La cantante:
Monica Bacelli, credo sulla quarantina, in carriera da quindici, spesi, soprattutto, nel barocco ed in Mozart. Qualche esperimento nell’opera moderna. Nominalmente mezzo soprano.
I “nominali mezzosoprani” sono una categoria, oggi, assai folta. Discendono dalla Supervia e sopratutto da Teresa Berganza. Come molte discendenze recano disdecoro al capostipite.
Si chiamino Bartoli, di Donato, Garanca, Ganassi per citare quelle di carriera internazionale ed anche Bonitatibus, Provvisionato, Comparato per citare quelle di carriera nostrana oltre che la Bacelli, sono soprani lirici, digiune della tecnica di respirazione corretta o, nella migliore delle ipotesi, della necessità di applicarla costantemente, vuote ed aperte in basso, corte in alto, ovattate ed opache al centro. Tutte caratteristiche del cantante di scarsa cognizione professionale. Come interpreti, pur praticando il Belcanto (a condizione che sia di scrittura centrale e spianata) sono monotone e noiose. I fans le dicono stiliste, ignoranti del fatto, cantanti ed ammiratori, che nel Belcanto il grande interprete è, prima ancora, un grande vocalista. Anche se esegue passi spianati. Leggere per edificazione culturale Stendhal.
Basta sentire Monica Bacelli appena apre la bocca nel primo Lied di Wolf per avere la più esaustiva esemplicazione della “mela in bocca”, modo gergale per indicare il suono indietro. Talvolta se la scrittura abbandona la terza centrale per raggiungere un mi4 o fa 4 si percepiscono suoni decenti, sempre da soprano lirico per peso e colore.
Il programma:
Tutti sanno che la dirigenza scaligera impone solo musica da camera nei programmi dei cantanti, chiamati ad esibirsi nei concerti di canto. Incidentaliter: la sala del Piermarini ha dimensioni ben differenti da quei luoghi ove i brani di Tirindelli piuttosto che di Wolf vennero eseguiti e per i quali vennero pensati.
E poi – discorso già fatto per programmi che sono nella loro programmazione già sentiti – non vi sono motivi validi e condivisibili per ritenere il Lied o al più Fauré e Debussy il paradigma della cultura in fatto di cameristica.
Credo che il cantante che osasse inserire “Santa Lucia” sarebbe passibile di protesta.
Quindi ieri sera il pubblica ha udito Wolf e Debussy.
Ottimo l’accompagnamento pianistico. Per forza, si tratta di Antonio Ballista.
Ma con la voce ingolata, che non galleggia mai sul fiato, una dizione pasticciata sia in tedesco (il Lied è, per acclamazione, superiore a qualsiasi altra composizione cameristica perché superiore il suo testo) che in francese, dove erano percepibili le sole parole parlate (vedi terza chanson di Debussy) il programma di culturalizzazione a favore dell’ignorante pubblico non decolla.
Tralascio la “mise” da passeggio sul lungomare D’Annunzio ovvero mimica e gestualità da decathlonista.
I Bis:
Nei bis è comparso in dose massiccia e monografica (altra campagna di culturalizzazione) Tosti. Qui anche peggio. L’autore di Ortona, maestro di canto e del canto, non ammette sgarri alla grammatica vocale. Non vale neppure la pena di scendere in particolari. Offriamo a mo’ di esempio pagine di Tosti ora cantate con bella voce ora cesellate con l’arte del fine dicitore. Quello che proponiamo è Tosti non il parlato di ieri sera senza canto sul fiato, da Tosti insegnato ed imposto dalle di lui composizioni.
Il teatro ed il pubblico:
Settecento posti invenduti; settanta palchi vuoti, platea la cui densità era quella dello spettacolo pomeridiano infrasettimanale al cinema, nonostante la tessere sconto per gli over 65.
Alla fine degli Italienische Lieder qualche fuga. Più consistenti defezioni al primo intervallo.
Sparsi per il loggione, anch’esso tristemenete vuoto, applaudivano coloro che, rinnegato un passato di pubblico competente e preparato, si permettevano un tempo di “beccare” Pavarotti o Bergonzi ; passeggiavano, applaudivano, “tenevano sotto controllo la situazione”, addobbate come Carmen al Politeama o sussiegose e arcigne come Norne, signore, che, poi, interrogavano i presenti sul nome dell’autore del “Non t’amo più” o de “L’ultima canzone”. Pagine che un tempo tutti conoscevano, cantavano ,accompagnavano al piano.
Ogni tanto un’amica, che pensa ancora in modo autonomo (soggetto pericoloso!) mi guardava con sguardo interrogativo e perplesso. Le ho sorriso. Sconsolato ed ironico. Pensavo al Sogno di Tosti, che, esperta sognatrice come You Tube testimonia, la signora Olivero, forse, ci offrirà per il suo centesimo genetliaco.
Gli ascolti
Hugo Wolf
Italienisches Liederbuch
Auch kleine Dinge n. 1 – Erna Berger (1946 ; 1960)
Mein Liebster ist so klein n. 15 – Erna Berger (1960)
Ihr jungen Leute n. 16 – Erna Berger (1946 ; 1960)
Wir haben beide lange Zeit geschwiegen n. 19 – Erna Berger (1946)
O wär’ dein Haus durchsichtig n. 40 – Erna Berger (1946 ; 1960)
Ich hab’ in Penna einen Liebsten wohnen n. 46 – Erna Berger (1946 ; 1960)
Gedichte von J. W. Goethe
Lieder aus Mignon “Wilhelm Meister”
Heiss mich nicht reden – Edda Moser (1976)
Nur wer die Sehnsucht kennt – Edda Moser (1976)
So lasst mich scheinen – Edda Moser (1976)
Kennst du das Land – Edda Moser (1976)
Claude Debussy
Proses lyriques
De rêve ; De grève ; De fleurs ; De soir – Denise Duval (F. Poulenc pianoforte – 1958)
Trois ballades de François Villon
Ballade que Villon feit à la requeste de sa mère – Charles Panzéra (1931)
Francesco Paolo Tosti
A vucchella – Rosa Ponselle (1926)
Ideale – Regina Pacini (1906)
L’ultima canzone – Ezio Pinza (1927)
Marechiare – Ebe Stignani (1947)
Non t’amo più – Luciano Pavarotti (1985)
Ma scusa carissimo Donzelli, dopo averla sentita nel ruolo di Ruggero ed esserti reso conto di tanto dilettantismo vocale, chi te lo ha fatto fare di andartela a sentire in un recital ? per di più di lieder poi!
Quì a Parigi pensano che siamo già abbastanza colti così per potere avere diritto a recital con solo ed esclusivamente arie d’opera accompagnati da orchestra.
E’ vero. ma chi te lo fa fare di andare ad ascoltare musica live? Chiuditi anche tu in casa coi cilindri, e ascoltati l’intera collezione di dischi del ’09 mangiando un bel piatto di semolino.
caro giulio,
quanto al semolino è materia prima per piatti di altissima scuola e non solo i famosi gnocchi di semolino erroneamente chiamati alla romana.
Quanto all’invito a stare chiuso in casa ad ascoltare cilindri et similia primo evita ironia facile perchè dai cilindri si impara molto come ascoltatori e come persone di cultura come sempre si impara dal passato; secondo la malagrazia con cui Ti rivolgi ad altri lettori,che non condividono le Tue opinioni mi ricorda certi suonaccia aperti, sguaiati e sbracati del Tuo idolo è l’ultima volta che trova quivi albergo.
Domenico Donzelli ha scritto :
I “nominali mezzosoprani” sono una categoria, oggi, assai folta. Discendono dalla Supervia e sopratutto da Teresa Berganza. Come molte discendenze recano disdecoro al capostipite.
Carissimo Donzelli, non sono per niente d’accordo. La Supervia e la Berganza non sono state, a mio parere, dei soprani corti ma bensì dei mezzosoprani leggeri, in rapporto a mezzosoprani drammatici tipo la Stignani o la Cossotto e mezzosoprani lirici tipo la Horne o la Dupuy.
Il primo vero ed autentico soprano corto, il capostipite, è stata la von Stade.
caro semolino
sempre d’accordo con te!
Ho precisato infatti che la discendenza spesso delude l’ascendenza.
in effetti Supervia e Berganza reggevano senza difficoltà una scrittura marcatamente centrale come Isabella di Italiana in Algeri. Identico discorso per la Dupuy che nei suoi limitati approdi all’Italiana non aveva le difficoltà dei nominali mezzo soprani, anche se il meglio veniva, come giusto dagli abbellimenti.
Quanto alle nominali mezzo soprani o l’hanno evitata la protagonista di Italiana (von Stade), “messa via” al più presto (Ganassi), “scampiata” (Geneaux o Larmore)
alla prossima e sai che ti aspetto sulla vocalità francese
dd