In primavera, oltre alla bella stagione (quasi sempre), arrivano puntuali i nuovi cartelloni di teatri ed enti lirici. In Italia come all’estero. Tra le più importanti sicuramente è da considerare la stagione della Royal Opera House. Londra offre, come di consueto, una ricca messe di titoli, vari per repertorio e genere. A scorrere l’elenco, infatti, si rimane decisamente ben impressionati (anche se, a voler essere sinceri, si potrebbe “osare” un po’ di più e non indulgere nel sempre facile e comodo “grande repertorio”): dal belcanto di Linda di Chamounix, Turco in Italia e Fille du Regiment al Verdi di Aida, Don Carlo, Traviata e Simon Boccanegra e al Tristano e Isotta di Wagner; dall’omaggio barocco di Tamerlano e Artaxerxes a Mozart (Così fan tutte e Nozze di Figaro), Carmen, Manon, Gianni Schicchi e Bohéme; da Cherevichky, Rake’s Progress e Il Giocatore al Rosenkavalier, Salome e La Piccola Volpe Astuta. Tuttavia l’impressione positiva muta radicalmente dopo aver avuto contezza dei cast proposti nei singoli spettacoli.
L’apertura di stagione è dedicata a Donizetti: la Linda di Chamounix eseguita in forma di concerto e, nell’occasione, incisa da Opera Rara: cast e direzione, quindi, affidati agli artisti di scuderia. Sotto la conduzione di Mark Elder (non certo il massimo della leggerezza, come ha dato prova nelle recenti incisioni per la stessa casa discografica) si esibiscono la Gutierrez nel title role, il tenore Costello nel ruolo di Carlo (scritto per il grande Mario), la Pizzolato en travesti e Corbelli (di solito impiegato in ruoli da buffo). Si prosegue con Don Carlo che segna il ritorno al ruolo (dopo le recite zurighesi del 2007) del divo Kaufmann, che pare proprio non avere limiti di repertorio. Lo accompagnano il solito Furlanetto nel ruolo di Filippo, il Rodrigo di Keenlyside (delizia dei più intransigenti esterofili nostrani), la Poplavskaya nel ruolo di Elisabetta e la Eboli della Ganassi. Al debutto nel ruolo (o meglio in un cameo degno di certe star in fine carriera), l’Inquisitore di Tomlinson. Dirige Bychkov. Dopo il Tristan della triade Heppner/Stemme/Pappano, una Carmen con Alagna e la Garanca, e l’inconsueto dittico Heure Espagnole/Gianni Schicchi (sempre con Pappano), è il turno di Artaxerxes di Arne: e qui non può non venire in mente la Sutherland, soprattutto quando il Covent Garden propone uno spettacolo secondo i crismi baroccari, con tanto di controtenore nel ruolo principale! Dopo un Tchaikovsky minore, un assai poco interessante Rosenkavalier, una Bohème di identico appeal, lo stesso Rake’s Progress visto alla Scala, Così Fan Tutte e Il Giocatore, si passa a Handel. Tamerlano: dirige il soporifero Bolton alla testa di un’orchestra filologica. Ma la cosa per cui si segnala la produzione è il Bajazet di Domingo (ruolo già debuttato lo scorso anno a Madrid e sul cui esito non sono state spese, pietosamente, molte parole). Dopo il solito Janacek, il Turco in Italia: dirige Benini, cantano la Kurzak, D’Arcangelo, Corbelli. E’ il turno, poi, di un’Aida che si preannuncia sanguigna e concepita proprio nel modo in cui gli stranieri si immaginano l’opera italiana: Carosi, Alvarez, D’Intino, Vratogna in una gara all’ultimo…lasciam perdere! Dopo Traviata viene ripresa la Fille con i divi Dessay e Florez…che, ci scommetto, sarà un trionfo (con il solito bis “inaspettato” di “Pour mon ame”…salvo veti dell’altra primadonna, obviously…). Si prosegue con le Nozze di Figaro e poi Manon di Massenet (Pappano/Netrebko/Villazon). Vale la pena, però, soffermarsi sul Simon Boccanegra, non tanto per la direzione di Pappano (che comunque non trovo congeniale a Verdi), all’Amelia debuttata dalla Poplavskaya, all’Adorno di Calleja o al Fiesco del solito Furlanetto, ma per il protagonista: Placido Domingo in chiave baritonale. Verrebbe da chiedersi “perché..?” E verrebbero da chiedersi tante altre cose. Chiusura in “bellezza” con la Salome della Denoke. Insomma, nonostante i titoli e nonostante la presenza di divi super reclamizzti, vien da dire nihil sub sole novi…
L’apertura di stagione è dedicata a Donizetti: la Linda di Chamounix eseguita in forma di concerto e, nell’occasione, incisa da Opera Rara: cast e direzione, quindi, affidati agli artisti di scuderia. Sotto la conduzione di Mark Elder (non certo il massimo della leggerezza, come ha dato prova nelle recenti incisioni per la stessa casa discografica) si esibiscono la Gutierrez nel title role, il tenore Costello nel ruolo di Carlo (scritto per il grande Mario), la Pizzolato en travesti e Corbelli (di solito impiegato in ruoli da buffo). Si prosegue con Don Carlo che segna il ritorno al ruolo (dopo le recite zurighesi del 2007) del divo Kaufmann, che pare proprio non avere limiti di repertorio. Lo accompagnano il solito Furlanetto nel ruolo di Filippo, il Rodrigo di Keenlyside (delizia dei più intransigenti esterofili nostrani), la Poplavskaya nel ruolo di Elisabetta e la Eboli della Ganassi. Al debutto nel ruolo (o meglio in un cameo degno di certe star in fine carriera), l’Inquisitore di Tomlinson. Dirige Bychkov. Dopo il Tristan della triade Heppner/Stemme/Pappano, una Carmen con Alagna e la Garanca, e l’inconsueto dittico Heure Espagnole/Gianni Schicchi (sempre con Pappano), è il turno di Artaxerxes di Arne: e qui non può non venire in mente la Sutherland, soprattutto quando il Covent Garden propone uno spettacolo secondo i crismi baroccari, con tanto di controtenore nel ruolo principale! Dopo un Tchaikovsky minore, un assai poco interessante Rosenkavalier, una Bohème di identico appeal, lo stesso Rake’s Progress visto alla Scala, Così Fan Tutte e Il Giocatore, si passa a Handel. Tamerlano: dirige il soporifero Bolton alla testa di un’orchestra filologica. Ma la cosa per cui si segnala la produzione è il Bajazet di Domingo (ruolo già debuttato lo scorso anno a Madrid e sul cui esito non sono state spese, pietosamente, molte parole). Dopo il solito Janacek, il Turco in Italia: dirige Benini, cantano la Kurzak, D’Arcangelo, Corbelli. E’ il turno, poi, di un’Aida che si preannuncia sanguigna e concepita proprio nel modo in cui gli stranieri si immaginano l’opera italiana: Carosi, Alvarez, D’Intino, Vratogna in una gara all’ultimo…lasciam perdere! Dopo Traviata viene ripresa la Fille con i divi Dessay e Florez…che, ci scommetto, sarà un trionfo (con il solito bis “inaspettato” di “Pour mon ame”…salvo veti dell’altra primadonna, obviously…). Si prosegue con le Nozze di Figaro e poi Manon di Massenet (Pappano/Netrebko/Villazon). Vale la pena, però, soffermarsi sul Simon Boccanegra, non tanto per la direzione di Pappano (che comunque non trovo congeniale a Verdi), all’Amelia debuttata dalla Poplavskaya, all’Adorno di Calleja o al Fiesco del solito Furlanetto, ma per il protagonista: Placido Domingo in chiave baritonale. Verrebbe da chiedersi “perché..?” E verrebbero da chiedersi tante altre cose. Chiusura in “bellezza” con la Salome della Denoke. Insomma, nonostante i titoli e nonostante la presenza di divi super reclamizzti, vien da dire nihil sub sole novi…
Gli ascolti
Donizetti – Linda di Chamounix
Atto I
O luce di quest’anima – Luisa Tetrazzini (1910)
Fantastico! Praticamente avete già fatto la recensione a tutti gli spettacoli della Royal Opera House ancor prima che si siano tenuti. O avete capacità divinatorie alla Nostradamus oppure siete davvero dei Critici mancati, vista la capacità di recensire spettacoli non visti, cosa nella quale la Critica spesso eccelle.
E poi, siccome qualsiasi tipo di Cast non vi va bene, chi avreste chiamato voi per fare la stagione? La Pratt in tutti i ruoli, anche maschili, visto che vi piace tanto?
Caro giulio,
per chi sappia quali siano le richieste di una partitura, e quali le caratteristiche del cast radunato per eseguire la stessa, non è difficile prevedere il risultato di massima di una rappresentazione. A meno che non ci si voglia tappare occhi, orecchie e magari anche il naso e sperare nel miracolo, invocando la protezione e assistenza di sant’Antonio abate, patrono degli animali domestici. L’unica vera incognita è costituita dall’impossibilità di sapere se il cast annunciato si presenterà poi effettivamente alle prove e alle recite. Come dimostrano i recenti forfait di tanti cantanti e magari anche divi, buon ultimo Villazon.
Quanto alla Pratt è certo brava, ma non onnipotente né buona per tutti gli usi. Non è mica Di Stefano!!!
Dimenticavo: si può anche invocare il patrocinio di santa Rita, patrona dei casi disperati.
Per favore Tamburi, te ne prego! Non tirare in ballo Di Stefano, solo a sentirlo nominare mi sento male e mi viene il mal d’orecchie psicosomatico.
Che banda di pazzi…detto con simpatia (non ci sono le faccine sennò metterei la faccina sorridente..)
Comunque non è assolutamente vero che solo leggendo i nomi si possa fare la recensione anticipata, altrimenti si andrebbe sempre a teatro prevenuti (come peraltro immagino facciate voi).
Non avete risposto alla domanda principale. Chi chiamereste voi per cantare queste opere? Mi fate i vostri cast di oggi?
Beh, non mi sembra che nell’articolo vi siano recensioni o critiche “preventive”, sono, anzi, le semplici impressioni suscitate dalla presentazione di un qualsiasi cartellone d’opera: certo, qui, forse, manca il preventivo elogio che altrove viene dispensato – ACRITICAMENTE – a piene mani… Ovvio però che ogni impressione potrà essere smentita dai fatti…o confermata. Si vedrà.
fate una critica costruttiva. Costruite voi il cartellone. Non sviate. Quello che penso è che voi non sareste in grado di allestire nessun cartellone visto che non vi garba nessuno.
Vedi caro giulio, sbagli proprio metodo: non si tratta di trovare dei cast per le opere che si è deciso di dare, ma di stabilire, a partire dai cantanti messi sotto contratto, quali opere affidare loro. Nel primo caso è inevitabile o almeno altamente probabile che si predisponga una programmazione zoppa, costruita interamente sui titoli (magari scelti allo scopo di “educare” il pubblico), nel secondo invece qualche spettacolo azzeccato può anche capitare, se si ha fortuna. Che senso ha mettere in cartellone Tristano con un tenore sfasciato come Heppner (e taccio della Stemme, assolutamente inadeguata per peso vocale e tecnica… e non parlo per sentito dire, ma per sentito… fare!) o il Tamerlano e – meglio (o peggio) ancora – il Boccanegra con Domingo? A chi interessa, oltre che al divo e ai loro fedelissimi?
Quello che dici ha una sua logica. Però, a parte che da sempre, si fanno i cartelloni anche sulla base dei grandi nomi (il Met ad esempio, da sempre, si nutre di grandi nomi sfasciati per fare cassetta, non da oggi, anche all’epoca dei vostri cari cilindri), e poi ad ascoltare voi si potrebbero allestire solo un paio di operine coi 2-3 cantanti che vi piacciono. Si fa l’Aida e non vi va bene nessuno..la Carosi non vi garba, se c’era un altra non vi garbava uguale,che si fa, si sospende l’Aida fino a secolo da destinarsi, e non la si rappresenta più? i tenori non ve ne garba uno, non vi garba nemmeno Florez in Rossini. Niente. E che gli facciamo cantare a Florez, Verdi? Oppure gli consigliamo di cambiar mestiere e di aprire un chiosco di piadine a Rimini? bo…
Sapete solo lamentarvi. Che ovaie….
E’ vero che oggi come oggi un’Aida plausibile è difficile a trovarsi. Per non parlare di Amneris (oddio, la Scala ne aveva trovata e proposta una, ma ovviamente la cosa è morta lì… sai com’è… un’Amneris con la voce, e che per di più la usa per cantare e non per strillare, rischia di far sembrare troppe Aide per quello che sono).
La Carosi, mi spiace per lei e per il suo numeroso corteggio virtuale, può fare Alice Ford o al massimo Violetta (magari con opportuni aggiustamenti al finale primo). Florez è tenore da opera napoletana, da Mozart (anche se ha già cancellato l’annunciato debutto in Così fan tutte), al limite da Rossini comico… ma mi sembra che si renda conto anche lui dei suoi limiti. Molto più dei suoi osannanti seguaci, tengo a sottolinearlo. Basti vedere l’oculatezza (magari anche a posteriori, vedi Rigoletto) con cui si avventura fuori dal suo “territorio di caccia”.
Poi scusa… I Puritani sono un’operina??? Ma siamo fuori???
Ma no..mica parlavo dei Puritani. Dico che ad ascoltare voi Florez, solo per fare un nome, potrebbe cantare al massimo Mozart o Pergolesi, e il repertorio romantico (non parliamo di quello verista) nemmeno si potrebbe più fare.
Comunque se leggete le cronache e le recensioni dei tempi che furono, vi accorgerete che sempre ci si è lamentati dello sfascio dei tempi correnti, in fatto di voci e tecniche. Quando c’era Lauri Volpi si rimpiangeva Tamagno, quando cantava la Callas si rimpiangeva la Toti e le altre eroine del passato, c’erano una sfilza di tenori, bassi, baritoni, soprani, mezzi impressionante e si diceva che l’opera era declinata e ci si lamentava. All’epoca dei Pavarotti, Sutherland etc..ci si lamentava che non c’erano più la Callas o Corelli. Oggi il ciclo di lamentele continua…
Tra 20 anni sicuramente si dirà “vuoi mettere 20 anni fa, ora si che c’è la crisi” e via discorrendo fino alla fine dei tempi..amen.
Sì va bene giulio… hai dimenticato di aggiungere “chi si accontenta gode” e “meglio un uovo oggi che una gallina domani”. Io so solo che oggi ascoltare una voce decente è diventata l’eccezione e non la regola, e solo venticinque anni fa non era così. Che poi si possa sempre fare peggio, è indubbio. Ciao.
Quello che dice Giulio è in parte vero: si rimpiange spesso in modo eccessivo il passato. L’altro giorno ho letto una recensione delle prove dell’Otello di Verdi del 1887: il recensore – parlando di Tamagno – diceva che, ormai l’Italia era diventata un paese in cui si sviluppano gli aranci (le piante non so perché..) ma non fioriscono più i tenori… pensando a quello che è arrivato dopo….
oppure si è solito dire che la decadenza del canto sia nata con il canto stesso….
Detto ciò è tuttavia vero che, oggi, cast per certe opere (cast veri, suscettibili di rendere giustizia all’opera) semplicemente non esistono. ciò vale in particolare per Verdi e Wagner. e non vedo discussioni. siamo messi un po’ meglio per il belcanto ed il protoromanticismo ma mica tanto. ma, caro Giulio, devi proprio concedere che il periodo attuale è veramente buio. io ho per abitudine di muovermi poco, dto che preferisco assistere solo a spettacoli che ne valgono la pena. concretamente, mi sposto quando per una cerchia determinata di cantanti. fino a qualche tempo fa, andavo a sentire – per esempio – sabbattini o la devia. ma oggi sono sempre più spesso a casa…
cari saluti a tutti.
emanuele
Prova a leggere le recensioni del passato. Proprio pochi giorni fa leggero una recensione del Teatro Bonci di Cesena (un tempo teatro che ospitava i più grandi cantanti, come tanti di provincia) degli anni 30, che parlava della stagione in corso (in cui cantavano Pertile, Schipa, Gigli, solo per fare 3 nomi) e il critico fa un pistolotto di due pagine sulla crisi delle voci e del canto rispetto al passato, e dove andremo a finire, etc etc…come voi insomma. Uguale uguale.
Emanuele, guarda, io Sabbatini preferisco non sentirlo onestamente. Rispetto i tuoi gusti, ma Sabbatini, a parte una certa capacità di modulazione, ha sempre avuto, per mio conto, una voce nasale, chioccia, e problemi gravi di intonazione dovuti alla posizione sbagliata delle note di passaggio.
Comunque, a parte questo, anche io trovo che in certe opere ci sia una forte crisi, però è anche vero che anche io, essendo un contemporaneo, ho la mania di lamentarmi sempre, anche perchè ho una discoteca di migliaia di registrazioni e posso ascoltare, come tutti voi, oltre 100 anni di voci straordinarie nel salotto di casa mia. Ritengo che oggi abbiamo troppe possibilità di confronto col passato, e questo ci porta a non essere mai soddisfatti di ciò che ascoltiamo. La verità è che la centoventesima Boheme che ascoltiamo nella nostra vita, sarà assolutamente impossibile che ci dica qualcosa di nuovo e che ci soddisfi. Siamo troppo scafati. E poi non va dimenticato che il gusto cambia nella musica così come nelle altre arti e nella vita stessa. L’Opera oggi non si fa più come 30 anni fa, come 60 anni fa, come 100 anni fa, come 400 anni fa. C’è una concezione diversa (e che è in continuo divenire) sia dello spettacolo in se, che di ciò che si richiede agli esecutori. Oggi probabilmente l’attenzione si è spostata molto sulla precisione stilistica (che in passato mancava spesso in toto), sulla pulizia dell’esecuzione, sul messaggio della regia etc.. mentre ci si concentra meno sull’opulenza della voce e la perfezione delle posizioni vocali. A molti questo non piacerà, pure io ne sono a volte perplesso, ma è il Teatro d’Opera attuale. D’altra parte ai tempi di Caruso molti si scandalizzavano della scomparsa delle buone maniere e del belcanto, spazzato via dalla foga verista di Caruso e urlavano all’orrore per la scomparsa dei divini belati di De Lucia, Bonci e Anselmi (io non ringrazierò mai abbastanza Caruso invece, per averci salvato da quelle capre). Non sempre si è pronti ad accettare le novità, anzi quasi mai..
caro chiacky,
HAI PERFETTAMENTE RAGIONE
ognuno ama i cantanti la cui arte o mestiere sia in grado di percepire con la propria cultura e sensibilità.
quanto poi alle capre di cui Caruso avrebbe fatto “fatto spazzetta” per dirla con il sommo Carlo (Porta!) anche qui hai perfettamente ragione. Di lì in poi è stato un susseguirsi di aninali e verdure che si sono impicciate dell’opera, dimentiche della loro essenza di aninali e verdure, appunto
ciao dd
per la cronaca, è uscito il cartellone del regio di torino…