con l'esecuzione di un altro cantante meraviglioso, ma di una generazione successiva, Galeffi.
Ebbene: le differenze sono molte. Se mi è consentito, credo cioè che, anche per un cantante dalla voce meravigliosa come Galeffi sia quasi impossibile rivaleggiare con le immense capacità espressive di Battistini [Chiaramente Galeffi è un semidio e non intendo per ciò minimamente sminuirlo]. In effetti, se è stato, per così dire, facile e naturale il passaggio dal repertorio ottocentesco a quello Verista per molti dei cantanti di quell'epoca, un passaggio inverso non sarebbe stato facile e forse nemmeno possibile. Da allora, mi sembra di poter dire, è iniziato un graduale processo di decadimento culturale. Parola d'ordine dell'offensiva mediatica è stata proprio che la "tecnica non serve".
Come dire che uno scrittore possa essere analfabeta, un pittore possa non saper disegnare… [e tristemente, la realtà sembra proprio contraddirmi]
Ma un conto è la Pubblicità altro conto è l'Arte.
Scusandomi per il tempo sottrattovi.
Vivissimi Saluti a tutti voi,
M.B.
rispondo a mattia battistini.
sono d'accordissimo con lui avessimo oggi un galeffi, ma anche un basiola, un inghilleri, un danise, un viglione borghese avremmo le mani piagate a fuori di applaudirli e la voce in cantina.
se ascolto però la scena di posa, di don carlos o renato del ballo comparando il commentator battistini e galeffi quest'ultimo non è elegante e raffinato come il primo.
dirò di più nessuno scarpia è lascivio e "porco" (ossia aderentissimo al momento scenico) come battistini, che, prima di tutto, canta splendidamente e cos' rispondo anche a chi, come stefano parisi 77, perora la causa garanca.
ciao dd
come dicevo sulla chat stefanoparisi ha ragione nemmeno il 5 per cento del pubblico và al teatro per ascoltare le tecniche,ma questo solo perchè io divido il pubblico in due categoria,un pubblico molamane,e un pubblico normale(diciamo che è appassionato d'opera,gli piace,si emoziona)il pubblico melomane di solito capisce di tecnica quando un cantante canta in maschera,la posizione giusta,se il suono è ben proiettato,se il fraseggio e buono,il legato,e via dicendo,quindi ha un modo di ascoltare.un pubblico normale ascolta in altro modo,sente se il cantante ha un buon timbro come si muove come recita,per esempio io sono convinto che la grande maggioranza degli spettatori non sono in grado di capire l'altezza delle note,e tanti per es. non sono in grado di percepire nell'acuto la differenza tra un re sopracuto,e un mi bemolle.Pensate un pò cosa possono capire di tecnica,e questo valeva anche in passato quando l'opera per il popolo era il "piattoforte"
Anche questo spiega perchè attualmente ci sono questi cantanti dello star system ad andare per la maggiore.
La Garanca mi sembrava che avesse le carte in regola per una buona carriera,ma ho l'impressione che se qualche bravo maestro non gli dia una dritta tra pochi anni andrà nel dimenticatoio,di manichini il mondo è già pieno.
Io invece penso, caro pasquale, che la competenza di un pubblico non si giudichi in base all'orecchio assoluto o alla conoscenza di un numero imprecisato di spartiti, ma dalla capacità di comprendere se un cantante: a) possieda una voce in grado di "passare" l'orchestra e di risolvere in modo quanto meno passabile le difficoltà vocali del ruolo; b) sappia creare, attraverso il canto, un personaggio. Che il pubblico si accontenti della "bella voce" e della "bella presenza", che si culli nella pigrizia e non cerchi altri stimoli oltre quelli che ha sotto mano, può anche essere: non mi sento di fargliene una colpa, se non altro perché è vittima di un mercato delle voci in cui la qualità media dell'offerta è in costante ribasso. Ma coloro i quali sono deputati a formare i cantanti, reclutarli per il teatro, accompagnarne e sostenerne le esibizioni (maestri di canto, agenti, direttori artistici, direttori d'orchestra, registi, discografici) e renderne poi conto al pubblico (critici) non hanno alcuna giustificazione per accontentarsi della natura brada e di un poco di avvenenza. Altrimenti i teatri continueranno a riempirsi di manichini… e prima o poi (ma più prima che poi), di microfoni!
personalmente ho avuto modo di ascoltare a Parigi la Netrebko dal vivo,ho ascoltato una grande voce ottimo timbro grande volume,e una grande presa sul pubblico,probabilmente le orecchie di Velluti sono tarate diversamente dalla maggioranza degli ascoltatori.(In quella occasione ebbi modo di recarmi al cimitero di Montmartre a portare un mazzo di fiori sulla tomba di Marie Duplessis alias La signora delle camelie,alias Violetta della Traviata,che ci volete fare sono un romanticone!)