E’ un titolo che gode, nel catalogo di Massenet, più fama tramandata che non di effetiva presenza in palcoscenico, di fatto rarissima, cronologie alla mano.
Alla sua origine attirò soprani lirici e di agilità, che aprirono la strada a cantanti attrici, destinate a trionfare solo più tardi, con la poetica verista, e baritoni legati a personaggi nobili, i cosiddetti “fini dicitori”, che cantavano magari su tessiture non impossbili, quali quelle verdiane di stile francese, o soliti trionfare in ruoli quali Nevers, Valentin e, sopratto, Hamlet, ma che sapevano imporssi per l’eleganza e la ricercatezza del loro fraseggio. Non per nulla tra questi compaiono i nomi di Renaud e Battistini, “grand seigneurs” per antonomasia.
Barbara Frittoli è una cantante che ha una prerogativa speciale, oltre a quello di essere ragazza dolcissima simpatica: quella di non cantare mai le opere adatte alla sua voce. Iniziò nel tempo che fu ad andare fuori strada, con escursioni perigliose, da Parigi Dakar (usiamo questa metafora solo perché la signora Frittoli pare avere un simpatico passato di motociclista….), nel Verdi pesante, eppoi in un certo Mozart di fatica come l’Idomeneo, nonché in parte del Puccini più scomodo. Thais è l’ultima ciliegia sulla torta tra le sue scelte incaute ed incomprensibili…. Robetta,del resto, a fronte della prossima Aida. Che dire? Di tutte le sue qualità, un buon timbro, una bella musicalità nonché una certa arte del porgere le frasi, non è rimasto che l’ombra. La voce è piccola, ridotta al lumicino in volume; frequentemente ( troppo frequentemente ) senza appoggio tanto da ballare vistosamente anche al centro; gli acuti paiono diventati un’avventura; il timbro spesso si fa stridulo e chioccio. Nulla di meglio di una parte pesante per scrittura nonché per orchestrale da superare per stiracchiare quel che resta dello strumento e metterlo alla corda.
Una Thais sempre alle prese con la sua stessa sopravvivenza, impossibilitata a fraseggiare come a sedurre timbricamente, con alcun passaggi visibilmente stonati o urlacchiati.
In buona sostanza alla protagonista torinese, almeno dall’ascolto radiofonico è mancato sia quella morbidezza e rotondità di canto adatte sia alla seduttrice che alla creatura penitente, sia il “sublime nervosismo” delle grandi cantanti attrici. La Frittoli non sarebbe stata Thais nemmeno al massimo delle sue forze, così come la Cedolins alle prese con la Valois dell’altra sera. Tutte signore fuori parte, che han preso la porta del palcoscenico sbagliato e perciò costrette a fare “Ops! Che si canta qui?….ehm ehm, speriamo di arrivare in fondo…” , dando fondo a ciò che resta delle loro belle voci, che stentano a trovare rimpiazzo.
Quanto a Lado Atanaeli alle prese con un personaggio invasato, che sente il richiamo sensuale per la cortigiana al apri del desiderio di convertirla, in una perenne confusione fra talamo ed altare, ha sfoggiato una voce anche di qualità, ma in perenne difficoltà appena comparisse qualche accenno di salita. In alto suoni duri e fibrosi, che impediscono l’espressione dolce e sognante nel “D’acqua aspergoti” (cavallo di battaglia di un Battistini, ma splendida anche nell’esecuzione di Bruscantini e Bruson) sono la prova dell’assoluta imperizia a manovrare la voce e per conseguenza nessun colore, nessuna mezza tinta, ossia nulla di quelle carattersistiche che costituiscono l’armamentario del baritono nobile. Oltre tutto il metodo di canto di Atanaeli, come di tutti i baritoni oggi in carriera con la voce, falsamente oscurata (fra strozza e naso per intenderci!), impedisce che il suono si espanda e tutti questo signori facilmente suonano con voci piccole e che……non risuonano per nulla!
Thais, e non solo per la famosissima Meditazione o la descrizione di Alessandria, le complesse, bizantine e raffinate descrizioni dei luoghi, gli accompagnamenti all’ingresso dei personaggi, è opera che serve ad esaltare i direttori d’orchestra.
Gianandrea Noseda ha dato l’impressione, da ascolto radiofonico che ci riserviamo di verificare in teatro, di avere studiato solo parzialmente l’opera. In alcuni punti è parso ispirato ed elegante, come nella prima scena dei Cenobiti o nell’ingresso di Thais (avesse avuto un’altra protagonista!!!); altrove, come nella scena in casa di Nicias con gli attori o la descrizione di Alessandria o l’apparizione di Thais al terzo atto, ha diretto male, cone un’ orchestra dal brutto suono, pesante e greve, priva di quell’aspetto un po’ dolciastro e suggestivo che la caratteristica di Massenet e senzala quale………… Massenet non è Massenet.
per ora ho ascoltato solo il secondo cast alla generale e ho trovato ottimi sia la Manfrino che Alberghini. signori, chi può vada a vedere questa Thais, lo spettacolo è veramente bellissimo.
Caro Fthà, anche noiabbiamo avuto la stessa informazione dal gossipp del teatro.
Andremo proprio a vedere il 2° cas e recensiremo per voi
a presto