Vi illustro brevemente la vostra progressione che, ad onta del nostro counter che ogni tanto si prende le ferie da noi, marcia con questi ritmi: 50.000 contatti per i primi 8 mesi, altrettanti nei 4 mesi successivi. Dopodiché altri 100.000 contatti in meno di 5 mesi.
Nel manifestarvi il nostro sincero stupore per cotanti numeri, andiamo ad un nuovo “festino”, ma senza Borgie o affini, bensì in compagnia di alcuni grandi artisti del Verismo.
Abbiamo deciso di festeggiare l’evento proprio con alcuni dei Grandi esponenti dei questo “Ismo” poiché non vi abbiamo dato spazio pari al belcanto, con l’eccezione forse della divina Olivero. Ed anche perché i nostri detrattori, che ci vogliono far passare per cellettiani ottusi, vengano smentiti: il grande critico, passato per antiverista doc, se la prendeva, in realtà, non tanto col Verismo, quanto con la sua degenerazione in fato di gusto e di tecnica vocale.
VERISMO, etichetta eterogenea per una moltitudine di soggetti variegati, dal rusticano allo storico, dall’esotico al fantastico, ove si rimasticano e manipolano soggetti letterari e teatrali di ogni genere.
VERISMO, termine che implica comunemente un genere ove il canto è generoso, appassionato ed immediato, talora accompagnato da effetti ed effettacci realistici.
VERISMO, parola usata e fin troppo abusata in senso dispregiativo ( pure da noi ), per indicare il luogo idoneo a cantanti sgangherati, volgari e plebei nel gusto, specie se applicato a repertori differenti.
Quello verista è in realtà un mondo ove le prodezze della voce ( e per prodezze si intende quello che offrono esecuzioni come quelle di Pertile, della Muzio, di Eugenia Burzio o di Madga Olivero) si accompagnano all’espressione libera delle singole personalità degli artisti. Non v’è grande cantante, nel Verismo, che non abbia fatto coincidere una precisa immagine di sé, di recitare e cantare, talora anche di vivere la propria reale esistenza, con i personaggi cui dava vita (famosa la frase di Gilda dalla Rizza “in casa mia non c’è nulla di proibito”). E’ con il Verismo che il cantante si fa obbligatoriamente attore (attore secondo il canone di una Duse, cui spesso la Bellincioni fu paragonata): la diffusione del nuovo genere coincide con l’era del disco, e ad esse si accompagna, come mai prima di allora, l’arte fotografica, come aveva insegnato l’indiscusso maestro del Verismo Giovanni Verga. Immagine e suono, scena e canto sono continuamente contaminati da prosa e cinema muto, ed il gusto li accomuna in un universale sentire al di sopra delle righe, nell’esasperazione dei toni, ora languidi ora drammatici, ora isterici, ora lirici. E ciò coinvolge uomini e donne. Le pose della diva stigmatizzata da FloriaTosca (pensate una cantante che fa la parte della cantante) hanno il loro parallelo in Paolo il bello o in Loris Ipanoff.Non v’è alcun meandro o remoto sentimento o stato d’animo della natura umana che l’opera verista non metta in scena, sempre alla ricerca di ogni sconosciuto non-detto ( qualora ancora ve ne fossero rimasti ), di ogni moto inespresso, di ogni sentimento, anche il più truce, esibito e pure amplificato, perché nulla sfugga a chi siede in platea.
Perciò che il Verismo sia il luogo della varietà, dell’espressività eretta a sistema, dell’eterogeneità dei colori, delle possibilità espressive spinte ai limiti, è certamente ……vero! Non si può essere artisti veristi senza scavare ed anatomizzare, in modo anche maniacale, un personaggio, un brano, un passo e spesso la parola, come le “disperate veriste” Carelli e Bellincioni hanno insegnato, magari rimettendoci un decennio di tranquilla carriera. In modo maniacale, e magari anche manierato, perché vi è sempre maniera laddove ci spinge all’eccesso.
Ecco perché il Verismo ci consegna interpreti straordinari, e molto spesso anche cantanti straordinari, spesso bollati più per ragioni insite nel gusto, ossia per la parte transeunte del canto, che per reali motivi vocali, anche perché persino la Carelli se decideva di cantare secondo le regole lo faceva e come lo faceva (vedasi la registrazione del “vissi d’arte”). Tanta parte del Verismo, infatti, in particolare quella dei suoi primi interpreti, molti dei quali cresciuti, per motivi anagrafici, alla scuola del canto romantico italiano, è fatta di cantanti, che hanno sull’ara dell’espressione volutamente trascurato le antiche regole dell’emissione stilizzata e del canto nella maschera, nell’estrema ricerca di effetti che loro ritenevano “espressivi”. Il mezzo spesso si flette o deroga dalle sue regole d’uso in nome del gusto imperante, dell’amplificazione dell’effetto drammaturgico, al punto tale da essere poi allo steso modo usato,impropriamente, in altri repertori. Altre volte il sacrificio è stato più contenuto come insegnano le Farneti, le Muzio e le Olivero, o Pertile e de Luca, ma questo non ha intaccato di un centimetro il dire ed il dire in modo eloquente. Anzi in qualche caso lo ha esaltato e trascinato fuori dagli schemi del gusto imperante al tempo.
Gli ascolti
Bizet – Carmen
Atto I – L’amour est un oiseau rebelle – Emma Calvè
Atto IV – C’est toi? C’est moi – Gabriella Besanzoni & Piero Pauli
Catalani – Loreley
Atto I – Amor, celeste ebrezza – Magda Olivero
Cilea – Adriana Lecouvreur
Atto I – Ecco: respiro appena…Io son l’umile ancella – Angelica Pandolfini
Giordano – Andrea Chénier
Atto I – Colpito qui m’avete…Un dì all’azzurro spazio – Aureliano Pertile
Giordano – Fedora
Atto I – Rigida è assai la sera – Gilda Dalla Rizza
Leoncavallo – La bohème
Atto II – Mimì Pinson – Rosina Storchio
Mascagni – Iris
Atto II – Un dì, ero piccina – Maria Farneti
Mascagni – Isabeau
Atto II – E passerà la viva creatura – Bernardo De Muro
Atto III – Ch’io fugga – Tina Poli-Randaccio & Attilio Barbieri
Ponchielli – La Gioconda
Atto I – Voce di donna o d’angelo – Elvira Casazza
Atto II – Cielo e mar – Giovanni Zenatello
Atto II – E un anatema! – Gina Cigna & Cloe Elmo
Atto IV – Così mantieni il patto? – Eugenia Burzio & Giuseppe De Luca
Puccini – Tosca
Atto II – Quanto? Il prezzo! – Emma Carelli & Mario Sammarco
Puccini – Madama Butterfly
Atto I – Viene la sera – Rosetta Pampanini & Alessandro Granda
Stupenda la Elmo… Una voce torrenziale, ampia, granitica… La adoro!!!
ciao velluti
per spirito di polemica preferisco quelle che ai loro tempi erano, nella corda di mezzo, chiamate stiliste coma la Stignani. Per tacere di talune opulenti donne voci che Sigrid Onegin e, uber alles, Ernestine Schumann-Heinck.
ciao dd
Buonasera, seguo da qualche giorno il vostro blog, rapito dalla vostra cultura del canto e soprattutto per gli ascolti che ci sottoponete, vere perle: in particolare vi ringrazio, per la scena dall’Isabeau che non sapevo la Poli – Randaccio l’avesse incisa. A tal proposito, vorrei domandarvi dove trovare incisioni di Ernestina Poli – Randaccio che paiono essere scomparse: il che è piuttosto singolare, con riguardo ad una assoluta protagonista del verismo. Ci terrei moltissimo a raccoglierle ed il motivo è semplicemente affettivo: fu l’insegnante della mia maestra e la testimonianza della ascendenza “cotogniana” della mia scuola. Grazie per l’informazione!
Grazie a te, caro Tamberlick. Della Poli Randaccio in effetti si trova poco: Isabeau, Trovatore, Otello, Wally… altro non mi viene in mente. Ma forse il nostro Gayarre, grande collezionista, ha qualche tesoro nascosto… 😉
Sarebbe magnifico! La mia maestra ricorda che la Poli le disse di avere fatto un numero ragguardevole di incisioni (piegati come a guardare in un buco, dovevano cantare dentro un imbuto che immagino fosse simile alla tromba di un grammofono). Io ho solo l’aria di Minnie su un disco edito dalla Scala e so di alcuni duetti in qualche “Lebendige” della Preiser. Non si trova più nulla!