La notizia della morte di Giuseppe di Stefano, meglio noto come Pippo non giunge inaspettata.
E per l’età del cantante e per le condizioni di salute da tempo precarie.
Pippo fu amatissimo dal loggione scaligero e, non solo, se si pensano ai trionfi al Metropolitan fra il 1948 ed il 1952 ed al San Carlo di Napoli. Amabile, disponibilissimo verso il proprio pubblico, guascone così questa sera me lo ha ricordato un carissimo amico, loggionista scaligero di lunghissimo corso, che ricordava ancora una Boheme con la Carteri. serata imbroccata da di Stefano.
Perché come tutti i cantanti, che anteponevano altro, e molto, alla propria professione di Stefano era una cantante che, come pochi, andava “a serate”.
In questo senso di Stefano fu certamente più personaggio che non artista e cantante.Questo era il risultato ovvio del carattere della persona e della dote vocale assolutamente eccezionale. Tanto eccezionale quanto depauperata a tempo di record.
Spiace per gli ancor oggi numerosi fans di di Stefano, anche se quelli che lo videro dal vivo in buone condizioni non possono che essere di poco più giovani di lui, ma ogni registrazione dal 1953 esibisce una voce già usurata e depauperata.
E se vogliamo essere quelli che siamo per gusto e formazione su questo forum i sintomi e di presagi erano presenti anche nelle prime documentazioni fonografiche di di Stefano. Nonostante alcune assolute prodezze come il famoso do smorzato del Faust o una cadenza nel terzetto “Ah qual colpo inaspettato” entrambe al Met, che confermano le doti naturali eccezionali del tenore siciliano.
Doti eccezionali che inspiegabilmente, vista la generazione tenorile che lo aveva preceduto, gli procurarono il favore del pubblico. Favore confesso incomprensibile se non, appunto, attraverso taluni dettagli come il racconto dell’amico loggionista, che rammenta una straordinaria ampiezza e bellezza almeno in zona centrale ad onta di un metodo di canto, che più volte è stato ben detto, del metodo di canto era la negazione.
Eppure di Stefano per certi versi ha fatto la storia del canto, il suo gusto, la sua “non tecnica” di canto hanno preso un tale piede che, ancor oggi, sono più i tenori, che dimentichi che si trattava di una assoluta eccezione, pretendono di cantare come Pippo, erigendolo a proprio modello assoluto. E se quella di Giuseppe di Stefano, valido ed integro, è stata una carriera breve, la loro, assai meno dotati, è brevissima.
E per l’età del cantante e per le condizioni di salute da tempo precarie.
Pippo fu amatissimo dal loggione scaligero e, non solo, se si pensano ai trionfi al Metropolitan fra il 1948 ed il 1952 ed al San Carlo di Napoli. Amabile, disponibilissimo verso il proprio pubblico, guascone così questa sera me lo ha ricordato un carissimo amico, loggionista scaligero di lunghissimo corso, che ricordava ancora una Boheme con la Carteri. serata imbroccata da di Stefano.
Perché come tutti i cantanti, che anteponevano altro, e molto, alla propria professione di Stefano era una cantante che, come pochi, andava “a serate”.
In questo senso di Stefano fu certamente più personaggio che non artista e cantante.Questo era il risultato ovvio del carattere della persona e della dote vocale assolutamente eccezionale. Tanto eccezionale quanto depauperata a tempo di record.
Spiace per gli ancor oggi numerosi fans di di Stefano, anche se quelli che lo videro dal vivo in buone condizioni non possono che essere di poco più giovani di lui, ma ogni registrazione dal 1953 esibisce una voce già usurata e depauperata.
E se vogliamo essere quelli che siamo per gusto e formazione su questo forum i sintomi e di presagi erano presenti anche nelle prime documentazioni fonografiche di di Stefano. Nonostante alcune assolute prodezze come il famoso do smorzato del Faust o una cadenza nel terzetto “Ah qual colpo inaspettato” entrambe al Met, che confermano le doti naturali eccezionali del tenore siciliano.
Doti eccezionali che inspiegabilmente, vista la generazione tenorile che lo aveva preceduto, gli procurarono il favore del pubblico. Favore confesso incomprensibile se non, appunto, attraverso taluni dettagli come il racconto dell’amico loggionista, che rammenta una straordinaria ampiezza e bellezza almeno in zona centrale ad onta di un metodo di canto, che più volte è stato ben detto, del metodo di canto era la negazione.
Eppure di Stefano per certi versi ha fatto la storia del canto, il suo gusto, la sua “non tecnica” di canto hanno preso un tale piede che, ancor oggi, sono più i tenori, che dimentichi che si trattava di una assoluta eccezione, pretendono di cantare come Pippo, erigendolo a proprio modello assoluto. E se quella di Giuseppe di Stefano, valido ed integro, è stata una carriera breve, la loro, assai meno dotati, è brevissima.
Giuseppe Di Stefano (1921-2008)
Donizetti – Lucia di Lammermoor
Atto I – Sulla tomba che rinserra…Verranno a te sull’aure (con Maria Callas) – Milano 1954
Donizetti – La favorita
Atto I – Ah! mio bene! (con Ebe Stignani) – RAI 1952
Massenet – Manon
Atto III – Toi! Vous!…Oui, c’est moi! (con Mafalda Favero) – Milano 1947
Rossini – Il barbiere di Siviglia
Atto II – Ah! qual colpo inaspettato (con Lily Pons & Giuseppe Valdengo) – Met 1950
Sono d’accordo; grandi doti naturali ma tecnica povera e cattivo gusto tante volet.
http://estanochebarralibre.blogspot.com/2008/03/muri-giuseppe-di-stefano.html
Commenti nel mio blog, soltanto in spanolo, purtroppo.
Saluti.
lei e’ un becero individuo…Di Stefano e’ stato il cantante con piu’ gusto …L’unico con il senso della misura…gli altri tenevano acutacci lunghi minuti interi e magari cantavano mediocrament cio’ che veniva prima dell’ acutaccio…lei e’ un demente
demente e becero individuo sono insulti immotivati e gratuiti, caro (sic!) fabriou, sopratuuto se, come credo rivolti a gino , che ci legge e ci stima dalla Spagna. Terra, questa , che in fatto di tenori ha prodotti TENORI e tutti di grande voce, accento vario ed eloquente, acuti spavaldi. smorzature facili, filature da sogno. Bastino a ricordarLe, caro fabriou, la sua pochezza culturale ed uditiva i nomi Antonio Cortis, Miguel Fleta ed Alfredo Kraus e non sono i soli.
Per altro la demenza e l’esser becero io – Domenico Donzelli- me lo condivido con Rodolfo Celletti, ad esempio, e questo è per me un vero complimento.
E se invece è un insulto ho, comunque, qualche cosa in comune con i fans di di Stefano, i quali -ben peggio dei vedovi Callas- recano nocumento alla memoria del loro preferito (artista, cantante, voce? non saprei).
Comunque cari saluti ed a presto. Le sassaiole, visto il mio nome. mi sono particolarmente grate. Ma io reagisco a differenza del Patrono
saluti dd
Ecco un artista! accento magniloquente, fraseggio vario e ispirato. Parlo della risposta di Donzelli ovviamente.
Donzelli, io però non direi che di Stefano fu la negazione del canto. Per l’anagrafe, non ho fatto in tempo a sentirlo dal vivo: tuttavia non condivido nemmeno io il giudizio di Gino: a me francamente è sempre piaciuto molto il fraseggio di Pippo e non penso nemmeno che nel centro cantasse così male. Certo, i problemi c’erano il settore acuto completamente ingolato…. ma da qui a definirlo “negazione”… gli anticantanti, in particolare gli antitenori, sono ben altri: ne abiamo alemon uno tedesco e almeno uno italiano… messi ben peggio di di Stefano e non solo sotto i rispetti della natura.
http://www.youtube.com/watch?v=AXroQ9q6ElM
Il più bel timbro tenorile del secolo passato
O nuit d’amour…
http://www.youtube.com/watch?NR=1&v=uyYWgvP3GXk&feature=endscreen
Di Stefano aveva una delle voci più belle di sempre ed era un grande interprete. Sapeva cantare anche molto bene: il problema era la sua disciplina e la sua condotta di vita, assolutamente non da cantante. In più si aggiunga che cantare aperto (come di Stefano) è pericolosissimo, ma non direttamente dannoso, come spesso si dice: diventa dannoso se non hai una buonj
a forma
…diventa dannoso se non hai una buona forma fisica che ti consente di controllare tutto in giusto modo. E Pippo che faceva di mestiere il viveur e di passione il cantante, la forma fisica adeguata non l’aveva, perciò combinava disastri.
comunque Di Stefano pur con i suoi difetti è stato un grande tenore ,razza attualmente sulla via dell’estinzione (parlo di veri tenori,non quelli alla Bocelli..)
Di di Stefano ho sempre ammirato la passione e lo slancio come interprete, l´immediatezza (si dice così?) e la sincerità del suo canto, il suo rapporto intenso con il suo pubblico, il “SAPER DIRE” – e last but not least la bellezza del timbro. Io l´ho sentito negli anni ottanta in concerto e poi ancora nei primi anni novanta (ma qui taccio..). Anche se la voce era già tutta in rovina si poteva ancora capire quale era il fascino di questo tenore. Ho anche avuto la fortuna di poter assistere ad un´intervista negli anni ottanta: carisma travolgente.
Come cantante avrà anche avuto più diffetti che pregi. Certamente non era un cantante fine o uno da prendersi come modello (come l´ha fatto una generazione intera di tenori – e si è rovinato…). Ma le registrazione di Pippo giovanissimo del 1946-49 – dove si sente ancora un pò di Schipa ma già molto (troppo) Gigli – mi fanno piangere: per la beltà di questa voce, per la sincerità dell´interprete e per questo temperamento che avrebbe rovinato questo dono straordinario nel giro di pochi anni……
Proprio così. Proprio così.
http://youtu.be/OtVMcVoq0sM
Anche il Trovatore registrato in studio con Karajan nel ’56 o la Messa da requiem verdiana registrata nel ’51 con Toscanini, pur con i loro difetti, mi sembrano grandi interpretazioni.
Marco Ninci
Dire che quel Trovatore è una grande interpretazione è la prova ultima (qualora ve ne fosse dubbio alcuno) che di canto, caro Ninci, non ne capisci un H ! XD
Di Stefano di suo è semplicemente PENOSO!
scusa papageno se a Mario Ninci piace di Stefano in quella prova,gli vuoi togliere un suo diritto?
Che dica che gli piace, non che sembrano grandi interpretazioni … C’è una bella differenza!
Di grande in quel Trovatore c’è solo l’etichetta EMI 😉
La sapete quella bellissima poesiola di Gianni Rodari?
“Chiedo scusa alla favola antica
se non amo l’avara formica
io sto dalla parte della cicala
che il più bel canto non vende
regala”
Non si potrebbe adattare a Di Stefano?
(Per gli eventuali tenori-formica scegliete voi…)
http://www.youtube.com/watch?v=ToShSUnDWVo&feature=related
No – io come Manrico trovo Di Stefano completamente fuori repertorio – anche in studio. suicidio vocale. Per Manrico non basta avere slancio, temperamento e buona volontà. Ci vuole ben altro. Puo andare bene per un Manrico cantato da di Stefano, ma questo non è un Manrico all´altezza del ruolo.
D’accordissimo.
Il primo, primissimo Di Stefano era cantante di rara qualità, univa una voce bella e lirica alla Gigli con il canto sulla parola di Schipa, sapeva “dire”, fare mezze voci, filature, sfumature di ogni tipo, il tutto con grande naturalezza, insomma un fenomeno. Purtroppo già allora però si avvertiva qualche vizio nella salita agli acuti, una crepa che andò via via allargandosi, e che in breve tempo, a causa anche della sua scarsa professionalità, lo trasformò in un vociferatore greve e volgare. Il Di Stefano degli anni Cinquanta e oltre è solo inascoltabile.
Vociferatore grve e volgare no, dai. Però sono d’accordo anch’io nell’intercettare già nel primissimo di Stefano i segnali di una tecnica non ancora fermissima che a posteriori possiamo chiamare prodromi di sventura. Tuttavia, come erano ben girati gli acuti allora non lo furono più in seguito.
Poteva anche andare bene con quella tecnica tutta natura ed istinto per più tempo se si fosse limitato ad un repertorio adeguato alla sua voce. Purtroppo il temperamento lo spingeva altrove.
E’ vero. Forse, se si fosse limitato al solo repertorio francese e poc’altro…Chissà. Eppure , anche dove stile e tecnica gli mancano i momenti memorabili , almeno per me, non latitano. Avete presente , nella Lucia con la Callas, quel: “Lucia perdona se ad ora inusitata ecc” Chi meglio di lui? A me mette ancora i brividi dopo innumerevoli ascolti.
Mexico City del ’52? Chapeau: peccato soltanto fosse già avanti nel difettarsi, ma, ripeto: chapeau.
E ti capisco: i grandi interpreti, sono quelli che ti fanno fremere anche solo per una frase, un’accento, un colore… Questa è l’opera.
Non solo il temperamento: i dindini pure 😉
Però anche nel ’56, quando era già da tempo sulla strada dello sfascio, c’è il Ballo in Maschera che è strepitoso: non lo ricordo tutto, ma senz’altro l’aria del terzo atto, a parte il sib un pò difettoso, è una meraviglia. Non trovate?
no, non trovo.
Eh Papageno, Papageno, bisogna lasciarrti un po’ sfogare…Sono contento di avertene dato l’occasione. Chi sa perché te la prendi con me e non con altri che dicono più o meno la stessa cosa.
Ciao e auguri
Marco Ninci
Non prendertela, ma anch’io che ho un debole per Di Stefano (ve ne siete accorti?) non amo affatto il suo Manrico, tutto urlato dall’inizio alla fine . Quel Trovatore si regge solo sulle spalle di Karajan, la stessa Callas ha fatto molto meglio in altre incisioni dell’opera (Napoli, con Lauri Volpi , vecchio ma ancora incendiario!)
Ballo assolutamente meglio di Trovatore, Forza, Aida, etc. Come Riccardo mi piaceva – a parte suoni aperti e sforzati. Ancora non capisco perche voleva fare il comeback al Met proprio con Hoffmann – con quella tessitura. Come Villazon.
Più che altro ancora non capisco perché da unc erto punto in poi cominciò ad aprire e smise di girare gli acuti