Quando si presentò alla Scala il 5 febbraio 1980 Shirley Verrett poteva anche avere qualche motivo di preoccupazione.
Amatissima dal pubblico scaligero sin dalla sua prima apparizione nel don Carlos del 1970, aveva riscosso successi trionfali in Stuarda, Sansone e Dalila e soprattutto Macbeth, ma era stata duramente riprovata sia in Ballo in maschera (una di quella serate nate male e proseguite peggio) e soprattutto in un concerto era stata maltrattata dopo un’esecuzione della cavatina di Rosina da parte di un gruppo di loggionisti. Poi i loggionisti nello stesso concerto la portarono in trionfo dopo l’esecuzione dell’aria del quarto atto di Forza del destino e oggi quelli stessi ed altri farebbero salti, nonostante l’età non più verde, per quella Rosina!!!!
Credo che la precedente disavventura avesse dettato alla Verrett il programma.
Programma che evita qualsiasi bis operistico popolare (che, invece, la cantante proporrà nel concerto del 1982). Il concerto però apre con tre arie di Pergolesi, di cui una “Confusa smarrita” cult di Teresa Berganza in esecuzione Parisotti e letterale, e che la Verrett riporta all’aria di opera seria con interventi sul testo forse non tutti pertinenti stilisticamente (odore di Rossini, tanto), ma con un mordente ed uno slancio veramente trascinanti. Un’esecuzione così potrà non piacere ed essere tacciata di scarso rispetto della filologia da parte baroccara, però, perché la Verrett coglie perfettamente lo spirito barocco dei passi, quell’arte della meraviglia senza la quale gli eroi d’ambo i sessi del melodramma non sono tali.
Che poi la Verrett cambi assolutamente registro alle prese con le pagine degli spirituals è scontato come è scontato che ne sia un’esecutrice molto elegante. Se è consentita la battuta, un po’ bianca di carnagione. Senza affettazioni, ma anche senza il sapore di canto religioso popolare, che emerge dall’esecuzione di Grace Bumbry, l’altra grandissima voce ambigua del deep south americano. Differenza vocale in primo luogo perché il tempo ha dimostrato l’inossidabilità, la saldezza dei mezzi vocali della Bumbry, nonostante l’andare e venire, anche lei, dal repertorio del mezzo a quello del soprano affrontato senza risparmio.
Eleganza e misura, priva però di affettazione ed espressione sincera e spontanea connotano le esecuzioni sia di Schubert, che di Poulenc. Anche questo deve essere sottolineato. Come la Bumbry e Leontyne Price si riallaccia all’idea che è poi quella della tradizione tedesca pre bellica ( e pre Schwarzkopf e Fischer-Dieskau) che anche per il Lied occorra voce, sonorità ed ampiezza e che la parola non sia superiore alla musica.
Amatissima dal pubblico scaligero sin dalla sua prima apparizione nel don Carlos del 1970, aveva riscosso successi trionfali in Stuarda, Sansone e Dalila e soprattutto Macbeth, ma era stata duramente riprovata sia in Ballo in maschera (una di quella serate nate male e proseguite peggio) e soprattutto in un concerto era stata maltrattata dopo un’esecuzione della cavatina di Rosina da parte di un gruppo di loggionisti. Poi i loggionisti nello stesso concerto la portarono in trionfo dopo l’esecuzione dell’aria del quarto atto di Forza del destino e oggi quelli stessi ed altri farebbero salti, nonostante l’età non più verde, per quella Rosina!!!!
Credo che la precedente disavventura avesse dettato alla Verrett il programma.
Programma che evita qualsiasi bis operistico popolare (che, invece, la cantante proporrà nel concerto del 1982). Il concerto però apre con tre arie di Pergolesi, di cui una “Confusa smarrita” cult di Teresa Berganza in esecuzione Parisotti e letterale, e che la Verrett riporta all’aria di opera seria con interventi sul testo forse non tutti pertinenti stilisticamente (odore di Rossini, tanto), ma con un mordente ed uno slancio veramente trascinanti. Un’esecuzione così potrà non piacere ed essere tacciata di scarso rispetto della filologia da parte baroccara, però, perché la Verrett coglie perfettamente lo spirito barocco dei passi, quell’arte della meraviglia senza la quale gli eroi d’ambo i sessi del melodramma non sono tali.
Che poi la Verrett cambi assolutamente registro alle prese con le pagine degli spirituals è scontato come è scontato che ne sia un’esecutrice molto elegante. Se è consentita la battuta, un po’ bianca di carnagione. Senza affettazioni, ma anche senza il sapore di canto religioso popolare, che emerge dall’esecuzione di Grace Bumbry, l’altra grandissima voce ambigua del deep south americano. Differenza vocale in primo luogo perché il tempo ha dimostrato l’inossidabilità, la saldezza dei mezzi vocali della Bumbry, nonostante l’andare e venire, anche lei, dal repertorio del mezzo a quello del soprano affrontato senza risparmio.
Eleganza e misura, priva però di affettazione ed espressione sincera e spontanea connotano le esecuzioni sia di Schubert, che di Poulenc. Anche questo deve essere sottolineato. Come la Bumbry e Leontyne Price si riallaccia all’idea che è poi quella della tradizione tedesca pre bellica ( e pre Schwarzkopf e Fischer-Dieskau) che anche per il Lied occorra voce, sonorità ed ampiezza e che la parola non sia superiore alla musica.
Shirley Verrett, mezzosoprano
Warren George Wilson, pianoforte
Teatro alla Scala, Milano
5 febbraio 1980
Pergolesi: Catone in Utica – Confusa, smarrita
Pergolesi: Il Flaminio – D’amor l’arcano ascoso
Pergolesi: Serbi l’intatta fede
Schubert: Gretchen am Spinnrade
Schubert: Seligkeit
Schubert: Ganymed
Schubert: An die Musik
Schubert: In der Ferne
Diamond: David mourns for Absalom
Barber: Crucifixion
Guion: I talked to God last night
Poulenc: A sa guitare
Poulenc: Adeline à la promenade
Poulenc: C’est ainsi que tu es (con bis)
Poulenc: Vous n’écrivez plus?
Poulenc: Sanglots
Poulenc: Air vif
Poulenc: Les papillons
Massenet: Hérodiade – Il est doux, il est bon
The songs that she sings are not Negro Spirituals or even Spirituals for that matter. All three are art songs, that are far removed in composition from the songs the slaves sang which have been transformed to our modern interpretation of Negro Spirituals. I mean “Crucifixion” is by Samuel Barber for crying out loud.