Le rappresentazioni concertistiche del Guglielmo Tell romano ci hanno offerto l’occasione di ascoltare un tenore di grandi capacità vocali, oltre che molto coraggioso, poiché si è fatto carico di un ruolo terribile, rifiutato da vari suoi colleghi più noti e blasonati.
Osborn “l’ardito” ha osato ed ha accettato di sfidare uno dei più grandi cimenti dell’arte tenorile, per farsi largo, con forza, a rivendicare un suo spazio di primo tenore nel belcanto contemporaneo.
Impresa riuscita in parte bene, ma non del tutto, perché l’inesorabile “legge di Arnoldo” ha preso forma anche in questa occasione a Santa Cecilia, dandoci ancora di che riflettere.
La scrittura dell’ultimo tenore di Rossini non ha mai perdonato, ed inesorabile ha sempre colpito anche tra i grandi, sin dalle prime rappresentazioni dell’opera. Già, perché non bastano per Arnoldo la facilità all’acuto, o la sicurezza nella tessitura estrema, e talvolta nemmeno il disporre di un certo corpo vocale. La storia lo dimostra sin dall’avventura del primo interprete, Nourrit, che fu anche primo Ory ed il primo Eleazar. Quindi non di certo un “tenorino.” Nourrit dopo qualche rappresentazione, finì per tagliarsi quella cabaletta infernale del IV atto su cui Orborn è malamente inciampato ieri sera, quasi a rinverdire l’ennesimo corso e ricorso storico.
Non conosciamo certo la voce di Nourrit, ma sappiamo dalle cronologie degli interpreti che il ruolo, guarda caso, passò abbastanza presto ai tenori poi definiti “di forza”. Da Nourrit a Duprez ( con interposta anche una versione di Arnoldo per mezzosoprano….tanto era difficile trovare tenori per il ruolo….), nonchè l’incidentale Arnoldo londinese di Rubini, arrivò presto il canto di vera forza di Tamberlick, e quindi di tenori come Tamagno, Martinelli, Slezak. Lauri Volpi….
Queste erano le voci in grado di reggere non tanto l’aria e la cabaletta, o i do di petto in sé, ma la pienezza dello slancio, ( faticoso, per non dire impossibile, per i tenori contraltini di grazia ) che il fraseggio presuppone; l’epica dell’accento; l’ampiezza imprescindibile che le grandi frasi come “ Ah Matilde io t’amo è vero “ del duetto con Tell esigono. Un abisso separa i do dell’aria di Tonio della Fille du Regiment, ad esempio, o le salite vertiginose dell’aria di Uberto di Donna del Lago, dai do della cabaletta di Arnoldo e, più in generale, dal canto del duetto Arnoldo – Tell, o del Terzetto. Un altro mondo davvero!
Il genio di Rossini, nei 16 anni che separano il Tancredi dal Guglielmo Tell, scrisse tutto, tutto quanto fu poi dell’opera italiana sino al tardo Verdi o all’ultimo Meyerbeer : con il Tell inventò il tenore del futuro, ma dentro gli stilemi del belcanto. E di fianco al canto un’orchestra ampia e vigorosa . La scrittura di Arnoldo è quasi la quadratura del cerchio, perchè punisce le voci che non abbiano una saldezza tecnica formidabile, vero slancio e proiezione, ma anche i cantanti privi di stile e ineleganti, concentrati “solo” ( si fa per dire ) ad esibire l’impressionante acuto di petto, in passi difficilissimi, come il duetto con Matilde.
Ed il cimento vocale divenne un’epica battaglia non solo con gli acuti e la tessitura, ma anche con la lunghezza della parte, in passato tagliata nei da capo; con il numero di recite consecutive; il numero di produzioni in carriera.
Conobbero bene la dura “legge di Arnoldo” anche le leggende come Lauri Volpi, che vocalmente risentì molto della sequenza di recite di Tell cantata tra il 1929 ed il 1930: solo a Milano cantò per 6 sere la parte nella stagione ’29-’30, a Roma 4 sere, Napoli solo 3, come 3 furono al Met nella stagione ’30-31 e solo 2 nella ’31-’32.
Al Met fu Martinelli il detentore del record di recite di Tell, ben 7 nella stagione ’22-‘23, e 5 nella ’23-’24. Prima di lui Tamagno, per 5 – 6 recite al Met, e ben 7 a Napoli nella stagione 1888-89…….
Anche per tenori che cantarono Arnoldo frequentemente come Filippeschi, o Raimondi ( anche se con criteri stilistici un po’…protoveristi ) sarebbe interessante ricostruire le sequenze di serate, che a Napoli, ad esempio, furono 3 per entrambi, nelle stagioni 1955-56 e 1965-66 rispettivamente.
E vale la pena di ricordare che due dei tre grandi Arnoldo del disco, ossia Gedda e Pavarotti vantano il primo una sola recita in teatro, il secondo nemmeno una.
Così, alla fine di tutti questi pensieri innescati da Osborn “l’ardito” ieri sera, il pensiero và a Chris Merritt, forse ancora più mostro di quanto non credessimo, per numero di recite ed esiti vocali. Oggi mi sembra più che mai un gigante, un mostro assoluto di forza e resistenza, nonostante tutto quanto potesse avere di imperfetto dal vivo, a cominciare dalla voce non certo grandissima quando si esibì alla Scala. Il numero di recite e produzioni del Tell ( Londra, New York, Verona, Milano, Nizza , Parigi, San Francisco… ) eseguito, che io sappia, sempre integralmente, almeno nelle occasioni principali a noi note, è impressionante e schiaccia anche i leggendari tenori d’ante guerra. Di certo anche Merritt venne ferito dalla legge di Arnoldo, che per molti fu una delle cause dell’insorgere dei suoi problemi vocali, ma …insomma……seppe tenerlo in repertorio per più di dieci anni…!
Credo che chi afferma che Merritt non è stato un tenore completo perché non affrontò l’intero repertorio, ed alludo al buon Enrico Stinchelli, dovrebbe ripensare a quanto afferma, soprattutto dopo quanto udito ieri sera. Il “fenomeno vocale più interessante degli ultimi 10 anni” , come ci è stato presentato dal duo della Barcaccia John Orborn, alla terza recita di Arnoldo si è piegato sotto il peso di una fatica troppo, troppo grande per una voce corposa si, ma adatta ad un belcanto di altro tipo, ai Don Ramiro, agli Stabat Mater, alla Sonnambula, ai Puritani ma non al Tell.
Ansiosi come siamo di sentire cantare di slancio, con squillo, con facili arcate di suono, in un mondo di tenori manierati, di piccole voci spesso asfittiche e senza armonici, abbiamo scambiato tutti il buon Orbon per ciò che non è. E la legge di Arnoldo ce lo ha dimostrato ier sera, quando la voce è parsa imballata sin dall’inizio della recita, al duetto con Tell, come non era certo la sera della prima. Del resto lo aveva detto Osborn stesso in trasmissione che già la seconda recita gli era costata ben di più della prima…..gli effetti del ruolo erano già in atto.
L’esperienza di Osborn, inoltre, ci prova quale diversa forza e saldezza vocale occorrano per cantare la grande scena del IV atto dopo aver cantato tutto quanto precede ( sebbene il tenore al terzo atto canti pochissimo di fatto ) oppure eseguirla in concerto.
Ci prova quanto pericolose siano le idee recentemente messe in circolazione sulla vocalità di Arnoldo, da chi può solo ammiccare al ruolo, ma nemmeno sognarsi di cantarlo per una sera, pur disponendo di un do sicuro.
Ci prova anche quale differenza vi possa essere tra l’esecuzione di alcune recite occasionali e la capacità di tenere il ruolo in repertorio, per almeno le fatidiche tre sere, che oggi sembrano tantissime.
Ringraziamo “Osborn l’ardito” per la grande prova che ci ha dato, per averci dimostrato quanto sia bravo, e per averci rammentato cosa sia il ruolo di Arnoldo.
2 pensieri su “Osborn " l’ardito " e la legge di Arnoldo.”
Lascia un commento
Devi essere connesso per pubblicare un commento.
Ciao a tutti!
Sono il “buon” Enrico Stinchelli come mi ha appellato la cara Grisi.
Volevo solo specificare in merito all’articolo sul Tell di Osborn che non ho mai detto che Merritt fosse incapace di eseguire un vasto repertorio…tutt’altro. Ho sempre sostenuto, detto e scritto, che non avrebbe mai dovuto cantare Verdi e persino Puccini (Bohème) , come di fatto incautamente fece.
Quanto a Osborn, egli steccò per stanchezza e per i tempi forsennati di Pappano. Fu eccezionale la prima sera e persino ieri, a Roma, diretto da Carlo Rizzari,assistente di Pappano.
Filippeschi e Lauri Volpi eseguivano un moncherino di cabaletta, Lauri Volpi spesso la tagliava del tutto.
Ebbero più squillo, questo sì. Ma erano meno rifiniti (Filippeschi) e meno intonati (Lauri Volpi) di Osborn.
Ciao!
Ciao Enrico. Benvenuto.
Quanto abbiamo scritto nel post deriva da queste tu affermazioni, postate a suo tempo su un foro. Te le allego qui.
Lun Apr 23, 2007 8:47 am
“Può essere definito “storico un tenore sperimentale? Non so.
Credo che Merritt abbia sacrificato gran parte della sua longevità e integrità vocale sull’altare di una assurda utopìa: ri-creare le mirabilie (vere o presunte) di taluni primi interpreti rossiniani e non. A qual pro? Per la gloria effimera del Festival di Pesaro? Per le ri-esumazioni?
Se Merritt avesse salvaguardato con più attenzione e TECNICA le sue notevoli doti vocali, non avrebbe fatto le figuracce che sappiamo in Vespri e Trovatore (per tacere di altro). Un tenore completo e di solida tecnica può e deve cantare tutto con la sua voce e con emissione regolare, non con stramberìe che poi diventano “precoci declini”. “
Mer Apr 25, 2007 9:13 am
“Riportando il discorso su Merritt e dopo aver letto l’ulteriore, interessante post di DDonzelli rilevo che ogni volta si torna (e giustamente) al punto di partenza, all’assunto che vuole Merritt come grande “specialista” (se si preferisce questo termine al mio “tenore sperimentale”) di un preciso, delimitato repertorio.
Un grande tenore (storico o non storico) non può limitarsi a un percorso OBBLIGATO: all’occorrenza, chi sa cantar bene Argirio e Pirro DEVE poter cantar bene Werther, Faust, Lucia, Traviata, Rigoletto, persino Ballo in maschera e volendo Bohème. Direi che chi sa cantar bene SA CANTAR BENE TUTTO. Un’altra ovvietà, ma pare che sia molto difficile stabilire un’ovvietà tra di noi appassionati.
Gigli cantava bene tutto, pure “La Marianna che va in campagna”: io ho sentito Merritt in una Lucia di Lammermoor dove c’era solo da ridere (se non da piangere)………”
Mer Apr 25, 2007 9:50 am
” La “specializzazione” , per me, è una dorata tomba artistica. Può essere una necessità, un obbligo, una moda: ma è una tomba, un sarcofago.
Viva la specializzazione? Ok, opinioni.
Io dico : viva chi sa cantare. Viva Gigli, viva Pavarotti, viva Gianni Raimondi, viva Piero De Palma (che la sapeva lunga, più di tanti specialisti).”
Queste tue affermazioni, coerenti con la tua passione, ad esempio, per un tenore di bella tecnica ma spesso poco rifinito e generico nell’accento come Gedda, stanno a pennello con l’idea che uno specialista di repertori particolari e difficilissimi non sia un cantante completo. Quindi ridurremmo la Horne, Blake, ma anche uno Schipa rispetto ad un Gigli, a cantanti di seconda scelta.
Nessuno nega il modo in cui Merritt si ridusse con le sue mani ( perchè allargava i centri a dismisura e poco studiava….come quasi tutti oggi …), e che abbastanza presto divenne anche stonato, come tutti itenori lunghi.. Ma noi restiamo dell’idea che Merritt, in quel poco che è durato, sia stato formidabile e storico, oltre che riscopritore della antica vocalità del falsettone,in disuso da più di mezzo secolo.
Circa Osborn, che MOLTO stimiamo qui ( lo abbiamo pure intervistato, come vedi, e noi non abbiamo gli scopi di una rivista… ), riteniamo che Tell sia pesante per lui. E che quelle tre recite in 5 giorni furono una pazzia di programmazione, sua in parte, ma anche di chi ha programmato i concerti.
In particolare, anche a valle di altri ascolti, compreso il recente concerto romano, ove Osborn ha mostrato una superiorità tecnica ed artistica netta sugli altri ( bellissssssssimo il Dom SEbastien ), non possiamo fare a meno di rilevare che la voce sia alta ma talora….ancora un filino sotto. Spesso gli acuti sono un po’ sporchi, frequentemente il primo di una serie. Anche nei Puritani spagnoli, bellissimi, questi suoni in alto si sentono. E queste paiono ” distrazioni ” tecniche, perchè subito dopo arrivano suoni corretti, cioè i suoni di chi SA cosa deve fare.
MA la nostra recensione del Tell è chiaramente positiva,al contrario di quanto tu lasci intendere, e ti ripeto, che lo riteniamo, con Mukeria ( molto più sicuro e preciso sulle note in teatro, anche se per natura meno epico…) il tenore più interessante in circolazione, per qualità tecniche e stilistiche.
Saremo al suo debutto in Lucia a Brussells…lavoro permettendo.
Nelle nostre diatribe su Merritt,infine, tu citavi anche Filianoti e Meli. Il primo è ora ridotto ben peggio di Merritt, e quanto al secondo….purtroppo è solo questione di tempo, come ben tu sai.
A presto
gg