Nel periodo compreso fra il 1920 ed il 1945 Ninon Vallin (1886-1961) e Germaine Lubin (1890-1979) furono i soprani francesi più famosi non solo in patria, ma anche all’estero.
In entrambi i casi, senza indulgere a facile trionfalismo, si tratta di cantanti di levatura storica e non solo in suolo di Francia, dove eccezion fatta per Régine Crespin e la prima Dessay non sono più comparsi soprani di rilevanza.
Non solo, ma questo cammino all’indietro nella storia del canto femminile proprio con riferimento alla scuola francese e tedesca, cui dedicheremo le prossime riflessioni ,è occasione di approfondimente e ripensamento e, magari, revisione di taluni giudizi, largamente diffusi, nati dal giusto entusiasmo per cantanti quali una Caballé. Non escludo anzi sono certo che ad un risultato “revisionista” induca e non poco il presente.
Ninon Vallin ebbe carriera lunghissima dal 1912 al 1950, dapprima all’Opéra Comique, poi, sporadicamente alla Salle Garnier, ma in tutti i maggiori teatri del mondo a partire dalla Scala per arrivare al Colon ed a quelli nord Americani (Met escluso). Fu anche e non solo nella fase terminale della carriera una grandissima concertista, conservando una freschezza e fragranza di timbro, eccezionali per una donna ultrasessantenne ed in carriera da quasi quaranta.
Per natura vocale era un soprano lirico, ossia adatta a Marguerite del Faust, Micaela di Carmen, Manon, Juliette, Louise. Dotata, però, di una tecnica rifinita e non solo in relazione ai tempi che vantava una notevole estensione in alto ed in basso. Fu, quindi e contemporaneamente, Olympia dei Contes, ma anche Mignon, Carmen, Marguerite della Damnation e Charlotte, sino alla Alceste di Gluck. Parti queste ultime, che convengono anche a soprani, salvo qualche passo (ad esempio la scena delle carte di Carmen). Nei ruoli centrali talvolta e mi riferisco soprattutto all’incisione integrale del Werther con Thill, compare qualche suono un poco aperto. Nella maggior parte delle registrazioni la Vallin quanto a controllo della respirazione e dell’emissione, rotondità e morbidezza di suono, conseguente capacità di cantare a qualsiasi altezza all’intensità che autore e sensibilità dell’interprete suggerivano senza nulla invidiare alle più acclamate primedonne del dopo Callas, ossia del periodo, che per communis opinio coincide con la rinascita della vocalità femminile.
La Vallin smentisce l’assunto quando esegue una “Casta Diva” senza indulgere ad alcuna emissione “aperta” con precisione della fiorettatura prevista da Bellini. Escluse le incisioni del primo decennio del ‘900 neppure la Ponselle, ovvero la Norma pre Callas per antonomasia, può competere con la quadratura tecnica della Vallin. Poi si può ritenere che la voce della Ponselle sia quella di Norma e quella della Vallin no. Ma con quello che sentiamo in Norma una siffatta argomentazione, oggi, è di scarso rilievo.
La completezza tecnica della Vallin emerge nell’aria dei gioielli e nella nenia di Margherita del Mefistofele. Fra l’altro a differenza di molti cantanti francesi la Vallin cantava un italiano senza difetti di pronuncia. Pochissime cantanti della prima metà del ‘900 mostrano la dinamica e la precisione della Vallin nell’esecuzione delle ornamentazioni della delirante Margherita. Forse solo Madga Olivero, ma più per l’interpretazione delirante che per l’esecuzione.
In epoca di esagitazioni ed estroversioni la Vallin fu, prima di tutto, una cantante misurata.
Misurata come esecutrice. Esemplare la scena di Manon a Saint Sulpice. La tradizione italiana della Baldassarre Tedeschi e, poi, della Favero imponeva una Manon assatanata di sesso, ho già detto una esperta meretrice e non una incosciente sedicenne. La Vallin, senza gli eccessi di virtuosismo tecnico delle Sills e delle Kabaiwanska, è prima di tutto appassionata in perfetto equilibrio fra le esigenze della quadratura tecnica e quelle drammaturgiche.
Misurata nel repertorio. Se si esclude la Carmen (ruolo che per la verità richiede ampiezza e volume solo nel finale del quarto atto) evitò sempre parti che potessero essere troppo drammatiche. Ha lasciato una registrazione in francese di Tosca con un “Vissi d’arte”, che teme pochi confronti per dinamica sfumata, legato ed eleganza, ma non affrontò, mai, il ruolo in teatro. E aggiungo che aveva perfettamente ragione perchè tutta la selezione di Tosca è vocalmente ed interpretativamente valida, ma sopratutto a quei tempi si richiedeva alle protagoniste altra ampiezza ed altro colore vocale. Per intenderci riferito al repertorio francese quello di Germaine Lubin.
Eppure la misura diviene commozione ed emozione dell’interprete coma accade appunto con Tosca, realizzazione che oggi, senza polemica per il presente, imporrebbe il tris in teatro.
Tosca da tris era, per quel che si sente nelle esecuzioni discografiche Germaine Lubin. Famosa come cantante, ancor più per la vicenda personale. La Lubin è stata sopratutto un’esecutrice wagneriana. La prima francese sulla collina affrontando la Kundry di Parsifal e poi Isotta, dopo la Venus della Grandjean nel 1904.
Per la verità non era la prima cantante francese che dovesse la propria fama a Wagner. Basta pensare a Felia Litvinne.
La presenza a Bayreuth, la predilezione per Wagner e Strauss, le esibizioni con Karajan in Wagner nella Parigi, occupata dalle truppe naziste furono sufficienti a procurarle l’accusa di collaborazionismo, il conseguente processo, dal quale uscì assolta, ma la carriera (per altro aveva già 56 anni) era finita ed i guai familiari al loro inizio, atteso che nel 1953 l’unica figlia della cantante si suicidò. Non a torto alla fine della propria vita la Lubin potè afferare di aver pagato un prezzo molto alto.
A prescindere dalle disavventure diciamo politiche quella della Lubin fu una grandissima carriera. Aveva studiato pianoforte, dopo il diploma a 18 anni aveva iniziato lo studio del canto. Fu anche, narrano molte sue biografie, allieva di Lilli Lehmann Nel 1912 era all’opera comique, nel 1915 alla Salle Garnier. I primi titoli furono parti liriche o lirico spinte oltre alla solita Marguerite di Faust, ad Antonia dei Contes, Thais e le parti liriche di Wagner (Elsa, Eva e Sieglinde). Poi intorno all’inizio degli anni ’30 dopo i debutti in patria nelle opere tedesche, cantante ovviamente in lingua francese, ci fu la grande carriera con i titoli di Wagner. La Lubin si esibì a Bayreuth (Kundry ed Isotta), a Londra ed in Scala sotto la guida di de Sabata. Oltre alle parti di Wagner affrontò anche donna Anna e Leonore di Fidelio. Riprese taluni titoli come Alceste ed addiririttura Castor e Pollux di Rameau (con cui si presentò al Maggio Musicale Fiorentino nel 1936) che erano di competenza della grande tragedienne di marca francese.
Ma, quanto a repertorio, fu attratta sopratutto de quello a lei contemporaneo con la Penelope di Fauré, Ariadne e Barbablu di Dukas, le opere di Strauss con Elektra, Marescialla (dopo essere stata Oktavian), Arianna a Naxos.
A differenza dei grandi sopran drammatici contemporanei come la Leider o la Arangi-Lombardi nona ffrontò mai il Verdi drammatico ed il repertorio italiano (Tosca esclusa). Ma, in fondo la Lubin nonostante la frequentazione wagneriana vero soprano drammatico, come i soprani sopra menzionati non lo fu mai . Era per natura un lirico spinto (come Lotte Lehmann o Maria Jeritza), incline, prima di tutto ad essere una cantante attrice.
Il concetto di cantante attrice ( e ne incontreremo molte risalendo sino alla Patti o alla Albani) non esclude nè una voce cospicua per volume ed intriseca qualità del timbro piuttosto che una tecnica rifinita, in difetto della quale la cantante attrice anzichè esibire le proprie “trovate” interpretative è solo una guitta. Ne sentiamo e vediamo molte. Oggi.
Per esemplificare il concetto basta sentire la chiusa del “Vissi d’arte” nella frase che porta al si bem di “signor” Puccini prescrive un “crescendo molto” che la Lubin realizza con una messa di voce sul si bem. Numero da grande vocalista che diventa anche una grande interprete per di più aiutata da un timbro realmente bello.
Come il timbro anche grazie al sostegno della tecnica è dolce e morbido nel “non la sospiri”, eseguita in francese dove la necessità di un canto aggraziato e lieve non avviene a discapito del controllo dei suoni, che in genere porta, anche in soprani dediti al bis del “vissi d’arte” a berciare, strillare e urlacchiare il si bem de “la voce delle cose”.
Nell’esecuzione del sogno di Elsa, pagina centrale la cantante attrice è sopratutto attenta a canatre bene, ossia ad emettere suoni morbidi e rotondi. In difetto di un assoluto controllo tecnico la scrittura centrale come avviene nei lieder porta la cantante attrice ad emettere suoni bianchi e malfermi, privando per conseguenza il personaggio delle proprie caratteristiche di castità e candore, che connotano Elsa al pari di ogni eroina del melodramma musicale tedesco. L’idea che la cantante attrice, proprio perchè tale, possa permettersi di essere tecnicamente scalcinata e becera è un’idea peregrina e cioccolataia e più di tutto contraria alle indicazioni dello spartito dove Wagner stesso prevede legature, forcelle, ritardando e diminuendo. L’indicazione “delirando” alla chiusa della pagina non si realizza urlando, ma cantando. Ascoltare per credere una vera cantante attrice, ossia Madame Paul Geraldy, ossia Germaine Lubin.
Gli ascolti
Massenet – Manon
Atto II – Adieu, notre petite table (1927)
Atto III – Toi! Vous! – con Miguel Villabella (1928)
Gounod – Faust
Atto III – Ah! Je ris de me voir si belle (1929)
Thomas – Mignon
Atto I – Connais-tu le pays (1932)
Bizet – Carmen
Atto I – Près des remparts de Séville (1927)
Charpentier – Louise
Atto III – Depuis le jour (1932)
Bellini – Norma
Atto I – Casta Diva (1927)
Boito – Mefistofele
Atto III – L’altra notte in fondo al mare (1929)
Puccini – Tosca
Atto II – Vissi d’arte (1932)
A. Scarlatti – Le Violette (1947)
Lotti – Pur dicesti o bocca bella (1947)
Germaine Lubin
Puccini – Tosca
Atto I – Non la sospiri la nostra casetta (1930)
Atto II – Vissi d’arte (1930)
Weber – Der Freischütz
Atto II – Leise, leise, fromme Weise (1927)
Wagner – Lohengrin
Atto I – Einsam in trüben Tagen (1929)
Wagner – Tristan und Isolde
Atto III – Mild und leise (1929)
Wagner – Götterdämmerung
Atto III – Starke Scheite (1929)