Credo sia vero che la vocalità di Semiramide, ultima parte scritta per la Colbran sia, in realtà, un po’ meno Colbran degli altri ruoli che Rossini scrisse per la moglie. Due possono essere i motivi: la certezza di Rossini che Isabella avrebbe cantato poche volte la parte e che la Colbran fosse più nelle condizioni vocali di un tempo.
Prova significante la ricaverei dal fatto che le grandi scene spettano agli altri due personaggi, per quanto il finale primo sia di fatto capitanato dal canto della regina.
Certo è che Semiramide divenne il veicolo del canto e della poetica rossiniana più di ogni altra opera. Tutte le dive del dopo Colbran vestirono i panni della regina di Babilonia: per prime Sontag, Pasta e Malibran a Parigi, poi dal 1834 Semiramide divenne il monopolio di Giulia Grisi…già cari amici, fu il mio regno per circa cinque lustri !!! Gradivo presentarmi in un teatro importante con Semiramide. Anzi….. lo pretendevo! Ed ancora negli anni ’50 dell’800 ero la Semiramide per antonomasia. Anche se le altre, Ronzi, Barbieri Nini e, poi, Carlotta Marchisio affrontarono, e con successo, il mio diletto personaggio.
Anche nel ‘900 tutte grandi le dive come Nellie Melba o Adelina Patti continuarono a proporre Semiramide sino agli albori del Verismo. Poi il silenzio fino al 1940, quando l’opera tornò al Maggio Musicale Fiorentino con Gabriella Gatti, anche se quasi tutti i soprani (compresi quelli di coloratura) continuarono ad eseguire la cavatina di Semiramide in concerto.
Dal 1962 in poi la ripresa, preceduta dai trenoi per la Semiramide mancata di Maria Callas. E con ragione, aggiungerei, se consideriamo la grandezza della Callas – Armida.
Il ritorno della regina di Babilonia ha il nome di Joan Sutherland, che la propose (anzi lo debuttò, se non mi sbaglio) in Scala con Santini in quell’anno. E credo che la sua regina sia stata, dal punto di vista interpretativo la Semiramide della Melba e della Patti, forse anche la mia, ossia una Semiramide soprano assoluto (e per giunta estesissima in alto), astratta, un po’ carente sotto il profilo dell’accento, supplito però con lo splendore vocale ed acrobatico. In teatro ancor più che in disco.
Sino al 1971 Semiramide fu un personaggio molto praticato e frequentato dalla Sutherland.
In piena Rossini renaissance, quando i luoghi della grande produzione e riproposizione snobbavano la cantante australiana (anziana, cachet spaventosi, e per forza il marito come unico direttore erano le scuse per evitare di pensarla in parti Colbran o anche solo in Semiramide) lei stessa la ripropose a Sidney, nel 1983, e ne fece il suo nuovo capolavoro. Si, perché laggiù ha saputo essere protagonista assolutamente diversa da quella che era stata sino ad allora: una vera interprete. Il virtuosismo di assoluta forza, il grande finale primo, da sempre il punto debole della Sutherland, amministrato con vigore e mordente, come pure la prima parte del duetto con Assur. Insomma la completa raffigurazione del soprano drammatico di agilità prima di Verdi. Certo gli audio ci restituiscono una voce un po’ dura sul passaggio e proprio nella cabaletta “Dolce pensiero” la Sutherland comincia a praticare il trasporto (mezzo tono, se non erro, verso il basso) per poter sfoggiare ancora le sue mirabolanti variazioni secondo una prassi radicata nell’800 e da lei sempre praticata nella fase finale della carriera. Straordinaria la sua esperienza con questo ruolo, saggiato in tutte, assolutamente tutte, le sue possibili sfaccettature.
Gli anni ’80 sono anni di grandi riprese del lavoro, che diviene uno dei vessilli della ripresa Rossiniana.
Ci sono le Semiramidi improbabili, come quella della Caballè esausta, accorciata, con una plateale esibizione di suoni petto, e l’assoluta pervicacia nel non sapere la parte (nonostante una cospicua serie di rappresentazioni) in buona compagnia con la Semiramide “sussurri e gridi” di Katia Ricciarelli. La Ricciarelli applicata a Rossini accennava, eseguiva imprecisa le agilità, dando inizio ad una scuola del petit style rossiniano (salvo poi emettere si bem e si nat gridati ed oscillanti) che ha avuto insigni continuatrici in Pesaro con la Gasdia e, fuori di Pesaro, ma a livello planetario grazie a scandalose campagne pubblicitarie, con Cecilia Bartoli.
Se la sono cavata assai meglio le due primedonne rossiniane americane, Lella Cuberli e June Anderson, che fra l’altro si alternarono con la Horne nella Semiramide al Met.
Anzi si batterono con onore e ad armi pari, ma diverse. La Cuberli era esattissima, precisa nell’esecuzione della agilità, accento scandito, quando serviva, in coppia, soprattutto con la Dupuy, spericolata nelle agilità dei duetti. Non era un soprano drammatico ( ma forse un lirico, secondo le classificazioni 900tesche, basta per il title role ) di certo non illimitata in alto (al massimo un do diesis,emesso, però, piano e rinforzato) e dotata di limiata ampiezza, che, soprattutto negli anni ’90, lasciò a desiderare.
Per contro la Anderson, emula della Sutherland, ma inerte sotto il profilo dell’accento, spesso discutibile nel gusto negli abbellimenti e latitante nell’accento. Impressionanti, invece, erano l’ampiezza della voce e l’estensione. Una voce straordinaria.
Mi domando però, se oggi, pur un poco accorciata in alto, ma con voce ancora ampia e sonora ed un accento assai più scandito e curato rispetto agli anni d’oro della carriera la Anderson non sia in grado – di fatto unica – di riproporre la Semiramide da vero soprano drammatico ante Verdi. Un po’ come feci io negli anni ‘45-‘55 dell’Ottocento!
A dire il vero ci furono anche i ragguardevoli tentativi abbozzati dei soprani di coloratura, ossia Mariella Devia ed Editha Gruberova. Strano che nella loro “sublime impostura” di cantare Bolena, Borgia, Pirata, Stuarda ed anche Norma e Devereux Semiramide sia stata una prestazione occasionale!
Credo che però il motivo ci sia. In Bellini e Donizetti si può simulare meglio con toni dimessi, ridurre il personaggio ad una donna che geme e sospira, ridurre o eliminare sovranità, regalità e con esse le agilità di forza. Semiramide, privata di un centro sonoro (che Panofka, Scudo e Monaldi avrebbero detto potente) dell’accento imperioso e del virtuosismo di forza non può stare in piedi, o ci sta a fatica.
E poi ci furono anche le esperienze disastrose di voci come Jano Tamar, la Semiramide dell’edizione del bicentenario pesarese. In buona sostanza un soprano verista scelto per il desiderio (in sé legittimo) di proporre il vero soprano Colbran. Taccio delle Antonacci, delle Aliberti…..preferisco non dire nulla.
Un tentativo poco sfruttato e poco noto fu, per completezza di memoria, quello di Maria Dragoni, che nel 1991 ha eseguito con accento vigoroso e voce potente la scene più drammatiche della parte e che avrebbe meritato cure ed attenzioni maggiori da parte degli addetti ai lavori.
Qualcosa di nuovo e positivo, invece, è comparso all’inizio del nuovo millennio con Darina Takova, che ha dato prova di possedere una vera voce, adatta a Semiramide per colore, bellezza timbrica, agilità di forza ed estensione. Il soprano bulgaro aveva tutto per poter competere con le grandi che l’avevano preceduta, stupendo in principio sia per la facilità nell’accentare i momenti più drammatici come il giuramento, che per le naturali capacità acrobatiche. Premesse alle quali, purtroppo, non ha fatto seguito il perfezionamento del ruolo, sebbene ripetuto innumerevoli volte, bensì il progressivo calo ed impoverimento della qualità del canto oltre che dell’accento ( esemplare il Bel raggio lusinghier mai risolto nell’apparato di variazioni…etc.). Una straordinaria occasione non completamente colta……in sintonia con il nostro presente!
Complimenti e grazie per questa disamina molto interessante, non da meno delle altre. Resto sempre dell’idea che la Sutherland sia la Semiramide da cui giuficare tutte le altre! Un saluto.
Molto interesante, ma non completo. Ci sono obliate Studer negli anni ’90, poi Miricioiu e Pendachanska nei nostri giorni.
Giudicare la scelta del soprano Iano Tamar della splendida edizione 1992 come "scandalosa" lo trovo profondamente fuori luogo! Poi addirittura "verista" dimostra scarsa preparazione storica oltre che vociologica. Seguo da anni la lirica e conosco benissimo l'edizione in questione per averla applaudita dal vivo a Pesaro. Per fortino qualcuno ha pubblicato su youtube la registrazione di "bel raggio lusinghier" cantato a Pesaro dalla signora Tamar ed e' evidente la possanza timbrica quasi da mezzo e la leggerezza con la quale affronta le ardue agilità il soprano georgiano. Senza nulla togliere a prestigiose colleghe ritengo l'edizione del 1992 pesarese la migliore degli ultimi trent'anni. Mi risulta inoltre, per chiudere, che la signora Tamar ha ancora oggi in repertorio la parte di Semiramide oltre a diversi ruoli rossiniani ( come la donna del lago) mozartiani oltre a Haendel, Donizetti, Pacini, Cherubini e Bellini se questo e' un soprano verista…. Auguri!