In una stagione dove la poca inventiva e gli scarsi mezzi si coniugano in maniera impietosa, la ripresa di un titolo desueto e non forse per caso dubito abbia significato e rilevanza.
E qui mi fermo perché mezzo secolo or sono la domanda era destinata, grosso modo con gli stessi argomenti, a riproposte come la Bolena di Maria Callas o la Semiramide e la Beatrice di Tenda con Joan Sutherland.
E quindi la sospensione del giudizio è doverosa in merito all’opportunità della ripresa dell’opera di Alfano.
Però ci sono osservazioni doverose come la sospensione del giudizio circa l’opportunità della riproposizione.
Siamo al solito uso strumentale di spartiti ed edizioni di un titolo.
Cyrano de Bergerac venne rappresentato il 26 gennaio 1936 all’Opera – allora Teatro Reale dell’Opera – di Roma con Maria Caniglia e José Luccioni. Solo nel maggio successivo all’Opera Comique venne rappresenta in lingua francese. Credo in omaggio all’originale romanzo di Rostand, uno dei capisaldi della letteratura francese.
La limitata circolazione dell’opera però avvenne sempre in lingua italiana.E non vedo validi motivi per non rappresentare la versione originale, a maggior ragione in un teatro italiano.
Oggi una Carmen in italiano, versione che pure ebbe l’onore della Galli Marie protagonista al suo apparire in Italia, verrebbe bollata per uno scempio e tacciamo delle reazioni per un Wagner in italico idioma.
Ma sul Cyrano, siccome qualcuno l’ha imparato in francese, silenzio. Attendo ansioso che qualche rappresentante della critica togata affronti l’argomento.
Perché se tutti tacciono aspetto ancor più ansioso una bella Semiramide in francese coi balli ed arie aggiunte. Ammesso e non concesso che chi ha istituzionalmente l’incarico di programmazione sappia dell’esistenza di questa versione, pure approvata da Rossini.
Come pure anche senza lo spartito è chiarissimo che il title role sia stato ampiamente rimaneggiato ed opportunamente ridotto nella gamma di estensione per essere alla portata dell’attuale titolare.
Attuale titolare è il signor Domingo, che ulteriormente accorciato, inadeguato scenicamente perché salti e mobilità alla sua età (quale che sia ufficiale o ufficiosa) costano fatica, ha sfoggiato la stessa voce dura e fibrosa di ogni sua apparizione, al primo atto, nella scena del teatro, anche malferma, con qualche sol o la acuto durissimo e di gola e nessuna dinamica di canto che faccia pensare ad un innamorato poeta. Tanto eloquente quanto fisicamente sgraziato. Basta sentire la scena del balcone quanto Cyrano si maschera da Christian dove il ricorso al parlato è assai frequente.
Non sono mai stato un estimatore di Domingo, ma il signor Domingo che cosa ha che spartire con una parte che, senza ascendere ad acuti stratosferici, richiede capacità di espandersi in zona medio alta e di sospirare melodie d’amore, anch’esse in zona centrale, ma con obbligo di piani e languore?
Non trovo censurabile in astratto il rappezzo, l’accomodo (anche se talvolta è evidentissimo e poco musicale), molto invece una raffigurazione inadeguata del personaggio.
Quanto agli altri, se si volesse esemplificare che cosa si intenda per urla belluine (termine molto usato nelle recensioni teatrali) o per slancio inconsulto (termine caro ai soprani veristi) basta sentire l’ingresso della Radvanovksy nella scena del campo. La voce di considerevole volume in zona medio alta suona sistematicamente fissa e stonata. Legato, dinamica, colori, essenziali in una parte pensata per Claudia Muzio (Maria Caniglia fu una scelta dettata dalle condizioni di salute della divina Claudia) e che richiederebbe la cantante attrice di stampo verista. Nulla di tutto questo piani e pianissimi suonano indietro in alto urla scomposte e sconsiderate.
Accomuno nella recensione i signori Alberghini e Spagnoli, rispettivamente Carbon e De Guiche. Motivo semplice: ufficialmente sono bassi. In natura la voce di basso è rara e difficile a trovarsi, come quella del contralto. Entrambi con adeguata e ripensata cognizione tecnica canterebbero e credo esibendo voci ben più sonore e squillanti in registro di baritono.
Basta pensare all’esempio di Bruscantini, partito come basso ed approdato persino a Rigoletto o Renato del Ballo.
Poi deve essere segnalato il miracolo dell’orchestra scaligera. Suona bene nel Tristano, in maniera indegna nella ben più facile Stuarda e poi ritorna ad esibire un suono morbido ed ampio precisione in tutti i settori in occasione del Cyrano.
Le conclusioni mi paiono scontate.
Quanto alla messa in scena per chi è amante della tradizione, del descrittivismo si tratti di una via , di un teatro o di una boulangerie di Parigi, piuttosto che delle mura dell’assediata Arras lo spettacolo proposto da Francesca Zambello è splendido.
Sarà bieca tradizione, sarà il retaggio delle scenografie alla Benois (che tanto infiammarono proprio il pubblico scaligero), ma dopo il magazzino industriale propinato nel Tristano o il catalogo della Breda Tubi portato in scena nella Stuarda, un po’ di scontata tradizione riconcilia con l’opera. Almeno gli occhi. Per le orecchie possiamo dire “ riprova sarai più fortunato”.
Franco Alfano
Cyrano de Bergerac
Libretto di Henri Cain
Nuovo allestimento
Direttore – Patrick Fournillier
Regia – Francesca Zambello
Scene – Peter J. Davison
Costumi – Anita Yavich
Luci – Mark McCullough
Coreografia – Duncan MacFarland
Personaggi e Interpreti
Cyrano – Plácido Domingo
Roxane – Sondra Radvanovsky
La Duègne – Annamaria Popescu
Lise – Carla Di Censo
Soeur Marthe – Monica Tagliasacchi
Une Soeur – Anna Zoroberto
De Guiche – Pietro Spagnoli
Carbon – Simone Alberghini
Christian – German Villar
Ragueneau – Carmelo Corrado Caruso
Le Bret – Claudio Sgura
De Valvert – Guido Loconsolo
L’Officier espagnol – Nikoloz Lagvilava
Le Cuisinier – Davide Pelissero
Lignière – Alessandro Paliaga
Le Mousquetaire – Daniel Golossov
Montfleury – Pierpaolo Nizzola
Prima sentinella – Giuseppe Bellanca
Seconda sentinella – Lorenzo Decaro
Teatro alla Scala, Milano
29 gennaio 2008