Il Viaggio a Reims alla Scala: successo della Rossini decadence

Ha avuto successo la prima del Viaggio a Reims alla Scala. Non un successo di valori musicali e canori, ma di affetti. La solidarietà, che prima del’inizio della recita, per bocca del Sovrintendente Lissner, l’amministrazione del teatro, il suo personale e gli artisti hanno voluto concretamente esprimere per le vittime del terremoto in Abruzzo ha trovato rispetto ed approvazione da parte di tutti noi. La serata è corsa via così, in omaggio al gesto nobile, complice anche la grande soddisfazione di buona parte del pubblico per la conferma dell’annunciato e desiderato ritorno di Abbado a Milano. E certamente complice l’intramontabile freschezza e genialità del leggendario allestimento di Ronconi and friends, che a distanza di più di 20 anni ci prova che gli spettacoli intelligenti e di gusto, ossia quelli che funzionano, non invecchiano mai.
Solo queste sono state le ragioni del successo, perché il canto, anzi il Belcanto ha dato prova, con i suoi moderni portabandiera, di essere arrivato al capoline,a almeno per ciò che concerne la Rossini decadence. Il plauso allo spettacolo ed all’immensa fantasia creatrice di Gioachino non compensa le critiche aperte e l’insoddisfazione palpabile dei loggionisti, che han preferito non mortificare ancora il loro teatro e la serata particolare, sebbene le prove solistiche siano state, in generale, di basso livello e non all’altezza di nomi, blasoni e cachets.

Il reparto femminile era composto da tre voci sopranili che per volume, timbro e proiezione potrebbero adattarsi meglio all’operetta o all’avanspettacolo ( e lo dico con grande rispetto di questi generi!), ed una sola vera voce naturale di mezzo.
La signora Remigio, ex soprano leggero con moderne velleità di tragediénne, canta con il centro vuoto, senza appoggio, suoni flautati ed indietro. Alla sortita ha esibito una voce poco sonora, malferma ed incerta, e coloratura farfugliata, che son poi peggiorate alla scena sillabata che segue. Ha faticato sensibilmente a chiudere l’aria, peraltro sotto silenzio e con qualche bu, dispensando un personaggio querulo e sciocchino, e non la sapiente ed un po’ intrigante padrona di casa che attende i suoi nobili ospiti. Successivamente ha stonacchiato più volte il sestetto atto I; cantato alla bell’è meglio il concertatone; falsettato e stonato il duettino con Ulivieri, ove ci sono stati momenti davvero spaventosi ed incredibili.

La signora Massis, personale delusione della serata, è stata la sola a ricevere un applauso degno di questo nome dopo la grande aria della Folleville. Eppure è stata, a mio avviso, la peggiore per canto, e, soprattutto, per gusto, ordinario e plebeo, che mai e poi mai mi sarei aspettata da questa cantante, che sulla musicalità e l’eleganza ha fondato la sua carriera. Passi per le condizioni vocali, davvero al lumicino: la voce è fioca e piena d’aria, spesso quasi accennata, priva di legato e fiati cortissimi, acuti mai a voce piena. Ma il personaggio, un’elegante ironia sulla vacuità delle donne, è stato caricato ed esagerato come Rossini non tollera nel suo modo aristocratico e composto di sorridere. La sezione lenta dell’aria richiede una linea di canto più elegante e nobile ( ci vorrebbe forse un’altra voce ) e ben altro legato, il tutto unito ad una bella sequenza di agilità aspirate su “Oh Dio…”, ed un’interpolazione di dubbio gusto dalla Lucia di Lammermoor in cadenza. Il tono della sua perfomance è sceso progressivamente con l’andare del pezzo. Nella cabaletta, poi, le prese di fiato sono state tropo lunghe e smaccate, ad onta di una bella velocità e buona accentazione della prima strofa, mentre nella seconda, lentissima, ha inciampato tre volte, eseguito all’ottava la seconda serie di do picchettati….insomma, è venuta fuori la modesta virtuosa che in Rossini và alle corde nella coloratura di forza. Forse la signora Massis, da cantante esperta e scafata, ha intuito che la farsaccia e gli strilletti piacciono al pubblico odierno, e vi ha lucidamente speculato per tirare a casa “il cazzaccio” ( per dirla con Donizetti ) dell’opera. E ce l’ha fatta, ma.……diversamente non saremmo in decadenza!

La signora Ciofi ha sbarcato il lunario un filo meglio delle sue due colleghe, ma per ragioni che non risiedono nel canto. Mentre le sue colleghe erano prese a confrontarsi la prima con la reali voci della Ricciarelli e della Caballè ( o quanto ne restava all’epoca di entrambe….. ), la seconda con la vocalità ipertecnica di una Cuberli o il professionismo di una Serra o la corretta normalità di una Mei, la Ciofi ha dovuto misurarsi con la capostipite del belcanto falsettante, la madrina di tutte le voci sopranili senza appoggio, Cecilia Gasdia. A lei dobbiamo lo snaturamento del grande ed aulico ruolo di Corinna, la Musa della Poesia, sorta di mezzo acuto nobile e coturnato. Né dopo di lei il ruolo ha mai trovato il suo vero canto e la sua vera cifra espressiva. Pensare che vocine falsettanti e flautate, incapaci di accentare con nobile distacco una sola frase, possano dar voce ad un ruolo che fu di Giuditta Pasta, una Pasta che in quegli anni con Donzelli, primo Belfiore, cantava l’Otello, il Crociato in Egitto nel ruolo di Armando e, di lì a poco, la Norma, è un assurdo. Ma il germe della decadènce cui siamo pervenuti era già in essere evidentemente all’epoca del primo Viaggio pesarese allorquando ci facemmo raggirare dalla Gasdia, ed il risultato nel tempo lo abbiamo ben visto ier sera, ove tutti e tre i soprani hanno cantato falsettando allo stesso identico modo ruoli assai diversi per senso e significato. Tutte voci fuor di maschera e mai sul fiato. La Ciofi da anni emette suoni flautati, con una voce piena d’aria e priva di timbro, nessuna nota bassa, come è ben emerso subito alle strofe di ingresso. E’ musicalissima ed intelligente, ma ciò non compensa il fatto che bara sempre, perché non una nota è stata correttamente emessa, almeno in forte o mezzoforte: sempre pianini e accenniì. La sortita è passata al par del monumentale Improvviso, che meriterebbe altri e più diversificati accenti, mentre il momento peggiore, forse uno peggiori della serata, è stato il duetto con Belfiore, dove erano entrambi al limite dell’udibile ( le voci odierne stentano ad essere udite in loggione…). Complice un assente Dantone, ha esibito miserie e nobiltà della sua arte vocale, perfetta smorzatura di suono afono, staccatini penosi, bella coloratura della sezione veloce cantata con voce afonoide. Insomma un mix singolare di controsensi, mestiere, intuito e rappezzi che Dio sa cosa c’entrino con il canto di una grande tragediennè quale era la leggendaria Pasta o con Rossini e la sua vocalità……..

Sola vera voce, vi ho detto, Daniela Barcellona, che non fa certo fatica a raggiungerci in loggione. Ha cantato con bella freschezza il suo ingresso, “Con si dotta e nobil gente”, usando misura e pertinenza superiori, in quella scena, ai suoi compagni. Ho sperato nella ripresa di questa voce, ma poi, con l’andare della serata mi sono dovuta rassegnare. Al duetto con Liebenskof dell’atto II la voce si è fatta di nuovo fissa e dura appena sopra alle note centrali. La coloratura del “ barbaro rigore..” spazzata via come non è permesso ad un mezzo rossiniano puro di blasone come lei, per non parlare poi dei suoni davvero crescenti e fastidiosissimi per intonazione della sezione veloce. In quel punto siamo passati anche all’urlo. Ed anche qui la poetica del belcanto, con le sue esigenze ineludibili di suoni composti e stilizzati, si è perduta del tutto……

Il reparto maschile, forse un filo più eterogeneo, non è stato molto superiore a quello femminile.
In primo luogo i due tenori, assai simili per peso specifico, non rispettavano molto la gerarchia delle voci. Il Liebenskof di Korchak non ha convinto, perchè ha dovuto spingere sino al grido per trovare una certa sonorità della voce, che, non certo caratterizzata da bel timbro, si fa anche caprina sotto sforzo. Se l’opera fosse finita al primo atto, la sua sarebbe stata una bella prova, perché sino al quel momento non ha avuto problemi nemmeno con gli acuti del concertatone. Il secondo atto, invece, gli è stato fatale per il bilancio della sua serata. E’ franato al duetto con la Barcellona in debito di volume e virtuosismo, con la voce spesso nel naso e gli acuti urlati e di fibra. Ha causato, infatti, un forte mormorio del teatro quando si è esibito in un acuto sforzatissimo e tenuto. Del resto ci eravamo già accorti allo Stabat dell’anno passato che la sua voce stentava a camminare nel grande vuoto della Scala, quindi la prova non ha stupito.

Rivedere nella piccola voce di Gatell, anch’essa nasale e falsettante, e nel suo canto manierato e stucchevole, una scrittura pensata per Domenico Donzelli richiede francamente uno sforzo di astrazione e fantasia davvero notevoli. Parlare di accento non è possibile quando la voce è così inadatta alla linea di canto scritta. Stentare sugli acuti non significa essere dei tenori centrali, ma semplicemente….dei tenori che non sanno salire! Il personaggio, come ci hanno abituati un po’ tutti i precedenti Belfiore, risulta per forza di cose un ragazzino posato, di belle maniere pure un po’ affettato, ma è un puro anacronismo ante Rossini renaissance, lontano dalla realtà storica del personaggio Non parliamo poi delle agilità saponose e cempennate al duetto con Corinna o della scena con la signora Massis alla sfilata del secondo atto, per entrambi ricca di suoni flebili e stonacchiati.

Delle voci gravi, dirò che la sola che ha mostrato una certa pienezza è stata quella di Capitanucci, che è entrato con gran facilità, sebbene la voce suoni talora nasale e le agilità siano piuttosto sgangherate. E quello del dar di naso è stato vizio comune a tutti i signori, non immune certo il signor Ulivieri, anche lui con poco volume, in grado di reggere solo la sezione sillabata della grande scena di Don Profondo, per poi spegnersi nella seconda parte, ove la voce deve espandersi con leggerezza nel canto legato e nei passi di agilità. Lì la debolezza del mezzo si è fatta sentire, come il limite tecnico nella scena della sfilata con madama Cortese, dove i tentativi di attaccare in piano e così proseguire il pezzo sono finiti in falsetti stonati.

Il signor Miles ha cercato di restituire un Sidney composto ed austero, compatibilmente con i suoi mezzi. La voce, però, è ingolata e senescente, la coloratura sfuocata con variazioni centralissime nel da capo della cabaletta. Per quanto si sia sforzato di dare nobiltà e pertinenza di accento al personaggio, il personaggio vocale è risultato poco nobile per forza di cose. Un disastro il canto dell’inno inglese, per via della tessitura acuta ed irraggiungibile per lui.
Quanto a Bruno Praticò, ho apprezzato che si sia contenuto più del solito nel far gigionate, ma la voce è gracchiante e, soprattutto priva di legato. Il che si sente e condiziona fortemente l’esito del suo canto. Spiace.

Il maestro Dantone, stimato barocchista, era molto atteso in una prova lontana dal suo terreno di elezione. Non ha avuto problemi a gestire orchestra, voci e, soprattutto, ensemble. Nessun guaio, nessun pasticcio, al contrario sicurezza ed autorevolezza, funzionalità al canto. La sua prova è parsa buona, oltre le aspettative del pubblico, sebbene alterna nella resa drammaturgica. Talora il ritmo è stato davvero buono come al concertato o al sestetto, altre volte è mancato, come al duetto Ciofi – Gatell, davvero troppo slentato. Non si è abbandonato a certe sonorità piene e travolgenti, come ci aveva abituati Abbado, ma il cast non consentiva, a mio avviso, molti margini di libertà: la sordina all’orchestra mi è parsa necessaria in alcuni momenti in cui le voci erano davvero flebili, mentre il suono prodotto dai signori in buca di buona qualità, anche se si può andare oltre. Direi la prova migliore della serata, allestimento a parte, soprattutto in relazione alle media delle sortite delle bacchette avvezze al barocco messe fuori repertorio. Non condivido alcuni bu a lui rivolti in un contesto non all’altezza del proprio compito.
Grandiose danze affidate alle marionette dei Colla: arte purissima, accolta da sincera approvazione da parte del pubblico.
Successo finale per tutti, ma non certo un successo per il canto. E non serve scomodare i colossi del belcanto per provarlo. Sicchè c’è poco da essere felici, al contrario. Abbiamo misurato concretamente il declino irreversibile avvenuto nell’arte del canto in un ventennio.
Il fatto che non ci siano stati fischi non paga, perché successi come questi valgono quanto le vittorie di Pirro!

58 pensieri su “Il Viaggio a Reims alla Scala: successo della Rossini decadence

  1. Salve,
    Sono d’accordo quasi su tutto quello che è stato scritto in questa recensione, eccetto un punto cioè Dantone. E’ stata la peggiore direzione d’orchestra di un opera di Rossini che io abbia mai sentito : paludata, lentissima e sfocata, sonnacchiante, senza fraseggio, senza spirito, senza verve, senza strizzatine d’occhio, senza fuoco, per niente frizzante, una cosa spaventosamente stiracchiata e senza nessun ritmo narrativo, senza sorprese, senza rebondissements, il nulla insomma.
    Perchè la Massis ha cantato una sola volta la cabaletta e già variata? La cabaletta va cantata una volta come scritta e la seconda volta colle variazioni e non una sola volta già variata! Le inflessioni della Massis erano sbraccatamente naturaliste, caricaturali e plebee!!! così come il suo passato di baroccara D.O.C. gli ha insegnato ad essere. L’astrattezza, l’aristocrazia, la nobiltà d’accento non sono mai state caratteristiche della Massis. Quando la Cuberli cantava la Folleville pareva di ascoltare Elisabetta regina d’Inghilterra. La Massis invece pareva una lavandaia, che dopo aver preso la sua prima lezione di canto aspirava le agilità contando una ad una le note per paura di dimenticarne una per strada, che scolastica!
    Già nella Eudoxie della Juive alla Bastille pareva la cameriera di turno per accento e fraseggio e la sua Contessa del Conte Ory pare una paesana travestita da pseudo nobil donna, una macchietta. Tutte quelle rumorosissime riprese di fiato erano degne di una dilettante! La Remigio pareva squittire con voce vetrosetta. I tenori dalle agilità aspiratissime e dagli acuti talora afonoidi e talora stimbrati fino all’urlo e le modulazioni risolte con falsettini. La Barcellona ingolfata e di fibra colla vocalizzazione pesantissima e gli acuti metallici e taglienti. Uliveri da faringite cronica tanto è ingolato, Miles ha masticato suoni orrendi, di agilità non ne ho sentita una sola, almeno che non si voglia spacciar per agilità tutta quella successione di suoni ingolati e masticati, gli acuti erano grida rauche. Praticò è una caricatura del basso parlante di cattivo gusto e di stile becero. La Ciofi falsettante e smunta in alto, vuota in centro, pareva affogarsi nelle discese veso il grave e l’aria d’entrata ne conta parecchie di disceve in prima ottava, a sentirla veniva voglia di lanciargli una bombola d’ossigeno assortita ad un salvagente. Una serata allucinante!

  2. sempre d’accordo con semolino
    ma il nostro sogno perversissimo è un viaggio a reims 1904 con il seguente cast
    Corinna Giannina Russ
    Melibea Ernestine Schumann-Heinck
    Cortese Rosina Storchio
    Folleville Marcella Sembrich
    Libenskov Leonid Sobinoff
    Belfiore Hermann Jadlowker
    Sidney Pol Plancon
    Profondo Adamo Didur
    Don Alvaro Giuseppe de Luca

  3. Ero presente ieri sera. Continuo a pensare che il problema risieda sempre nelle genuflessioni del pubblico in sala, i soliti fresconi dall’applauso facile. La serata è stata davvero degna della più approssimata bassa provincia. Alcuni passaggi imbarazzanti. Mi intristisce anche l’assenza di vere contestazioni. Sono stato l’unico ad accennare dissenso(un paio di bu) alla straniante sortita di Miles. C’è stato soltanto poco prima un altro bu alla Remigio. Poi nulla, fino a quelli meritatissimi a Dantone. Ma se davvero siamo gli unici a percepire scempi di tale caratura, perché non ci facciamo sentire di più? Anche perché io, ieri sera, ho fatto davvero fatica ad evitarmi plausibilissime autocritiche, quasi fossi affetto da anedonia musicale. Faccio un appello ai superstiti: vogliamo squarciare il velo di Maya?

  4. Dantone ha fatto la sua parte: mai assistito a un Rossini così soporifero e “brodoso”. Ma, giusto per tornare alla qualità del pubblico, dei soliti tonti dal sorriso eterno, faccio partecipe il blog di un curioso, quanto grottesco avvenimento: in loggione, dietro di me, quasi un quarto di ala si è svuotata dopo il concertato, all’inizio dell’intervallo. I gaudenti (e plaudenti, certo…) presenti, pensando che la recita fosse terminata, se ne sono usciti a trentasei denti, felici come pasque. Mi chiedo se per l’opera lirica, in queste condizioni, il participio presente possa ancora trovare un senso. Per me è (semplicemente) stata…
    Ma vi richiedo: perché nessuno iersera ha buato? Mi pare di aver letto sul blog che anche per voi il dissenso esplicito abbia un valore importante…

  5. Dantone in quelle condizioni, se fosse un direttore di talento e un autentico rossiniano, avrebbe fatto né più e né meno di quello che ha fatto Abbado. Poiché anche i cast rossiniani di Abbado non è che fossero ineccepibili. Del Viaggio a Reims di Pesaro con Abbado io ritengo a pieni voti solo la Cuberli e Ramey. Certo Dara era più nobile e Raimondi più raffinato e con molta più verve, ma vocalmente non erano esenti da difetti. La Valentini-Terrani tutta ingolfata e colla voce paludata nelle guance. La Ricciarelli rigurgitava una purea di suoni informi, la Gasdia falsetteggiava come una che non aveva mai preso una sola lezione di canto. I tenori erano appena accettabili.
    Penso che un grande direttore possa fare meraviglie anche al di là dei cantanti. Ma bisogna essere un fuoriclasse della bacchetta, allorchè Dantone è solo un buon clavicembalista.

  6. “Ma vi richiedo: perché nessuno iersera ha buato? Mi pare di aver letto sul blog che anche per voi il dissenso esplicito abbia un valore importante…”

    E’ vero. Però oggi il dissenso esplicito non paga perchè i soliti (noti) riescono a sminuire con scuse di vario genere (che fra l’altro fanno presa fra i più). O “bua” tutto un teatro (e non solo 4 gatti in loggione) o non si conclude nulla. Problema arduo da risolvere…

  7. posso dirvi come ho intepretato io la reazione, posto che ho sentito solo scontenti, in misura varia…
    – la serata donata ai terremotati, che meritava un grazie e un certo rispetto. forse c’era desiderio di dire grazie ed essere sereni date le circostanze….
    – la gente è stanca. anche per contestare ci vuole energia. I Foscari non avevano il coinvolgimento dell’allestimento e la forza trascinante del Viaggio, ma è stato spettacolo che non è piaciuto a nessuno. Ed è stato un silenzioso flop….

    sembra contraddittorio a dirsi, ma è così.
    Un vecchio conoscente mi è venuto incontro all’uscita e mi ha detto: “tutti applaudono e non piace a nessuno…..” come dire : ” tu capisci questa reazione?”

    ci sono anche serate come queste nel teatro, dove non sempre gli applausi significano successo e viceversa.
    LA Scala aveva uno score così negativo che fose si voleva in qualche modo esorcizzarlo….????

    non so. dite voi la vostra.
    saluti

    PS i soliti noti, sono comodi per sminuire l’entità delle opinioni negative, ma non esistono come tali, nè come li descrivono i mezzi collaborazionisti.

  8. Posso immaginare… Forse ti riferisci al vassallaggio di “L’opera” in
    occasione dello scempio scaligero ambrosiano. Scandaloso lo spettacolo, ancor
    più scandaloso il servilismo.
    Ma quando sottolineo l’importanza del bu lo faccio non tanto sperando che i
    direttori artistici intervengano in qualche modo (la moria di cantanti non
    lascia certo ampio margine di intervento), ma che i tonti si rendano conto che
    stan “sentendo” cattivi odori… Il dissenso (ma succede la stessa cosa in
    politica, nei circoli di partito, per qualsiasi tentativo di civile
    contestazione) viene espressamente rifuggito. Allontanato. Un’esplicito
    raddoppiamento della constestazione della contestazione. Iersera, a un cenno di
    dissenso di un loggionista, il tonto di turno gli ha dato del buffone. E io
    stesso sono stato aggredito, quasi fisicamente, e addirittura schernito per i
    vestiti che indossavo, dopo un bu alla Vassileva alla Bohème dello scorso
    anno.
    Per questo, sono giunto alla conclusione che questa fastidiosissima claque
    del consenso non voglia più mettere in gioco il proprio sguardo critico. Come
    dire, “ho pagato 220 euro, lo spettacolo dev’essere PER FORZA bello, riuscito”.
    Ogni incursione teatrale, un evento (l’ingigantimento dell”aura” di
    benjaminiana memoria?). The show must go on…

  9. io non ero alla Scala l'altra sera e nemmeno ho ascoltato la diretta radio, essendo impegnato al lavoro ( con Prokofiev!) … ma ero presente sia a Pesaro la priva volta che fu eseguito da Abbado & C, come pure alla scala l'anno dopo e poi a Vienna e di nuovo a Pesaro )". ora…che la Rossini Renaissance ormai sia finita da un bel pezzo lo abbiamo appurato e purtroppo non so se ci possa essere rimedio… ma di quelle maguiche serate io ricordo .specialmente alla Scala, gli autentici boati che ripagavano i cantanti dopo le arie, una per tutte, la Cuberli fu accolta dal greido di una ragazza alla fine della sua aria: Sei magica!!! ma da quanto, ormai ,nei nostri teatri gli artisti non scatenano più codeste reazioni?? che erano spontanee e sincere e non squalori di clacque… beh mi sono sfogato, scusatemi… saluti a tutti e Buona Pasqua!

  10. Eh sì, c’è tanta nostalgia per certe serate movimentate. ricordate la luisa miller della ricciarelli ? e l’elisir d’amore con la regia di andrée ruth shammah (per cui aveva dato forfait pavarotti) ? serate tempestose è vero. magari si esagerava un poco (ma non più di quel tanto), ma le contestazioni erano sacrosante e fondate. a chi oggi verrebbe voglia di salvare questi spettacoli e cast ? il tempo ha giudicato, dando retta a chi fischiava e contestava. non so, ma da quando muti è passato per la scala, il teatro non è più lo stesso. ha subito un appiattimento totale, con una sorta di neutralizzazione del pubblico.
    peccato.
    saluti a tutti
    emanuele

  11. Salve a tutti,
    anch’io concordo con tutto ciò che è scritto nella recensione, soprattutto a proposito della Massis. Ritengo veramente imbarazzante la sua prestazione nella cabaletta: i tre (solo?) inciampi son stati momenti di afonia (suppongo che la diretta radiofonica con ripresa da “microfonino” avrà reso più evidente gli incidenti che in sala forse si mascherano) o come li si posson chiamare (da profano ignoro se abbiano un nome specifico!) Nei soprani leggeri sono possibili questi momenti di perdita della voce quando scende in basso, ma in lei sono molto più frequenti che nelle colleghe: le era già capitato nel 2004 alla prima rappresentazione della Matilde di Shabran, nella ripresa del rondò finale dove – molto furbamente – mangiandosi una sillaba era riuscita a riprendere il tempo [“tace la tromba altera/spira tranquillità/amor la s….bandiera”] e in cinque anni non è migliorata. Se farà la Contessa nel Conte Ory di Pesaro correrà gli stessi rischi.
    Qui è inciampata nella prima strofa al secondo “favor”, poi nella ripresa variata a “ben grata”, “sarà”, “ben”, di nuovo “ben” con i vocalizzi successivi. Al primo ascolto mi è sembrato di percepire nel canto una certa cautela dopo i primi incidenti ma ora a freddo ritengo sia stata solo una mia idea… ha messo ansia anche a me che stavo solo a sentirla, tanto era evidente che il buco nella voce avrebbe potuto presentarsi in qualsiasi momento.
    Tutto ciò non lo dico con cattiveria, anzi con rammarico e rimpianto per una voce che ho ammirato, ma se questa tipologia di “incidenti” capita a tutti coloro che provano a cantare, non mi sembra sia accettabile in una professionista.

    Quanto alla non espressione del dissenso, a Torino ci siamo già arrivati da anni, si applaude – un po’ più, un po’ meno – e basta.

  12. caro sigfrid, stiamo (sto…) affermando proprio il contrario. Ossia che la mancanza totale dell’esplicito dissenso dà conferme a questi urlatori (e urlatrici…) da osteria. Perdio, ma a quali contestazioni hai assistito nell’ultimo anno? A quelle del Verdi ambrosiano? Quei fischi subito destituiti come becero protagonismo nella stampa ufficiale? Vuoi “cantanti come si deve”: forse rimpiangi la Violetta della Gheorghiu del 2007?
    Arrivi addirittura a tacciare di isteria chi è stufo, come me, di prestazioni imbarazzanti, e OSA buare Miles, per poi sentirsi come un folle fra sani di mente? Ho citato poco sopra un paio di episodi successi in loggione a cui ho assistito. Delle scene tragicomiche, ai limiti del grottesco, quasi dostoevskiane per meschinità e ignoranza esibita.
    Finora almeno abbiamo discusso sul senso delle dissenso, ora tu invece sembri introdurre l’illegittimità della contestazione stessa. In piena continuità con il deficit di democrazia in cui l’Itaglia (!) è sprofondata da vent’anni a questa parte. E la colpa, come al solito, è di chi critica, non dei militonti dall’eterno sì.

  13. CAro Siegfried,
    se conosci nomi di grandi cantanti che non vengono, falli per favore. Ti pubblico immediatamente.

    Ti garrantisco che la fola che il loggione contestatore allontana i cantanti ha una sua origine ben chiara, ossia l’era Muti.
    Il MAestro allontanava tutti per i suoi comportamenti ( le barzellette dei cantanti sul suo conto sono numerose come quelle sui carabinieri), e ne dava comodamente la colpa al loggione.
    Ed i suoi collaborazionisti, di ogni genere e ruolo, ad amplificare la comoda scusa che sarebbe stato per colpa del loggione.
    ma chi canta bene in scala non ha mai avuto problemi.
    ricordi la prima dell’attila mutiano, quando dal loggione si chiese il bis all’aria di ramey dopo che una voce gli aveva gridato: “maestro, era ora che venissero i grandi cantanti!!!!”?
    sai quanti ostracismi e fughe ci sono state di grandi molto amaiti dal pubblico milanese??

    non parlate per frasi fattte, vi prego
    guardate la realtà senza i filtri che altri vi mettono davanti, perchè le cose stan diversamente da come noisamente si ripete

    a presto

  14. Va bene: diamo la colpa di tutto a Muti. Ma che il passaggio del Maestro alla Scala abbia cambiato il teatro, come dice Emanuele, francamente mi sembra una notazione non troppo equilibrata; se devo dirla tutta, mi pare il frutto di un’immaginazione un po’ esaltata. Addirittura la mutazione genetica del pubblico!Cose dell’altro mondo, mi verrebbe da pensare; o meglio, come diceva Cervantes, se queste cose sono ragli, cose di questo mondo.
    Buona giornata.

  15. Proprio l’Attila volevo prendere come altro esempio. Ricordi, Cara Grisi, che accanto a ramey si esibiva Nazzareno Antinori ? quando vu fischiato dal loggione, ricordo che muti impallidì. fra l’altro doveva cantare fisichella che, quantomeno, un po’ di – buona – voce l’aveva. ma fu una degli episodi che segnò l’inizio di quella che per il maestro voleva essere la messa in riga del loggione.
    Emanuele

  16. scusatemi
    sono molto molto più radicale anche perchè il 2 maggio saranno quarant’anni che vado alla scala a sentire l’opera!
    è dalla gestione abbado, che in questi giorni in attesa dell’epifania del maestro nel giugno 2010 (di là da venire) si celebra che del canto e dell’opera il massimo teatro milanese ed i loro responsabili se ne fregano.
    Abbado era nella testa un direttore da sinfonica, il chge tutto è fuorchè un difetto, ma lo diviene quando si decide di dirigere l’opera, senza amare ciò che dell’opera è l’origine ossia il canto
    e lo stesso pessimo rapporto con il canto lo aveva Muti, il quale era convinto di bastare e, magari, avanzare.
    poi ci cono stanti anche ottimi spettacoli, ma lo ritengo un caso non la norma.

    ciao

  17. Caro emanuele,
    che ti devo dire.
    Sappiamo bene che in loggione alla scala ci sono state per anni clacques organizzate utili a gestire il successo e a censire il pubblico.
    La Traviata a porte chiuse, la ricordi? Quale cantante è mai stata la povera Fabbricini dopo quell’evento costruito a tavolino?

    LA questione è semplice: il mondo dell’opera è un sistema ove l’incompetenza regna sovrana ed il reclutamento di personale in ogni ruolo, da quelli quelli che lavorano in teatro a chi scrive, avviene secondo modi che nulla hanno a che spartire con la competenza. Si entra se si fa e si dice quello che altri hanno stabilito debba essere fatto e detto. Nell’intervista la Anderson parla chiaro: il managment ora dice al pubblico cosa è bello e cosa gli deve piacere. E come avviene questo? imponendo ciò che non funziona a dispetto del pubblico, grazie ad una stampa che rimprovera chi non apprezza, creando artisti famosi dal nulla e collocandoli a danno della meritocrazia sulle produzioni principali e via così…. Il tutto per una sola ragione semmplice: che questi signori non sanno più fare il loro mestiere. I cantanti non sanno cantare,lo scriviamo sempre, ma il managment non sa capire la differenza tra un buon professionista ed un dilettante. Se incontrano qualcosa di buono non lo sentono. E così si ritrovano a dovere sorreggere con mezzi extrartistici cantanti che nonvalgono una cicca e che con le loro gambe non ce la fanno. Di qui le clacques, la stampa amica, la pubblicità e via discorrendo.

    C’è un ampio sottobosco intorno ai teatri…..tutto di persone in cerca di un ruolo,un posticino al sole, pronto a servire chi gli offre un bigliettino o gli rivolge anche solo la parola….tutta gente che non capisce quasi mai nulla di nulla, ma che costa anch’essa al sistema…

    Cmq se Lissner ha un pregio è quello di non gestire o cercare di gestire il loggione ( sebbene alcuni ex servitori sentano ancora di dover assumere tali oneri ancor oggi…..a che titolo non so..) .
    Per questo atteggiamento non posso, pur dissentendo su quasi tutte le sue scelte di casting e sulla sua concezione del teatro d’opera, fare a meno di apprezzare Lissner.
    Personalmente vedo in questo una forma di liberalità francese, la stessa che caratterizza i forums d’opera francesi, ove, al di là delle opinioni specifiche, nessuno si permette di bannare o censurare chi la pensa diversamente. E’ la LIBERTA’ DI OPINIONE, ANCHE DI DISSENSO, quella che noi italini di fatto non conosciamo.
    Noi parliamo sempre in nome di qualche lobby cui apparteniamo. Ed il libero individuo che non appartiene ad alcun gruppo in questo paese è sempre soccombente, se ci fate caso.

    saluti

  18. io ero alla prima del Rigoletto diretto da Muti alla Scala con Bruson e Alagna. quando alle chiamate finali io dissi a chiara voce che non mi era piaciuto il tenore, un tizio in smoking che girava con altri suoi pari in loggione applaudendo ad ogni momento, mi disse: sei un fallito perchè questo è il miglior tenore mai venuto alla Scala. e poi si vociferò che in loggione ci fosse addirittura il figlio del maestro a dirigere i consensi. uscendo riferii il dialogo ad una mia amica loggionista che mi rispose. beh dai non han cantato benissimo, ma c’è voglia di successo, dobbiamo applaudire!! e poi ripetè parola per parola la conferenza di Muti alla Bocconi che ilustrava il Rigoletto.. hai sentito Bruson come ha detto: è follia? e… sciusatemi.. quella sera Bruson era sempre fuori tono, crescente dall’inizio alla fine.. e taccio degli altri… è un fatto che Muti dichisrasse a chiare lettere che il pubblico andava rieducato. passo e chiudo. ciao ciao

  19. Cara Grisi,

    la traviata la ricordo eccome. come ricordo la prima di trovtore: ai pochi fischi della pira, il maestro si rivolse al pubblico tacciandolo di provincialismo.

    anch’io apprezzo lissner, in quanto si simostra quantomento un professionista del teatro. sa come concepire una stagione, sa alternare titoli popolari con altri apprenemente più impegantivi e sa pure riprogammare spettacoli diciamo di repertorio (vedasi l’aida di questa stagione), anche se la parola “repertorio” mi fa piuttosto orrore (siccome è il regno della mediocrità e della legge della quantità sulla qualità). qualità che non c’era con muti. e che, putroppo, non abbiamo oggi a livello di cast è vero. in realtà la scala sta perdendo quella specificità che le era propria (spettacoli di qualità e innovativi, con grandi personalità sia sul podio che in palcoscenico), trasformandosi in un qualcosa che assomiglia a vienna, new york o berlino. cosa che, questo occorre dirlo, con muti non accadeva. insomma, ad oggi, lissner non è ancora riuscito ad imprimere una sua impronta. e dimostra come giustamente sottolinei, una grande incompetenza (noncuranza ?) in fatto di cast.

    cari saluti.

    e

  20. Tre punti :
    1- Molto probabilmente Siegfried per grandi cantanti intende quelli celebri e famosi dello star system, pensando, ingenuamente, che se un cantante è divo, è celebre e famoso deve essere per forza bravo, chiedendosi come sarebbe altrimenti possibile che un cantante che è osannato in tutto il mondo, canta con i più grandi direttori d’orchestra nei più grandi teatri, registra CD per le etichette più prestigiosi, possa essere un dilettante, perchè non si può pensare che tutta quella moltitudine di appassionati d’opera che lo hanno portato alle stelle, alla celebrità e al trionfo, siano tutti sordi ed incompetenti. Non vi pare? Eppure la risposta a tale domanda è semplicissima, ma non la do altrimenti verrei censurato per maleducazione. Ma è come se l’avessi data.

    2- Mi spaice vedere il nome della Garanca affiancato a quello di Villazon, Hampson, Stemme. Perchè la Garanca la trovo bravissima. L’ho scoltata solo in CD, molti mi dicono che dal vivo è ancora meglio perchè il lato sfarzoso della sua voce è un po’ mortificatio dai tecnici del suono che non sanno registrarla, così come non sapevano registrare quella di Ramey. Non appena avrò l’occasione andrò ad ascoltarla dal vivo per rendermi conto se è così brava come nelle registrazioni. Nel frattempo gode di tutta la mia protezione e la difenderò a spada tratta : canta sul fiato è immascherata, sobria ed elegante. Però non ce la vedo come Malibea che è ruolo più da contralto, ma penso che la Granca potrebbe essere una buona Corinna, poichè trattasi si mezzosoprano acuto.

    3- I Fori francesi : saranno anche fans sfegatati dei baroccari, daranno anche imporatanza più alla dizione che all’emissione (infatti non amano molto la Sutherland) però i francesi hanno un rispetto sacro santo per la libertà di espressione. Sui fori francesi, che frequento tutt’ora, posso dire tutto quello che voglio e coi toni che a me pare e piacciono. Ho detto cose sanguinose!!! Mai hanno osato moderarmi, non mi hanno censurato neanche una virgola. Allorchè sui fori italiani mi è bastato dire “bé” su un beniamino degli amministratori e sono stato subito cacciato, e questa sarebbe la concezione che gli italiani hanno di un foro?

  21. Semolino, neanch’io ho sentito la Garanca dal vivo (spero che ora che è rappresentata per l’Italia da uno dei più grandi agenti di casa nostra, la ascolteremo presto anche da noi), ma dagli audio sul tubo e dalle registrazioni che circolano mi sembra una bella voce, ma tutta in bocca e dall’emissione piuttosto rozza, assai imprecisa nel canto di agilità e ben poco espressiva. Ma nulla vale quanto l’ascolto in teatro (ove possibile), perciò… sentiremo…

  22. Poiché qualcuno chiede di illuminarlo (cosa che tra l’altro potrei benissimo fare, avendo messo piede per la prima volta alla Scala nel 1958), sono invece io a chiedere che s’illumini me: ma voi, poichè nessuno o quasi degli attuali cantanti supera il vostro vaglio, chi vorreste vedere alla Scala (e altrove), a parte i morti e i quasi centenari? Perché la realtà è che non esistono oggi cantanti paragonabili a quelli del passato. E allora, che senso ha il continuo mugugno? E poi, io mi sono unito – anche se dalla platea – al loggione nel dissenso quando era giustificato e non partito preso: ricordo ancora la vocetta che sgridò la Caballé nel Ballo rea di essere salita al Do dell’aria del II atto in pianissimo “Non èèèè cosììì”. Quanto allo star system, è stato sempre un misto di grandi, medi, mediocri e pessimi. Ognuno ha la sua lista di preferiti, alcuni vi appartengono, altri no (e certo la Sig.ra o sig.na Garanca ne fa ben stabilmente parte) e non sono certo io ad invocare l’appartenenza ad esso come garanzia di qualità (vedi il già finito, e prevedibilmente, Villazon). Ma siamo così sicuri che qualcuno appartenente ad esso non sarebbe stato migliore come, che so, Ruggiero (DiDonato), Lucrezia Contarini (Radvanovsky) che le povere anime che ci sono state ammanite? Ma (questa è realtà) memori del trattamento inflitto a qualche cantante (tipo quello, per me ingiusto, alla Fleming) se ne guardano bene dal venire, o, peggio, non vengono chiamati a causa del comportamento del logigone. E così noi ci teniamo le Bacelli e le Feubel.

  23. no siegfried, la realtà è che oggi non esistono, o esistono pochissimi, cantanti in grado di cantare a un livello accettabile. il cast del Viaggio era da protesta, dal primo all’ultimo. altro che paragoni con il passato. e dovremmo anche subire in silenzio? l’altra sera ha prevalso la noia e lo sconforto (e poi non si fischia una serata di beneficenza… come Madame Fleming ben sa!), ma gli zittii al duetto Barcellona-Korchak erano più che giustificati. e pazienza se questo turba la digestione di buona parte del pubblico.

    dimenticavo: la Feubel è stata un ripiego, in seguito al forfait della diva titolare, peraltro reclutata da gente che non aveva verosimilmente mai aperto lo spartito dei Foscari………

  24. La Fléming meritava ben più fischi di quanti ne ha avuti, perchè oltre allo strillo finale per il quale in realtà venne buata, non si può accettare una Lucrezia Borgia con tutte le agilità saponate e oleose e un passaggio petto testa che sembra più da jazz che da opera. Per tecnica, gusto e stile sarebbe una grande cantantre per Broadway, ma non per l’opera.

  25. Aggiungo solo alcune considerazioni alla risposta di Tamburini.

    La signora Feubel come Contarini ha mostrato identico valore a quello di una Violeta Urmana, diva blasonata ed era forse anche più sonora. La verità caro Siegfried è che questi presunti divi sono per valore intercambiabili con i cantanti meno blasonati.

    Ed è poi falso che i divi stanno lontani dalla Scala o che il loggione li faccia scappare. Per due dive come la Studer e la Fleming bisogna dire che anche la scelta del titolo è stata sbagliata. Entrambe sono state applaudite nel Don Giovanni (la prima nel 1987, secondo cast di Edita Gruberova, la seconda nel 1993) e contestate in opere sbagliate per la loro vocalità. Scritturare un soprano come la Studer, vuota in prima ottava, che stonava e spingeva in alto per il Belcanto, i Vespri e l’Attila era chiaramente la scelta sbagliata con cui portare questa cantante alla Scala. Stesso dicasi per la Borgia di Renée Fleming, che tra l’altro era stata sconsigliata di eseguire quelle variazioni. Sondra Radvanosvky è arrivata in Scala lo scorso anno e semplicemente non è piaciuta, senza ricevere riprovazioni (come neanche a Genova dove si è esibita in dei Vespri al limite dell’accettabile).
    Violeta Urmana contestata in Aida è stata ri-contestata in Macbeth ed era ancora scritturata per una Norma poi sparita e compare ancora in Aida quest’anno!

  26. Concordo in pieno con Semolino. Aggiungiamo che la Fleming la sera della Borgia ha mostrato una voce palesemente indietro e ingolata. Anche senza le variazioni incriminate sarebbe stata (come è stata in seguito a NY e Washington) una Borgia mediocre a dir poco. E’ stata presentata come la grande voce, The beautifil voice e poi non si sentiva la voice perchè mancante di proiezione.

  27. E poi a torto o a ragione alla Scala vennero fischiati a suo tempo anche la Callas, la Freni, la Cossotto, Cappuccilli, Pavarotti, la Verrett, la Caballé, e chissà quanti altri di cui ora me ne dimentico, MA sono sempre ritornati. La Fléming e Alagna sono permalosi ? Beh dimostrano di essere quello che sono, divi di carta pesta, bambini capricciosi pieni di sé e basta.
    Tamburini, ma se l’emissione della Garanca è rozza, allora quella della DiDonato che roba è ? :-§

  28. Tu dici che siamo lì, eppure a me pare che siano due cantanti proprio diversissime : la Garanca mi pare una vera voce di mezzosoprano, la DiDonato è vociuzza di soprano cortissimo cioè senza acuti per essere un soprano e senza grave per essere un mezzosoprano. Solo il centro è suo ed è ghermitissimo, gli acuti se li è inventati gridando e il grave se lo è fabricato svaccando a più non posso. La Garanca non svacca mai, non ha un grave molto consistente ed ampio, ma c’è e di quel che possiede la Garanca se ne accontenta mantenendolo sempre alto ed in maschera, mai gutturale, per quanto riguarda gli acuti solo agli inizi della carriera aveva l’estremo acuto sul gridato, ora il problema lo ha risolto, non ghermisce mai è sempre morbida. Le agilità della DiDonato sono sgallinacciamenti aspirati o tossiti (dipende dall’umore) la Garanca non avrà certo una agilità da fuoriclasse (tipo, Podles, Dupuy, Horne, Berganza) ma almeno non la sgallinaccia e non ci sono rumori di gola, è legata e leggera sul fiato, a volte è imprecisa ma almeno non aspira. La Garanca è interprete monotona e dal fraseggio piatto ma almeno resta sobria allorchè la DiDonato, essendo stata a scuola dai baroccari, sbracca i suoni volgarmente con inflessioni naturaliste e paraveriste, risultando isterica anzichè drammatica e gnegnerosa anzichè elegiaca. Non interpreta è solo caricaturale. Insomma la Garanca è agli antipodi della DiDonato.

  29. La Di Donato ascoltata nell’ultimo recital in Scala (Loggione centrale 1 fila) e nel Live dei Capuleti e Montecchi non mi pare abbia emissione “rozza” o difettasse in volume, anzi ed il pubblico l’ha anche premiata!
    Non sarà la Horne, e la voce è più sopranile che da mezzo, a me diede l’impressione di un canto sempre dolce e elegante e siceramente la vedrei bene in alcuni ruoli Colbran come Anna nel Maometto II ad esempio.
    La Garança, che alcuni trovano un “genio” (addirittura!!! E la Valentini-Terrani o la Troyanos cos’erano allora!?) ha un bel timbro, è molto precisa e inamidata ed è gelida come una tomba…però è una cantante in crescita ed è giovanissima, seguiamola e vediamo cosa farà.
    In questi casi parto sempre ottimista! ;-D
    Non ho ascoltato ne visto questo Viaggio a Reims…perchè stavo visionando il video viennese con la Caballè, Cuberli, Gasdia, Merritt, Raimondi etc. etc. etc. …e sono rimasto senza parole.
    Potete fare a gara per trovarci tutti i difetti che volete, ma quel video è qualcosa di FAVOLOSO!!!

  30. Mi riferisco al messaggio di Semolino del 9 aprile. Vi si dice che nei forum francesi egli può dire tutto quello che gli sembra bene dire e con i toni che gli piacciono, senza correre il pericolo di essere censurato. Tant’è che ha detto cose sanguinose; ed ha avuto la libertà di dirle. Ma io, che sono reduce da un’esperienza non soddisfacente in un altro blog, dove la metafora del sangue non faceva difetto, mi domando: che bisogno c’è di dire cose sanguinose? Perché il mondo del blog è infettato da questa piaga della violenza verbale? Forse è proprio il fatto di poter scrivere immediatamente a causare questo deplorevole fenomeno, che prima si sfogava con urla belluine dalla galleria, se di approvazione o di riprovazione non importa. Ma queste urla, vederle trasformate in qualcosa di scritto è una cosa che fa una certa impressione.
    Marco Ninci

  31. Ciao Marco. E benvenuto
    Credo che per cose “belluine” Semolino indichi l’aver toccato aspetti vocali negativi di intoccabili. Non credo si tratti mai di insulti come forse intendi tu…..sempre nel merito vocale, mai personale….almeno così ne ho esperienza.
    Qui da noi si applicano censure a fatti meramente vocali, e quindi artistici. e si insulta personalmente che esercita il suo diritto di critica artistica, che nulla ha a che spartire con l’insulto alla persona.
    sic!

    a presto

  32. Ho trovato tutte le voci (nessuna esclusa) tristemente malmesse, sfocate (Ciofi e Massis, in primis, ci hanno ammanito tutto un repertorio di “sfiatamenti”, falsettini, accenni, raucedini che avevano dell’incredibile). La Barcellona (che peccato!) ormai fa una fatica bestiale (in basso non esiste e superate le 2/3 note centrali che le sarebbero rimaste si concede degli urli abbastanza imprssionanti. La Remigio in costante difficoltà e con voce costantemente indietro. Le voci maschili: o tenori sbiancati o finti bassi/baritoni che arrivano a fine aria completamente nel pallone. E poi: ma questo è il modo di dirigere Rossini? Un Rossini da salotto per volume con tempi così smorti e improvvisi scoppi da farti saltare sulla sedia. Una totale delusione.

  33. Cara Giulia Grisi,
    Di cantanti intoccabili sui fori francesi non ce ne sono, quelli esistono solo sui fori italiani. I francesi hanno come tutti i loro beniamini, ma io posso dirne in tutta libertà quello che ne penso.

    Caro Marco,
    Forse ho utilizzato il termine “sanguinoso” a sproposito, quel che intendo dire è che nei fori francesi posso, sempre argomentando, smontare la vocalità di un cantante come mi pare e come mi piace utilizzando i termini che più mi aggradano; per dare un esempio di quel che io intendo per “sanguinoso” legga il primo post di questo tread, quello in cui io critico negativamente i cantanti e le loro rispettive prestazioni nel Viaggio a Reims, per me quello è un post sanguinoso, poichè massacro i cantanti, argomentando, come loro hanno massacrato Rossini.

  34. Ho visto la recita dell'altra sera, 23 aprile. Nella memoria le 4 recite di Pesaro, altre 4 alla Scala e 1 a Ferrara: ho atteso che le "Dame del corteo" sgombrassero una delle uscite della platea per fuggire dalla sala, ancora a luci spente…Altro non potevo fare…Mi han raccontato poi, alcuni amici loggionisti, che in un palco, sotto i loro occhi, una coppia era così INTRIGATA dalla musica & dal canto (o per sopperire alla noia, come volete) che durante l'esecuzione (!) dell'opera, si è lasciata andare a prestazioni sessuali da denuncia alla buoncostume (che non esite più…). Questo il livello che si è toccato alla Scala…
    Mi darò all'ippica!

  35. Oh finalmente scopriamo chi sono quelle persone invidiose e insoddisfatte di ogni cosa (che un po' ci fanno pena) e vanno a teatro solo per fischiare e lamentarsi… statevene a casa e lasciate il posto chi è in grado di apprezzare ciò che voi sapete SOLO criticare… Falliti!!

  36. L'unico fallimento che il tuo messaggio attesta e documenta è quello di una parte notevole del pubblico, che ha rinunciato alla sua funzione di controllo della qualità degli spettacoli per farsi trepidante damigello di "artisti" di bassa lega e dei loro degni rappresentanti, famigli e compagni di merende.
    La coprofagia si può curare, basta essere consapevoli di soffrirne.
    Cordialità.

  37. Oh di certo non saprei copetere con cotanta aulicità quindi scusa se il mio favellare sarà un po' più spiccio!! Mi dispiace veramente che non riusciate a trovare niente e dico NIENTE che andasse bene in uno spettacolo che a mio parere (e di molte altre voci autorevoli) è stato di buona qualità. Questa è la mia opinione. Inoltre penso che queste critiche gratuite non servano proprio a niente… così come i fischi a teatro che denotano soltanto una cattiva educazione, quindi mettetevi il cuore in pace… Ah sì dimenticavo, cordialità e balle varie per sembrare colti ed eruditi =)

  38. Il bello di questi interventi, che a cadenza regolare appaiono sul nostro blog (in coincidenza con attacchi letargici e crolli verticali di ascolti e accessi su altri siti…..?), è che sono sempre molto argomentati. "Tutto bello", si protesta, ma quando si tratta di esporre le proprie ragioni…. il NULLA. Quanta fantasia, quale spiccata capacità di giudizio.

  39. Guarda, ti posso dire una cosa. Io non sono un esperto e la musica non è il mio mestiere, quindi non posso fare altro che esporre il mio parere personale che non è per nulla autorevole. Però non capisco una cosa: non so quale sia la tua professione, però mi sembra un po' azzardato, da parte di tante persone che scrivono qui, criticare anche in maniera "pesante" dei musicisti, persone che dedicano la loro vita alla musica e che sono dei professionisti. Secondo me servirebbe un po' più di modestia… Per quel che vale, la mia opinione è che la performance di questo cast non sia stata di cattivo gusto, certamente c'erano imperfezioni da parte di molti però complessivamente non mi è sembrata una rappresentazione nè noiosa nè di quelle che ti costringono ad andartene via da teatro! Scusa per lo sfogo…

  40. Ma cosa ci andate a fare a Teatro se dovete essere così insoddisfatti… Neanche il fatto che al pubblico sia piaciuta vi va bene. Chiudetevi in casa. Se fossero tutti come voi non si farebbero più spettacoli perché solo ciò che è passato è buono. Per il presente, a prescindere, non c'è salvezza. Forse avete anche ragione ma risultate davvero antipatici. Saluti. E state a casa ad ascoltare i cd della Callas.

  41. Ciao Uffa!

    Prova a spiegarci cosa ti è piaciuto dello spettacolo e se l'ascolto ti ha soddisfatto.
    Il nostro parere lo conosci, ci piacerebbe conoscere il tuo.

    Marianne Brandt

    P.S. Grazie per l'interessamento-consiglio, ma a teatro decidiamo noi quando e se andare e allo stesso modo siamo liberi di ritenerci soddisfatti o insoddisfatti.
    Allo stesso modo siamo liberi di esprimere il nostro parere come tu sei libero di leggerci e non abbiamo paura di risultare antipatici, ci divertiamo lo stesso.
    Non ascoltiamo solo la Callas grazie al cielo, la nostra discoteca è molto vasta e ricca di cantanti, che ti consiglio vivamente di ascoltare e conoscere; farebbe la differenza!
    Ah, non c'è scritto da nessuna parte che se fosse per noi non si farebbero spettacoli, questo è un luogo comune banale e ormai superato.

    Saluti

  42. Poi, questo argomento "Se non vi piace, rimanete a casa" è veramente qualcosa di molto contradittorio, perché, secondo questo ragionamento, al teatro deve andare solo la persona a cui lo spettaccolo piacerà e che, se ci va, lo spettaccolo li piacerà per forza. Cosi ogni spettaccolo deve a priori essere un trionfo ed un parere negativo deve essere escluso fin dall'inizio. E' un argomento pericoloso, poco coerente ed abbastanza banale.
    Saluti,
    GP

  43. A me, vedi un po', piacciono le voci chiare e nasali come quelle dei due tenori. E del fatto che siano spoggiate o piccole non interessa. Ma a leggere questo blog sembra che ci siano gusti giusti e gusti sbagliati. Per esempio, la Callas è eccezionale e mi piace molto ma, vedi un po', a me il trovatore della Caballé piace di più. La Cenerentola della Terrani è strepitosa ma, vedi un po' anche questa… preparatevi perché sto per scriverne una che vi farà perdere dieci anni di vita: preferisco in assoluto quella della …. Preparatevi.. Il suo nome… B… a… r… No dai, vi risparmio il ribrezzo 😛 (e non è la Barbieri)

  44. @ Giuditta Pasta. Non è contraddittorio dal mio punto di vista. È un invito a non andare a Teatro a chi va con l'idea che solo cioè che è stato è buono mentre tutto ciò che ora c'è è solo degno di essere distrutto. Ma ovviamente non parlo sul serio… Mica posso impedire o obbligare alcuno a fare qualcosa. È ovvio che è una specie di modo di dire.

  45. Bravo Uffa!

    I cantanti con la voce chiara e nasale, piccole e spoggiate hanno in te un fan in più!
    Buon per te e buon per loro e spero che continuerai a seguirli e ad applaudirli.
    Questo è un tuo gusto, amen, il nostro è diverso, amen uguale.
    Se sembra che ci siano gusti giusti e gusti sbagliati è una impressione tua non nostra ^_^

    Anche a me piace il Trovatore della Callas e quello della Caballé (anche se canta praticamente il IV atto, ma vabbé…).
    Abbiamo fatto un pezzo sui mezzosoprani rossiniani compresa la Barcellona… ti consiglio di farci una lettura ed un ascolto.
    E questo senza la presunzione o la pretesa di farti cambiare idea 😉

    Ciao Uffa!

    Marianne Brandt

  46. Figurarsi se non mancano le vostre feroci e scientifiche demolizioni anche della Bartoli… Sareste dovute nascere nell''800… Mi spiace che vi troviate in questo periodo di perdizione e di orrore. Ma chissà all'epoca come cantavano. Ma voi siete anche cantanti?

  47. Caro Uffa! se vuoi puoi lasciare una tua testimonianza amorevole e altrettanto scientifica dell'arte della Bartoli, siamo qui a leggerti, così da farci comprendere meglio ciò che ci sfugge (nessuna ironia, dico sul serio!).

    Caro, tutti noi del blog siamo nati, chi più chi meno, nell'ottocento e siamo tutti cantanti di una certa fama e carriera, avrai sentito parlare di noi tra una voce nasale ed una spoggiata!
    In molti ci citano su riviste, volumi e in giro su internet e siamo stati anche oggetto di studi e ricerche.
    Epoca di perdizione? Ah, ne abbiamo viste e fatte più noi messi insieme di te sicuramente, quanto all'orrore, sei tu a dirlo e non fatico a crederti.

    Attendo tua scientifica e amorevole disamina bartoliana.

    Marianne Brandt

    P.S. Magari dolce Lotte, fosse la Barrientos!

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